Marco Zatterin, La Stampa 6/10/2010, 6 ottobre 2010
BRUCIA IL MOLO DI HASTINGS SPARISCE UN MITO DEL ROCK
Le tavole del «pier» di Hastings tremavano quando il pubblico saltava, scricchiolavano prima di sprigionare un cupo effetto di rimbombo che talvolta riusciva a coprire la musica. L’architetto Eugenius Birch, che in piena era vittoriana era stato chiamato a disegnare la lunga piazza sospesa sull’acqua gelida e grigia della Manica, non avrebbe immaginato il tipo di sollecitazione a cui la sua struttura era destinata. Nel 1872 la potenza dei watt con cui gli Who avrebbero chiuso la stagione dei concerti del già vecchio molo 95 anni più tardi era impensabile anche per chi conosceva bene il frastuono dei treni a vapore. Era un’altra vibrazione e aveva un altro impatto, un muro di note che si faceva ancora più fragoroso quando Pete Townshend e i suoi spaccavano strumenti e amplificatori.
Nell’Inghilterra in preda alla psichedelia, il Pier di Hastings era divenuto uno dei templi della musica popolare. Fu un tempo inteso e formidabile, ma tutto sommato breve. La sera del 3 luglio 1976 in cui i Sex Pistols, gli anarchici inventori del punk, calcarono quelle stesse tavole malferme, il mito stava lentamente venendo meno come la stagione del rock più sanguigno e meno commerciale. Il ponte sul mare era in declino, senza più stile e senza soldi. In trent’anni non si è riusciti a salvarlo dalla bancarotta. Ancora lo scorso fine settimana si poteva ammirare la lunga struttura un po’ stanca e fatiscente e leggere i cartelli che invitano a non passarci sotto. Poi c’è stato l’incendio. Doloso, pare. Due ragazzi sono stati fermati.
Nella notte di lunedì qualcuno gli ha dato fuoco. I quasi mille metri del lungo ponte senza uscita hanno illuminato il cielo sino all’alba, quando le prime luci del giorno hanno rivelato sino in fondo la catastrofe. Pare che tutto sia cominciato in punta. Il legno vecchio e trascurato s’è incendiato come fosse carta. Un testimone ha raccontato che a un certo punto pareva che nella sala avessero fatto esplodere dei fuochi d’artificio, tanto il cielo era saturo di schegge di fuoco volanti. I pompieri sono arrivati in fretta, da terra e mare. Solo alle otto del mattino le fiamme sono state domate. Ma il Pier era ormai solo uno scheletro nero. Era già successo nel 1917, quando a cedere al fuoco era stata la cupola originale del teatro. Birch l’aveva voluta simile alle sue altre creature, il Pier Ovest di Brighton e quello di Eastbourne. Nella concezione vittoriana della vacanza, la passeggiata sul mare era l’attrazione ultimo grido per i londinesi che potevano permettersi il treno. Due passi, con una birra o una limonata, e il gioco d’azzardo per chi voleva. Dopo il primo conflitto mondiale rimisero le assi della ballroom al loro posto, nascondendo le magagne con candide mani di vernice. Negli anni Trenta l’opera di Birch fu ripensata con un gusto art deco; fu una stagione gloriosa, interrotta dal nuovo conflitto coi tedeschi, durante il quale il Pier fu svuotato e chiuso, solo in attesa di riprendere a pulsare. Successe nel 1966, complice il novecentesimo anniversario della vittoria dei normanni ad Hastings, e la musica beat, poi pop, psych, prog, glam, punk riprese. Gli storici della musica ricordano che, con ogni probabilità, il «diamante pazzo» Syd Barrett suonò ad Hastings il suo ultimo concerto coi Pink Floyd nel gennaio 1968. Jimi Hendrix era passato di lì il 22 ottobre 1967. Ai Genesis con Peter Gabriel toccò il 2 giugno 1972. Negli anni Settanta si sono esibiti tutti, i Pistols supporter dei Budgie nel 1976 e tutta l’ondata punk e metal, da Siouxsie ai Motorhead. Saltavano tutti su quelle tavole malferme, la birra fluiva e c’era la possibilità di appartarsi sulla spiaggia, sotto il Pier, se la stagione lo consentiva, su quella sabbia e davanti a quale mare dove nulla andava proprio come previsto e tutto era una sorpresa. Meno l’incendio - per molti versi annunciato nella battaglia fra gli speculatori e quanti volevano salvare la vecchia struttura - che ieri ha distrutto il magnifico pontile che dal lungo mare portava diritto nel mondo dove i sogni diventavano realtà.