Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri a Roma, nella sede di Farefuturo in via del Seminario, Gianfranco Fini ha dato l’avvio alla procedura che deve trasformare Futuro e libertà – per ora solo un gruppo parlamentare – in un movimento d’opinione, oppure in un partito.
• Che differenza c’è?
Mah. Alla fine si tratterà di un partito. L’uso dell’espressione “Movimento d’opinione” serve a dare l’idea di una cosa leggera, agile, senza comitati centrali o direzioni o segreterie, cioè quegli organismi collegiali che, nei partiti tradizionali, condizionavano il segretario e permettevano alle correnti di avere una rappresentanza, e quindi una forza, nel vertice. S’era messo su questa strada anche Veltroni, al momento della presa di potere dentro il Pd. E abbiamo visto com’è finita. Fini ha il vantaggio che la struttura è piccola e le divisioni, i capi-corrente, i cavalli di razza sembrerebbero, in una dimensione simile, assurdi. Invece, come sanno tutti, il Fli è già diviso in due aree, quelli che vogliono alla lunga ricompattare con Berlusconi e quelli che vogliono andare allo scontro col Pdl. Questa delle divisioni – che esistono – è una delle preoccupazioni principali del presidente della Camera, che ieri, annunciando la gestazione che porterà alla nascita della nuova creatura, ha detto: «Futuro e libertà per l’Italia non dovrà essere percorso da gelosie, personalismi, perché siamo tutti sulla stessa barca. Non voglio ricommettere gli errori che ho fatto in passato. Se la logica fosse quella di colonnelli e soldati rischieremmo di replicare gli errori che c’erano in An».
• A proposito: anche qualche amico di Fini dice che, nel momento in cui dovesse nascere il partito o il movimento, bisognerebbe che lasciasse la presidenza di Montecitorio.
Sì, ma ieri, su questo punto, nessuno ha detto una parola.
• Tappe della gestazione?
Mercoledì trenta intellettuali, provenienti dalle fondazioni che fanno riferimento a Fini, prepareranno un manifesto, da presentare il 6 e il 7 novembre alla convention nazionale di “Generazione Italia”. Il 27 gennaio si terrà poi l’Assemblea costituente a Milano. Fini ha detto che gli piace giocare fuori casa. Ma la scelta di questa città non deve ingannare: Futuro e Libertà si giocherà la partita al Sud e si metterà di traverso soprattutto sul federalismo, individuando nella Lega il vero nemico. Non solo questo si è capito da tutti i discorsdi precedenti, ma risulta strategicamente logico. I voti che al Nord non prenderà la Lega, andranno al Popolo della Libertà. Berlusconi la sua garà dovrà farla invece nel Mezzogiorno. Fini, nelle sue dichiarazioni di ieri, gli ha conteso anche il nome: «Non saremo una piccola An, ma un grande Pdl». Cioè: l’idea è di offrire agli elettori una versione nuova del centro-destra. Senonché una versione nuova del centro-destra in funzione anti-leghista farebbe pensare a un partito piuttosto incline alla spesa e alle clientele. Anche il passato induce a dare questa interpretazione: fu Fini a chiedere la testa di Tremonti nel 2004, di fronte al rischio di una politica dei tagli che avrebbe colpito il suo elettorato, fatto di larghe fasce di dipendenti pubblici. Questa vocazione assistenzialista ci farebbe dire che Futuro e libertà nasce piuttosto vecchio. Ma vedremo, la storia ci farà sapere quello che c’è da sapere.
• Elezioni più vicine o più lontane?
Ieri il Foglio scriveva che 15 senatori del Pdl sono in bilico: pur di non andare a casa, voteranno qualunque governo. I parlamentari che, con lo scioglimento delle camere, perderebbero la pensione sono un centinaio. Quanto alla possibilità, in caso di crisi, di non andare al voto, Bocchino ha fatto una dichiarazione d’apertura relativamente al formarsi di una maggioranza parlamentare che cambi la legge elettorale. Nessuno lo dice, ma il problema vero di tutti quanti non è l’indignazione per il fatto che non ci scegliamo da soli i rappresentanti, ma per le soglie di sbarramento tremende che il cosiddetto “porcellum” prevede. Il 20% per le coalizioni che si presentano al Senato e il 10% per quelle che si presentano alla Camera. E se corri da solo, l’8 e il 4%. Per un partito appena nato possono essere asticelle assai difficile da superare. E mettersi con Casini e Rutelli, per uno come Fini, non è così allettante, in realtà.
• Ce l’hanno già il simbolo?
Un tricolore di stile futurista. Ma non ce l’hanno ancora fatto vedere. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/10/2010]
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