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 2010  ottobre 06 Mercoledì calendario

HACKER, DISASTRI E ATTENTATI? CI SALVERANNO I SETTE TEMPLARI

Internet sta facendo regredire il nostro cervello a uno stadio primitivo: se si è facile preda di distrazione e della mania del multi-tasking o se si è incapaci di concentrarsi sulla lettura anche di poche pagine e di applicarsi a qualunque compito, la colpa potrebbe essere dell’invasione del Web nella nostra vita.
Lo sostiene Nicholas Carr, scrittore americano, studioso di tecnologie ed economia, nel saggio «The Shallows: What the Internet Is Doing to Our Brains», che uscirà in Italia in primavera con Raffaello Cortina: tra un link e l’altro e tra una ricerca su Google e una email - è la sua tesi - la nostra materia grigia assomiglia sempre più a quella di un uomo delle caverne, costretto a tenere d’occhio ogni movimento intorno a sé e incapace di focalizzarsi in modo approfondito, rinunciando alla creatività.
Carr, lei stesso ammette di essere preda di una distrazione incontrollabile: «Prima - scrive - potevo stare ore a leggere. Adesso non è più così, la mia concentrazione deraglia dopo una o due pagine. Perdo il filo di quello che sto leggendo, cercando altro da fare». Ma come fa a essere sicuro che la colpa sia di Internet?
«Le distrazioni non sono certo un fenomeno nuovo e, chiaramente, caratterizzano la vita contemporanea e il nostro modo di essere. Tuttavia - spiego nel mio libro - credo che i ritmi della nostra quotidianità, da soli, non siano sufficienti a spiegare la difficoltà che oggi incontriamo anche nella semplice azione di leggere un libro. Internet sta amplificando le distrazioni con cui tutti noi ci dobbiamo confrontare ogni giorno, fino a un livello mai visto».
Lei racconta che, fino a non molto tempo fa, impiegava giorni per compiere una ricerca per il suo lavoro di scrittore, mentre ora con Google le bastano pochi minuti. Perché allora non riconoscere a Internet il merito di farci risparmiare tanto tempo?
«È inverosimile che il Web e tecnologie come l’iPhone e il Bblackberry (che ci mantengono sempre connessi) ci aiutino ad accelerare il nostro lavoro, per esempio facendoci risparmiare tempo prezioso da dedicare ad altro come la lettura. Il nocciolo del problema è che il Web crea una voglia e un bisogno incontrollati, proprio come quelli indotti dalla tossicodipendenza, di restare costantemente immersi in un flusso di nuova informazione e nuove notizie, senza approfondire nulla. Anzi, l’unica cosa che fa è renderci sempre più distratti. Insomma, anche ritenendo possibile che Internet ci faccia risparmiare tempo, tutto questo si paga a caro prezzo».
In che modo ci priverebbe di profondità di riflessione e modificherebbe il nostro modo di costruire i pensieri?
«La rete ha rimpiazzato qualsiasi altro mezzo di comunicazione e di informazione, è ormai divenuta il medium per eccellenza, vale a dire il nostro unico canale dal quale trarre ogni genere di informazione o di servizio. Penso che ciò stia producendo un effetto particolarmente dirompente e profondo sulle abitudini della nostra mente. Penso che stia cambiando il nostro stesso modo di articolare il pensiero».
Lei sostiene anche che Internet ci depriva della nostra naturale creatività, ma non potrebbe essere, invece, che grazie alle migliaia di stimoli con cui ci bombarda il Web aumenti le capacità inventive?
«Alcuni aspetti dell’innovazione potrebbero essere effettivamente potenziati da tutte queste nuove abitudini. Nondimeno, numerose ricerche hanno finora dimostrato che la creatività viene ostacolata dall’abitudine sempre più diffusa di essere multitasking. La creatività, infatti, sembra richiedere un’attenzione profonda e non un cervello che passi superficialmente e rapidamente da una cosa all’altra».
Lei scrive di aver avuto «la sensazione spiacevole che qualcuno o qualcosa stesse armeggiando con il mio cervello, rimodellandone i circuiti neurali, riprogrammandone la memoria». In pratica come avverrebbe questo processo?
«Ritengo che la tendenza a distrarsi continuamente possa rispecchiare lo stato naturale e primitivo delle nostre menti. I nostri lontani antenati avevano bisogno di mantenere, in ogni istante, l’attenzione su ogni minimo evento intorno a loro. In un ambiente ricco di predatori, come doveva essere il loro, era sicuramente molto pericoloso prestare attenzione a un fatto per volta. In un certo modo, quindi, il Web ci sta riportando indietro a una modalità più primitiva di articolare i pensieri».
Quale «cura» suggerisce contro questi effetti?
«Non sono sicuro che esista una “cura” in grado di scongiurare l’inevitabile mutamento della società a cui Internet ci sta portando. A livello individuale, invece, la terapia è ridurre l’uso di Internet: ognuno di noi dovrebbe trascorrere più tempo nella riflessione, adottando un’abitudine mentale che favorisca la calma e la concentrazione».