Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 06 Mercoledì calendario

PREZZI DELLO STAGNO MAI COSÌ ALTI

Dimenticate oro e palladio. Nel corso del 2010 il metallo che ha dato le maggiori soddisfazioni agli investitori finora è lo stagno, che al London Metal Exchange (Lme) ha visto il prezzo settlement salire del 54%, una performance che tra le commodities è seconda soltanto a quella del frumento quotato all’Euronext.

Il rincaro di ieri, favorito dal ribasso del biglietto verde, la valuta di riferimento, ha spinto il prezzo cash nella sessione ufficiale Lme a 25.750 dollari per tonnellata, un livello mai raggiunto dal novembre dell’88, quando il contratto abbandonò la sterlina per essere denominato in dollari. Di poco inferiore il contratto a tre mesi, a testimonianza che lo stagno vive una fase di carenza d’offerta che si spera temporanea. Nei magazzini Lme gli stock di stagno sono scesi del 53% da inizio anno, sotto la duplice spinta esercitata dal rallentamento della produzione e dalla forza della domanda al consumo.

Le leghe per saldature e la banda stagnata per imballaggi alimentari, principali utilizzi del metallo, porteranno i consumi globali quest’anno a 345mila tonnellate, secondo le stime dell’International Tin Research Institute (Itri) e per Edward Meir, analista di Mf Global, l’aumento rispetto al 2009 sarà del 13%. La richiesta promette di rimanere molto solida anche nel 2011, grazie alla crescita nel settore dell’elettronica.

La produzione di stagno invece si dovrebbe attestare quest’anno a 328mila tonnellate, dando luogo a un deficit complessivo che l’Itri vàluta 17mila tonnellate. È dello stesso parere Robin Bhar, che elabora gli studi sui metalli per Credit Agricole: «La produzione non aumenta, mentre la domanda, specialmente quella cinese, non si ferma».

Pechino, primo produttore mondiale, ha imposto un rallentamento dell’attività per ridurre i consumi di energia elettrica: lo ha fatto il numero uno del paese, Yunnan Tin, mentre Yunnan Chengfeng, il secondo raffinatore, che gestisce a Gejiu uno dei primi sei impianti mondiali del settore, dall’inizio di ottobre lo ha dovuto bloccare per colpa di un blackout la cui durata rischia di protrarsi per una ventina di giorni.

Per il mercato però è ancor più allarmante la situazione dell’Indonesia, secondo produttore e primo esportatore di stagno: i dati del locale ministero del Commercio rilevano che nei primi 8 mesi l’export è stato poco superiore a 60mila tonnellate, in calo dell’11,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Colpa delle piogge eccessive, che hanno allagato alcuni siti minerari e che finiranno per limitare l’esportazione del 2010 a 80mila tonnellate soltanto, con un calo del 19%. Una situazione di carenza che non è certamente attenuata dalle notizie provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, dove il presidente Joseph Kabila l’11 settembre ha vietato temporaneamente l’attività mineraria nell’Est del paese, la zona più ricca di giacimenti di cassiterite, l’ossido di stagno da cui si ricava il metallo.