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 2010  ottobre 06 Mercoledì calendario

VOLANO BORSE, BOND E MATERIE PRIME

Le Borse hanno spiccato il volo: quelle europee hanno guadagnato il 2,13% e Wall Street il 2,09%. Le materie prime hanno raggiunto i massimi storici, con l’oro a 1.341 dollari. I titoli di stato americani hanno portato i prezzi alle stelle e, di conseguenza, i rendimenti ai minimi di sempre: quelli biennali statunitensi ieri hanno ri-toccato il record di rendimento a 0,3987%. Persino i junk bond, le obbligazioni di così scarsa affidabilità da essere definite «spazzatura», per la prima volta dal 2007 hanno visto le quotazioni salire mediamente sopra quota 100. Insomma: crescono i prezzi delle azioni (cosa che solitamente accade quando l’economia cresce), ma salgono anche quelli dei titoli di stato e dell’oro (cosa che succede quando l’economia va male). Si acquistano junk bond (segno di appetito per il rischio), ma anche i titoli di stato (segnale di avversione al rischio). Si compra tutto e il contrario di tutto. Perché? La causa va cercata nella decisione di tutte (o quasi) le banche centrali di tenere bassi i tassi, di comprare titoli di stato e di inondare ancora il mercato di liquidità. Fiumi di denaro vengono gettati sul sistema bancario a costo zero. E questo, più che a stimolare l’economia, va a gonfiare le quotazioni di qualunque attività finanziaria: azioni, bond, materie prime.

Non è un caso che ieri la grande euforia sia iniziata con la decisione della Banca centrale del Giappone di portare i tassi ufficiali «virtualmente a zero» e di creare un fondo da 5mila miliardi di yen (60 miliardi di dollari) per comprare sul mercato titoli di stato. Questa decisione è stata presa perché l’economia arranca e il barometro dei prezzi resta nel campo della deflazione. La mossa della Banca del Giappone è dunque d’emergenza. Come quella attesa dalla Federal Reserve. E anche la Banca d’Inghilterra si è detta pronta a nuovi interventi straordinari. Persino la Banca centrale australiana, dove l’economia è in una situazione ben diversa, ieri ha sorpreso tutti lasciando invariati i tassi d’interesse al 4,5% quando il mercato si attendeva un rialzo. Solo la Banca centrale europea attualmente è invece impegnata in un drenaggio di liquidità (forte della crescita in Germania), ma in tanti sono convinti che questa politica restrittiva abbia il fiato corto.

Lo scenario, insomma, è nero: il mercato del lavoro non crea occupazione, i consumi non crescono, l’economia non decolla, i prezzi frenano verso la deflazione e le banche centrali sono costrette a intervenire. Ma i mercati finanziari preferiscono guardare il bicchiere mezzo pieno del pronto intervento. E così ieri, trainati dalla decisione della Banca del Giappone e da qualche indicatore economico migliore delle attese in Usa, hanno continuato la volata. A guidare le danze sono state le valute. La notizia arrivata da Tokyo ha subito depresso lo yen, che però poi ha recuperato terreno: alla fine ha chiuso in rialzo nei confronti del dollaro a 83,07. In salita anche l’euro, arrivato in serata a 1,3837 sul biglietto verde, massimo da otto mesi.

Tutti gli altri mercati si sono mossi di conseguenza. Le Borse hanno messo a segno buoni rialzi sia in Europa (Londra +1,44%, Parigi 2,25%, Francoforte +1,33%, Milano +2,09%), sia negli Usa (Wall Street +2,09% e Nasdaq +2,36%). È vero che i listini azionari venivano da varie sedute deboli, ma è anche vero che il trend generale è di rialzo: da inizio settembre Wall Street ha guadagnato più del 10%, le Borse europee più del 5%. Ma i livelli più gonfiati si vedono sul mercato delle materie prime e sui bond. L’oro ha superato i 1.341 dollari (record storico), l’argento si è avvicinato ai 23 dollari (massimo degli ultimi 30 anni), il rame è sui massimi degli ultimi due anni e lo stagno (si veda pagina 48) è al record storico. Idem per i titoli di stato, grazie anche agli acquisti della Fed. In America i rendimenti sono ai minimi storici per i bond con scadenza dai 2 ai 7 anni. In Germania i Bund decennali sono sopra i minimi, ma di poco: oggi rendono il 2,28% contro il record di 2,11% di qualche mese fa.

Da inizio anno chi ha investito in materie prime ha guadagnato – secondo i dati Reuters – fino al 55% (grano) o al 47% (alluminio). Chi ha comprato T-Bond Usa ha realizzato una plusvalenza del 15%, chi ha puntato sui junk bond dell’11,3%. Le Borse americane segnano rialzi intorno al 5% da gennaio, mentre quelle europee sono più contrastate. Qualunque scommessa, insomma, è risultata vincente in un mercato inondato di liquidità. Nel frattempo l’economia cammina sull’orlo della seconda recessione. Ma per i mercati questo è solo un dettaglio... • DOMANDE & RISPOSTE - • Perché le banche centrali intervengono sul mercato dei cambi?
Le banche centrali possono influenzare il valore della propria moneta acquistando o vendendo valuta. Le risorse finanziarie a loro disposizione sono però poca cosa rispetto a un mercato valutario che ogni giorno movimenta 4mila miliardi di dollari.
Ci sono altri strumenti per influenzare i tassi di cambio?
Un altro strumento è agire sul tasso d’interesse: ieri il Giappone ha abbassato il suo praticamente a zero dallo 0,1%. Una mossa soprattutto simbolica che comunica al mercato la determinazione a deprezzare lo yen. Infine, le banche centrali per diminuire il valore della valuta, possono stampare moneta: come ha fatto sempre ieri Tokyo.
Che cos’è il quantitative easing?
Attraverso l’allentamento monetario una banca centrale può iniettare risorse (quindi liquidità) nel mercato finanziario, acquistando titoli di stato o societari. Anche questa manovra indebolisce la valuta.
Perché lo yen continua ad apprezzarsi?
In questa fase viene visto come un bene rifugio, perché nonostante il Giappone abbia il debito pubblico più alto al mondo, viene considerato affidabile
Cosa si intende quando si parla di guerra delle valute?
Il tasso di cambio ha un impatto sulle esportazioni penalizzandole quando sale (il costo delle merci esportate sale per gli acquirenti) e avvantaggiandole quando scende. La Cina ha sempre tenuto basso lo yuan per rendere più competitivo il suo export. Per lo stesso motivo ora il Giappone ha interesse a deprezzare lo yen. Il rischio è che altri paesi adottino svalutazioni competitive, innescando una guerra, nella quale ciascuno cerca di scaricare sugli altri il peso della propria crisi economica. Per evitare questo scenario, la Francia si fa promotrice di un accordo globale per un apprezzamento concordato dello yuan (una riedizione degli accordi dell’Hotel Plaza di New York con cui 25 anni fa si posero le basi per il deprezzamento del dollaro)