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 2010  ottobre 06 Mercoledì calendario

VI RACCONTO IL GIORNO PIÙ LUNGO DI KERVIEL FACCIA D’ANGELO

Alle 9, un’ora prima dell’inizio dell’udienza, giornalisti e telecamere sono già lì, ad affollare il marciapiedi davanti al Palazzo di giustizia parigino. Lui, Jérôme Kerviel faccia d’angelo, arriva alle 9 e mezza. Vestito e cravatta neri, il primo bottone della camicia bianca aperto, il volto tirato. Scansa una telecamera e poi dentro, ad ascoltare le 73 cartelle della sentenza con cui il presidente del tribunale Dominique Pauthe lo accusa di aver tradito la fiducia del suo datore di lavoro, di aver falsificato i dati ai suoi superiori, di aver introdotto informazioni fraudolente nel sistema informatico della banca da cui riceveva stipendio e lauti bonus. Di aver minacciato l’esistenza stessa dell’istituto di credito. Di più: l’ordine economico mondiale.

Ed ecco la pena, durissima, per la nuova star della finanza brutta e cattiva: cinque anni, tre dei quali da trascorrere dietro le sbarre (dove Kerviel è già stato per 38 giorni), ovviamente l’impossibilità vita natural durante di svolgere una qualsiasi attività finanziaria e l’obbligo di rimborsare i 4,9 miliardi di perdite che le sue spericolate operazioni di trading hanno causato, nel 2008, a Société Générale.

Lui, seduto in prima fila, non fa una piega. Certo, ogni tanto serra la mandibola, riceve e manda qualche messaggio con l’iPhone. Ma la maggior parte del tempo è impassibile, ascolta con le braccia conserte. Sembra assorbire lentamente la sconfitta. Incassando imperturbabile i colpi che Pauthe gli porta uno dopo l’altro.

«L’imputato Kerviel - dice il magistrato - ha regolarmente superato i limiti del proprio mandato professionale prenendo posizioni speculative all’insaputa della banca e in proporzioni gigantesche. Ha dimostrato una straordinaria capacità di dissimulare la sua reale attività con tecniche particolarmente elaborate. Ha fatto ricorso a coperture fittizie e spiegazioni non veritiere. Le eventuali negligenze della banca dal punto di vista dei mancati o insufficienti controlli non attenuano in alcun modo il comportamento di Kerviel. Solo, unico responsabile di quanto avvenuto».

È esattamente la tesi del pubblico ministero, le cui richieste vengono quasi del tutto accolte (solo gli anni di detenzione obbligatoria scendono da 4 a 3). Compresa l’entità, oggettivamente insensata, del risarcimento a Société Générale. Mai in Francia era stata comminata una sanzione finanziaria di questa entità, a maggior ragione nei confronti di un privato. Thales era stata chiamata a versare 630 milioni di euro per l’annosa vicenda delle commissioni sulla vendita delle fregate a Taiwan. Lo stato francese 285 milioni a Bernard Tapie, per la storia Adidas. Gli ex dirigenti di Elf 120 milioni al gruppo petrolifero.

Ma 4,9 miliardi! Che ovviamente non verranno mai pagati. Stiamo parlando, tanto per capirsi, di venti Airbus A380. Del pil del Bénin. O del 3,2% di quello francese. Se fortunatamente la giustizia non impedisse il sequestro dell’intero stipendio, con il suo da consulente informatico (2.300 euro al mese) Kerviel ci metterebbe 177.536 anni a rimborsare SocGen. Oppure dovrebbe vendere 2,6 miliardi di copie del suo libro uscito a maggio (L’ingranaggio, memorie di un trader) e sul quale incassa 1,90 euro a copia di diritto d’autore. Anche se forse la banca un pensierino ai diritti cinematografici...

No, in realtà si tratta di una vittoria simbolica, che SocGen ha voluto assolutamente portare a casa. Come se anche questo servisse a ripulire un’immagine, a chiudere un capitolo. Dopo che il ciclone Kerviel ha travolto l’ex numero uno Daniel Buton e praticamente tutti gli uomini di primissima linea. Con le uniche eccezioni dell’attuale ceo Frédréric Oudéa, direttore finanziario ai tempi della vicenda, e dell’ex responsabile della comunicazione Hugues Le Bret, poi passato alla guida della banca online del gruppo Boursorama. Anche se alla fine è caduto anche lui: domenica ha lasciato il gruppo alla vigilia dell’uscita del libro in cui racconterà la sua verità sulla "Settimana in cui Kerviel ha rischiato di far saltare la finanza mondiale".

Insomma, in attesa dell’appello, la giustizia ha deciso: faccia d’angelo è il solo responsabile. Société Générale, che pure la commissione bancaria sanzionò a suo tempo per assenza di controllo, esce pulita. Dall’aula del tribunale. Meno agli occhi di un’opinione pubblica che comprensibilmente si chiede: ma è possibile che nessuno si fosse accorto di nulla?