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 2010  novembre 21 Domenica calendario

Bocchino, il tentatore della destra italiana - Nove mesi fa, alle prime scaramucce, Ignazio La Russa lo aveva predetto a Berlusconi: «Guarda, io lo conosco bene Bocchino

Bocchino, il tentatore della destra italiana - Nove mesi fa, alle prime scaramucce, Ignazio La Russa lo aveva predetto a Berlusconi: «Guarda, io lo conosco bene Bocchino. Se riesci a disinnescare lui, Fini non va lontano...». Quello sì che era un buon consiglio. E infatti il presidente del Consiglio ha dimissionato Bocchino da vicecapogruppo e ha fatto pubblicare sul «Giornale» articoli minacciosi. Dopodiché, una volta fallita l’impresa, Berlusconi ha maturato un giudizio lapidario: «Bocchino è davvero pericoloso». In queste ore il nome del capogruppo futurista è collegato a quello di Mara Carfagna, perché sarebbe lui - sostengono i malevoli - l’ispiratore occulto della dissociazione della ministra, anche in virtù di una amicizia molto solida. Se la voce sia vera o solo verosimile, Bocchino stesso la accredita, visto che due sere fa in una serie di telefonate, ha ripetuto più o meno sempre lo stesso concetto: «Chi ci dava in disarmo è servito, visto che colpaccio?». Ma anche se dietro la bellissima Mara non ci fosse il callido Italo, oramai tutti nel Pdl hanno capito: Bocchino non è soltanto uno dei consiglieri di Gianfranco Fini, è qualcosa di più: è il braccio e la mente del mondo futurista, lo spregiudicato ispiratore di quasi tutte le trovate più spiazzanti del presidente della Camera. A cominciare dalla mossa che ha cambiato la storia della legislatura: «A fine aprile - racconta - quando Berlusconi mi fece dimettere dalla vicepresidenza del gruppo Pdl, senza dar nell’occhio, ho iniziato a convincere decine di parlamentari. Così, a fine luglio quando Berlusconi ha cacciato anche Fini, l’indomani gli ho portato l’elenco con tutti gli aderenti: eravamo diventati decisivi». Brevilineo («Eccomi, sono uno scricciolo»), allevato nei vicoli dellaprovincia casertana («lì ho imparato l’arte della sop r a v v i v e n z a » ) , cresciuto in una famiglia semplice della provincia campana, missino sin da quando aveva i calzoncini (una deliziosa foto lo ritrae a fianco di Giorgio Almirante con una faccina uguale all’attuale), ora Italo ha 43 anni e dunque ha fatto in tempo a vivere la stagione dell’apartheid anti-missina. Come racconta lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, «io e Italo vivevamo in un appartamento romano, vicini di pianerottolo di un transessuale che manco ci salutava, tanto l’antifascismo era ed è religione civile». Una ghettizzazione che, a distanza, può spiegare l’attuale loquacità dei colonnelli finiani, «finalmente» assediati dai mass media. Bocchino è l’unico allievo - in qualche modo il figlio mai avuto - dell’ex vicepremier Pinuccio Tatarella, un levantino capace di vedere prima e lontano, l’unico missino che 17 anni fa disse (invano) a Fini: «Usciremo dal ghetto grazie al sistema maggioritario». E dal maestro Pinuccio, Italo ha ereditato un insegnamento che lui sintetizza così: «In politica, prima di trattare, bisogna sempre dimostrare la propria forza». Da Tatarella, Bocchino ha appreso anche l’arte della dissimulazione. Quando era editore del giornale «Roma», un giornalista terrorizzato da una querela, lo inseguiva ovunque. Bocchino non si faceva trovare mai, ma un giorno il cronista riuscì ad affrontarlo. E Italo, urlando («Non ne posso più, mi ammazzo!») si buttò dalla finestra. Terrorizzando gli astanti, ma ben sapendo che oltre il vuoto, c’era un terrazzino. E rispetto al suo maestro, Bocchino riesce spesso a «bucare» il video. Alternando flemma e zampate di ferocia pura. Come in un recente duetto con Maurizio Lupi, che nel pieno del caso Ruby, a “Ballarò” ha detto: «La politica è andare incontro al bisogno». Bocchino: «Allora ricapitoliamo: la notte del 23 maggio, Berlusconi è andato incontro al bisogno», «poi è arrivato un pullmino e c’erano dieci bisogni...». Una costante licenza di sparare, senza grandi repliche altrui, che fa pensare ad un rapporto particolare con i Servizi? Lui sorride: «Semmai è vero il contrario, si è scoperto che ero pedinato!». E Fini? Nel passato, per via di una candidatura in posizione svantaggiata, i rapporti si erano guastati, Bocchino aveva persino accarezzato l’idea di seguire Storace nella «Destra», ma poi grazie ad Andrea Ronchi, Italo si è riavvicinato al capo. E’ nata un’amicizia (le due famiglie si frequentano), ma soprattutto un solido rapporto politico: i due si parlano anche una decina di volte al giorno e prima di ogni mossa, Fini puntualmente si consulta con lui, il «piccolo diavolo».