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 2010  ottobre 06 Mercoledì calendario

DOMANDE E RISPOSTE

CHE SENSO HA LA PRIMA DELL’OPERA? -
Ieri con il «Boris Godunov» si è inaugurata la stagione del Regio di Torino. Non solo un appuntamento musicale, ma anche mondano. Perché?
Perché per circa tre secoli il teatro d’opera è stato in Italia il centro della vita sociale. Racconta Stendhal che a Milano qualsiasi affare, conversazione, corteggiamento si concludeva con le parole fatidiche: «Allora ci vediamo alla Scala». Del resto, nei teatri italiani ogni classe sociale aveva il suo posto: la nobiltà nei palchi, la borghesia in platea (in piedi: a star seduti in platea si cominciò nell’Ottocento) e il popolo in loggione. C’erano anche ragioni pratiche. Al Nord l’inverno è lungo e può essere molto freddo, la gente viveva in palazzi difficilmente riscaldabili, in teatro c’erano caldo, luce, compagnia e volendo, grazie al tipico uso italiano del palchetto, anche intimità. In seguito, la tradizione della grande «prima» è sopravvissuta alla fine del ruolo «sociale» del teatro d’opera.
I giorni delle «prime» erano sempre gli stessi?
La data tradizionale era quella del 26 dicembre, inaugurazione della stagione «di Carnevale» per tutti i teatri italiani. La stagione si concludeva il martedì grasso con un grande ballo, poi con il mercoledì delle ceneri il teatro chiudeva per la Quaresima. Altre stagioni, di minor prestigio, potevano svolgersi dopo Pasqua e in autunno. Fra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento, venuto meno il rispetto delle scadenze liturgiche e allungate le stagioni, la data dell’inagurazione iniziò a variare da teatro a teatro. Per esempio, l’uso di inaugurare la stagione della Scala il 7 dicembre, festa di Sant’Ambrogio patrono di Milano, risale al 1951, per volontà di Victor De Sabata, che in quel giorno diresse I Vespri siciliani con Maria Callas. Alla Scala, peraltro, serata di gala e secondo appuntamento più importante della stagione era anche la «prima» in occasione della Fiera campionaria.
Qual è la «prima» più importante?
Senz’altro quella della Scala, generalmente per ragioni extramusicali. Molto seguita dai media, è una grande occasione mondana e un ottimo palcoscenico per i presenzialisti dentro il teatro e i contestatori fuori. In qualche modo, lo specchio del Paese: rimasero celebri le uova (in realtà non marce come leggenda vuole) tirate da Mario Capanna sulle pellicce delle sciure il 7 dicembre 1968, prima del Don Carlo di Verdi diretto da Claudio Abbado, e le pacchianissime «prime» degli Anni Ottanta, nell’era della Milano da bere. A testimoniare l’importanza della «prima», l’uso vuole che presenzino il Presidente della Repubblica o quello del Consiglio. Giorgio Napolitano si fa spesso vedere alla Scala, Silvio Berlusconi da premier c’è andato una volta sola.
La prossima «prima»
della Scala?
Sarà il 7 dicembre con Die Walküre di Wagner, direttore Daniel Barenboim. Una delle novità introdotte dall’attuale sovrintendente, il francese Stéphane Lissner, è la «primina» del 4 dicembre, in pratica la prova generale aperta agli spettatori «under 30», un pubblico generalmente molto più educato e competente dei soliti noti del 7 (le due date sono state ribattezzate dai maligni «turno acne» e «turno botox»). Oltretutto, alla «primina» i loggionisti puri e duri non ci sono e così non si rischiano contestazioni.
L’uso della «prima» esiste anche in Europa?
No. Intanto perché i teatri d’opera hanno una programmazione molto più ampia, chiudono per meno giorni e quindi non ha senso «riaprire» ciò che è quasi sempre aperto. E poi perché sul teatro non c’è alcun interesse mondano. Fanno eccezione in Germania la «prima» del Festival wagneriano di Bayreuth (ospite fissa, la cancelliera Angela Merkel), in Austria quella del Festival di Salisburgo e, a Londra, le recite della Royal Opera, Covent Garden, onorate dalla Regina o da qualche altro membro della Royal Family.
E negli Stati Uniti?
La «prima» più chic è l’«opening night» del Metropolitan di New York, assai sfarzosa, con biglietti carissimi e una grande cena per i «donors» nel ristorante interno del teatro. La regola vuole che non si rappresenti un’opera intera, ma tre-quattro atti ognuno di un’opera diversa, interpretati dai divi più amati al Met. In questa stagione, l’eccezione: è stata infatti inaugurata il 27 settembre scorso con un’attesissima nuova produzione del Rheingold di Wagner, ovviamente «sold out».
La «prima» di maggior successo di tutti i tempi?
Al Burgtheater di Vienna, il 7 febbraio 1792, prima esecuzione assoluta del Matrimonio segreto di Cimarosa. L’opera piacque talmente che l’Imperatore Leopoldo II invitò a cena la compagnia e ordinò che, subito dopo, l’opera venisse replicata integralmente: il bis più lungo della storia del melodramma.