Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Una dura nota del Quirinale ha ulteriormente aumentato lo stato febbrile del nostro mondo politico, che non sa vedere o prevedere quello che accadrà in settembre. La questione è questa: nell’ipotesi che Silvio Berlusconi si dimetta, ha il presidente Napolitano il diritto di tentare la formazione di un nuovo governo oppure no? Nei loro comizi ferragostani sia il ministro della Giustizia Alfano che il ministro dell’Interno Maroni hanno sostenuto che, in quel caso, la Costituzione obbliga Napolitano a sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Su questo concetto è tornato il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Maurizio Bianconi. In un’intervista al Giornale, il parlamentare ha detto testualmente: «Giorgio Napolitano sta tradendo la Costituzione. La Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla». Bianconi ricorda che, poche ore dopo le elezioni del 2006 (quelle vinte dal centrosinistra di Romano Prodi), Napolitano diede l’incarico al termine di consultazioni brevissime e poi spiegò che «in questo sistemabipolare, col premier indicato sulla scheda, è il risultato elettorale a determinare l’assegnazione degli incarichi». Quindi, secondo l’onorevole Bianconi, quando Napolitano ricorda che lo scioglimento delle Camere è una prerogativa sua e che finché c’è una maggioranza in Parlamento non si ha diritto di porre fine alla legislatura, «tradisce se stesso, con un atto di incoerenza gravissima, dicendo no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico».
• Un bel guazzabuglio. Che cosa dice la nota del Quirinale?
L’onorevole Bianconi «si è abbandonato ad affermazioni avventate e gravi sostenendo che il presidente Napolitano "sta tradendo la Costituzione". Essendo questa materia regolata dalla stessa Carta (di cui l’onorevole Bianconi è di certo attento conoscitore), se egli fosse convinto delle sue ragioni avrebbe il dovere di assumere iniziative ai sensi dell’articolo 90 e relative norme di attuazione». In pratica il Presidente invita Bianconi a metterlo in stato d’accusa.
• Bianconi ha risposto?
Bianconi ha definito la reazione di Napolitano sproporzionata, e controreplicato con una volgarità: «Io avrò anche pisciato fuori del vaso, ma il mio è piccolino invece quello del Presidente è grande, molto grande e l’ha fatta fuori anche lui».
• Come stanno in realtà le cose?
Lo scioglimento delle Camere è regolato dall’articolo 88 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse». Aggiunge che non può farlo nell’ultimo semestre del mandato. Fine. La letteratura su questo articolo 88 è naturalmente immensa. La Carta non elenca i casi in cui il Presidente «può», non specifica se il parere dei due presidenti delle camere è vincolante oppure no, non dice che cosa bisogna fare nel caso i due presidenti la pensino diversamente, soprattutto non c’è nessuna situazione in cui il Presidente «deve» sciogliere le Camere. I costituenti avranno pensato — a ragione — che i casi della politica sono troppo numerosi per stilare elenchi. Penso che avessero ragione.
• Veniamo al dunque: Berlusconi si dimette, il presidente Napolitano allora che cosa deve fare?
No, allora non ci siamo capiti. Il Presidente non «deve», il Presidente «può» oppure «non può». I costituzionalisti sono tutti d’accordo sul fatto che «può», solo in un caso: quando non c’è in Parlamento nessuna maggioranza a sostegno di nessun governo. Anche in questo caso – badi – Napolitano non è obbligato a sciogliere subito le Camere: può incaricare qualcuno, mandarlo in Parlamento, farlo battere dal voto e poi lasciargli gestire le elezioni. Può farlo, anche se il centrodestra, in un caso di questo genere, minaccia di portare in piazza milioni di cittadini.
• E se trova una maggioranza dispostaa sostenereun esecutivo guidato – dico a caso – da Pierluigi Bersani?
In questo caso, «può» consentire la formazione di un governo diverso da quello che ha vinto le elezioni. Il Presidente, però, visto che «può» (e non «deve»), potrebbe tener conto del fatto che i numeri in Parlamento si sono determinati anche grazie a una legge elettorale diversa da quella che avevano sotto gli occhi i costituenti. Quanti finiani starebbero adesso in Parlamento se il premio di maggioranza (un premio di coalizione) non avesse infoltito anche la loro pattuglia? Però, cambiata la legge elettorale per volontà soprattutto dell’onorevole Casini, non si pensò di render coerente col nuovo sistema anche la nostra Carta costituzionale. Tutto può succedere, allora, e ciascuno dei contendenti avrà dalla sua parte un qualche ragionamento giuridico non completamente infondato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 17/8/2010]
(leggi)