ALBERTO STABILE, la Repubblica 6/10/2010, 6 ottobre 2010
STIAMO PERDENDO TUTTO ISRAELE" I DIALOGHI SEGRETI TRA DAYAN E LA MEIR - GERUSALEMME
Alle 14,50 del 7 Ottobre 1973 Israele scopre d´essere vulnerabile, in balia del nemico. La guerra del Kippur è scoppiata da poco più di 24 ore. L´attacco coordinato di Siria ed Egitto ha spazzato via decenni di sconfinata fiducia nella supremazia militare israeliana. Quello che, di nuovo, ci dicono i documenti top-secret pubblicati 37 anni dopo dall´Archivio di Stato israeliano, le minute del Consiglio dei ministri presieduto da Golda Meir che si tenne quel giorno, è che quel paese ferito, allibito, era guidato da un governo in preda al panico.
Per uno di quegli imprevedibili capovolgimenti della storia, è Moshe Dayan, il generale-ministro della Difesa che aveva più di ogni altra uomo pubblico israeliano incarnato quell´idea d´onnipotenza militare, d´imbattibilità, ad offrire un´agghiacciante fotografia del terreno, seguita da un penoso mea culpa. «La linea del Canale (la famosa Linea Bar Lev che avrebbe dovuto dissuadere gli egiziani dall´attaccare, ndr) è perduta - dice Dayan con scoraggiante franchezza -, Suggerisco di ritirarci sulla linea degli istmi (30 km a nord, ndr)».
È una decisione drammatica soprattutto per la sorte dei feriti. «Dove possiamo evacuare, evacueremo - ammette Dayan - e nei luoghi dove non possiamo evacuare, lasceremo i feriti. Quelli che ce la faranno, ce la faranno. Se decidono di arrendersi, si arrenderanno. Dobbiamo dire loro la verità: non possiamo raggiungervi. Cercate di rompere l´assedio, o arrendetevi».
Golda Meir lo interrompe: «Non capisco. Pensavo che avremmo cominciato a colpirli non appena avessero attraversato il canale. Che cosa è successo?»
Dayan: «Abbiamo perduto i carri armati. C´è stato un grosso fuoco d´artiglieria e i nostri tank sono stati colpiti. Gli aerei non hanno potuto avvicinarsi a causa dei missili. Migliaia di colpi di artiglieria hanno permesso ai loro carri armati di attraversare il canale, impedendoci di avvicinarci. I piani e la metodologia sono russi. Tre anni di preparazione».
Tre anni durante i quali, forte della vittoria-lampo conseguita nella guerra dei Sei giorni (1967), Dayan aveva dispensato la sua dottrina conflittuale: «È preferibile avere Sharm el Sheik senza pace che la pace senza Sharm el Sheik». Aveva esibito le sue certezze: «Nei prossimi dieci anni i confini rimarranno congelati, ma nel corso di tale periodo non ci sarà una guerra seria». E aveva ostentato la sua arroganza: «I nostri amici americani ci offrono soldi, armi e consigli. Noi prendiamo i soldi, prendiamo le armi e rifiutiamo i consigli».
Ma in quel pomeriggio avvelenato dalla tragiche notizie dai campi di battaglia, Dayan è un uomo diverso: «Non è il momento di fare autocoscienza. (Ma) ho sottovalutato la forza del nemico e ho calcolato male la capacità delle nostre forze. I combattenti arabi sono molto migliorati, hanno molte armi... Non so se un attacco preventivo avrebbe cambiato il quadro in maniera significativa».
Poi lancia una visione catastrofica: «Loro (gli arabi) vogliono prendere tutta Eretz Israel (la Terra d´Israele)». E trova una sponda nella Meir: «Questo è il secondo round dal 1948 (la prima guerra araba-israeliana, o Guerra d´Indipendenza, ndr)».
Dayan: «Gli arabi non si fermeranno e se accettano un cessate il fuoco possono riprendere i combattimenti».
Meir: «Non hanno motivo di non continuare, hanno fiutato l´odore del sangue».
Dayan: «Conquistare Israele e farla finita con gli ebrei».
Dayan temeva, anzi era certo, che la Giordania si sarebbe schierata a fianco di Egitto e Siria. Ma anche in questa previsione il generale-ministro si sarebbe sbagliato. Il capo di Stato maggiore, David Eleazar (Dado) decise di affidare ad Ariel Sharon la missione impossibile di aggirare le linee nemiche e portare la guerra nel cuore della retrovia egiziana. Il che cambiò il corso egli eventi.