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 2010  agosto 17 Martedì calendario

DellaRosa Emanuele

• Roma 21 febbraio 1980. Pugile. Il 19 dicembre 2009 fu sconfitto a Schwerin da Sebastian Zbik in un match valido per il titolo a interim dei medi Wbc • «[...] si definisce un “fornaio prestato alla boxe”, visto che la principale attività, col fratello Enrico, è un forno, la “Spiga d’oro”, a Tor Pignattara. Ogni volta che ha un match a Roma, la mattina dopo, alle 4, è già al lavoro per preparare il pane. [...] Suo padre Amilcare è allenatore di calcio. Emanuele gioca da stopper, a 11 anni fa un provino con la La zio. Sono scelti lui ed Emanuele Berrettoni, poi in A col Perugia. Tre mesi dopo, il padre muore in un incidente stradale. “Lasciai il calcio, forse perché troppo legato al ricordo di mio padre, non so nemmeno io perché”. A 12 anni inizia a lavorare in un forno. Poi, ne apre uno suo. E si apre la porta del pugilato. Grandi doti, ma boxe disordinata, il suo maestro e amico Luciano Sordini lo raddrizza. Imbattuto in 22 incontri da professionista, ottiene la chance mondiale [...]» (Gennaro Bozza, “La Gazzetta dello Sport” 19/12/2009) • Era amico di Stefano Cucchi (il ragazzo morto il 22 ottobre 2009 nel reparto detentivo dell’ospedale “Sandro Pertini” dopo essere stato arrestato per spaccio sei giorni prima al Quadraro): «A Stefano piacevo perché sono un pugile di cuore. Forse per lui ero anche un modello da seguire. Mi stimava tanto. Parlavamo spesso dei miei match, dei combattimenti sul ring. Mi ripeteva: “Quando ci alleniamo insieme?”. Preso dagli impegni, non ho mai trovato il tempo per stare con lui. E adesso questo mi dispiace molto... [...] Veniva spesso a trovarmi nel panificio di Tor Pignattara [...] A volte si fermava a fare colazione, altre a mangiare una pizza. Alla fine è diventato più di un cliente. Pugile io, pugile lui: la boxe era anche la sua passione. Quello che gli è successo è assurdo. Stefano non era come qualcuno l’ha descritto dopo la sua morte: era un ragazzo normalissimo, umile, tranquillo. Non era mai invadente, sapeva sempre stare al suo posto [...]» (Rinaldo Frignani, “Corriere della Sera” 13/12/2009).