la Repubblica 6/10/2010, 6 ottobre 2010
«In tempo di pace come in guerra, gli ufficiali di marina venivano frequentemente in contatto con i rappresentanti di altri paesi; si supponeva quindi che dovessero conoscere una o due lingue straniere, che sapessero agire come rappresentanti del loro paese con fermezza, dignità e una certa dose di tatto diplomatico, e che si comportassero secondo le norme di ciò che poi sarà considerato come segno di buona educazione e cortesia
«In tempo di pace come in guerra, gli ufficiali di marina venivano frequentemente in contatto con i rappresentanti di altri paesi; si supponeva quindi che dovessero conoscere una o due lingue straniere, che sapessero agire come rappresentanti del loro paese con fermezza, dignità e una certa dose di tatto diplomatico, e che si comportassero secondo le norme di ciò che poi sarà considerato come segno di buona educazione e cortesia. In breve, un ufficiale della vecchia marina doveva unire nella propria persona alcune delle qualità di un esperto artigiano a quelle di un gentiluomo militare [...] L´osservazione a effetto dello spesso citato Pepys secondo la quale, tra gli ufficiali di marina i marinai non erano gentiluomini e i gentiluomini non erano marinai, perciò, non era soltanto l´elegante battuta di uno spirito ameno dell´epoca Stuart. Rappresentava l´acuta espressione di uno dei più gravi problemi pratici di fronte ai quali si trovavano continuamente l´amministrazione navale e gli ufficiali di marina nel primo periodo di sviluppo della professione navale. I gentiluomini non potevano apprendere l´arte e il mestiere dei marinai senza sentirsi sminuiti agli occhi del mondo. I marinai esperti, d´altro canto, che avevano appreso il loro lavoro nel solo modo in cui era possibile, iniziando molto giovani come apprendisti marinai, non erano considerati gentiluomini, poiché difettavano, o almeno così si credeva, di alcune qualità, come il coraggio, la buona educazione, l´attitudine al comando e il tatto diplomatico, ritenute indispensabili per coloro cui era affidata la conduzione di operazioni militari e che entravano frequentemente in contatto con ufficiali stranieri, la maggior parte dei quali di nobili origini. (Norbert Elias, Marinaio e gentiluomo, Il Mulino, Bologna 2010)