Mark Franchetti*, La Stampa 17/8/2010, pagina 1, 17 agosto 2010
Sagbo, primo politico nero nella Russia dei naziskin - È una delle contraddizioni della Russia. Il Paese che ha perso più di 20 milioni di persone nella lotta eroica per sconfiggere Hitler oggi è sede di alcuni dei movimenti neonazisti più brutali al mondo
Sagbo, primo politico nero nella Russia dei naziskin - È una delle contraddizioni della Russia. Il Paese che ha perso più di 20 milioni di persone nella lotta eroica per sconfiggere Hitler oggi è sede di alcuni dei movimenti neonazisti più brutali al mondo. Le statistiche sono terribili. Dal 2004 a oggi in Russia si registra la sbalorditiva cifra di 427 persone assassinate e 2.600 picchiate selvaggiamente in crimini a sfondo razziale. Nel caso più scioccante i neonazisti hanno pubblicato su Internet un video in cui tagliavano la testa a un lavoratore immigrato di colore con un coltello da caccia. La stragrande maggioranza dei russi condanna fermamente questi terribili crimini. Ma il razzismo popolare contro la gente di colore, soprattutto gli immigrati provenienti dall’Asia Centrale e dal Caucaso, è diffuso e profondamente radicato. Ecco perché, fra tanti titoli di cronaca deprimenti, la storia di Jean Gregoire Sagbo offre un raggio di speranza. Sagbo viene dal Benin, ha 46 anni e un modo di parlare pacato e gentile. Si è guadagnato un posto nella storia come prima persona di colore eletta a un incarico pubblico in Russia. Il mese scorso è stato nominato consigliere comunale a Novozavidovo, una cittadina a 100 chilometri al Nord di Mosca. L’elezione di Sagbo è una pietra miliare ma anche una cartina di tornasole della capacità della Russia di diventare più tollerante verso le altre razze, soprattutto verso i neri che sono ancora una rarità nella ex Unione Sovietica. «Sono del tutto consapevole della responsabilità che mi sono assunto diventando il primo nero eletto a una carica pubblica in Russia», ha detto Sagbo in un’intervista nel fatiscente municipio cittadino. «È un ruolo minore nella scala della burocrazia russa, ma se fallisco il mio caso susciterà molto scalpore. Mi comporto in modo modesto e cerco di mantenere un profilo basso. È meraviglioso che la gente abbia visto oltre il colore della mia pelle e abbia avuto fiducia in me». Sagbo, idealista di stampo comunista, arriva a Mosca per la prima volta come studente di economia nel 1982, come molti giovani stranieri dei Paesi poveri socialisti alleati con l’Unione Sovietica, in cerca di un’istruzione migliore. Ufficialmente venivano accolti dallo Stato come «cari fratelli socialisti». In pratica, però, i russi li scrutavano come animali allo zoo. Sagbo ricorda bambini che non avendo mai visto prima un uomo nero ridevano di lui e dei suoi compagni del Benin per strada. La gente lo fissava e indicava col dito gli studenti neri. La prima volta che udii in russo la parola scimmia fu quando fu riferita a lui. Quando andò per la prima volta al mercato a comprarsi da mangiare un ortolano gli fece pagare un chilo di patate cento volte piu del prezzo normale. «Non avevo idea del valore del denaro che avevo in tasca», ricorda Sagbo. «Il nostro supervisore rimase allibito quando gli dissi quanto avevo pagato. Avevo speso oltre un decimo del mio stipendio universitario annuale per comprare un po’ di patate. Mosca per me era come un altro pianeta. Ero scioccato dal freddo. La prima volta che ho visto la neve è stato incredibile. Ero pieno di idealismo sul comunismo e il potere dell’Unione Sovietica, e così sono rimasto veramente sorpeso quando ho scoperto che la penuria di viveri era una piaga consueta». Presto Sagbo si innamorò di Svetlana, una giovane compagna di studi russa. Quando resistette alle pressioni delle autorità russe e non volle smettere di vederlo Svetlana fu espulsa dal Komsomol, l’organizzazione giovanile del partito comunista, e costretta a cambiare università. La coppia iniziò a frequentarsi di nascosto. «Il nostro amore era troppo forte per essere spento, così lei ando contro il sistema», ricorda Sagbo. Quando Svetlana annunciò che era incinta di quattro mesi e il padre era un nero, la madre pianse per mesi, dice Sagbo, e il padre della ragazza gli intimò di non vederla mai più per non coprire la sua famiglia di vergogna. Profondamente innamorata, la coppia è rimasta insieme e ha avuto Maxim, che ora ha 26 anni, e Serge, il loro secondo figlio, di 16. Nel 1986 Sagbo, che parla russo con un forte accento franco africano, è tornato in Benin con la sua famiglia russa. Ma dopo essersi messo in politica e aver apertamente osteggiato il governo fu arrestato, torturato e incarcerato. Dopo un anno di prigione riuscì ad evadere con l’aiuto di attivisti dell’opposizione e tornò in Russia per stabilirsi a Novozavidovo dove vive da 21 anni. Sagbo ha detto che non ha riscontrato razzismo in città, tranne che per un incidente avvenuto poco dopo che si era trasferito in Russia, quando un ragazzo sputò in faccia a Maxim, che allora aveva 4 anni, mentre tornava a casa da scuola. Gli abitanti del posto sostennero Sagbo quando affrontò con rabbia il ragazzo. Con il tempo Sagbo, che ora lavora per un agente immobiliare, si è fatto conoscere dai vicini come un uomo mosso da un forte senso civico. Ha ripulito l’ingresso dell’edificio dove abita, ha piantato fiori e ha speso di tasca propria per rimettere a posto la strada. Ha anche promosso una giornata annuale di raccolta dei rifiuti. Il mese scorso gli abitanti di Novozavidovo, un tempo fiorente cittadina di 10 mila abitanti ora afflitta da corruzione, disoccupazione e abuso di droghe e alcol, hanno votato per eleggere Sagbo tra i dieci consiglieri comunali cittadini. Ha piani ambiziosi per affrontare la corruzione, ripulire un lago inquinato e fornire riscaldamento alle case più malmesse. Seduta con il figlio in un parco giochi recentemente rimesso a nuovo grazie a Sagbo, Irina Danilenko ha detto che è l’unico miglioramento che abbia visto nei cinque anni vissuti qui. «La sua razza non ci interessa», ha detto Danilenko, 31 anni. «Sagbo è uno di noi». Denis Voronin, 33 anni, che lavora come ingegnere a Novozavidovo, ha detto che Sagbo è stato il primo politico della città ad essere eletto in modo onesto, senza voti comprati. Secondo lui, «i politici precedenti erano tutti criminali». Un ex capo dell’amministrazione locale, è stato ucciso da ignoti due anni fa. In contrasto con la miseria della città, a poca distanza si trova l’idilliaco Parco Nazionale di Zavidovo, dove il primo ministro Vladimir Putin e il presidente Dmitry Medvedev si rifugiano spesso per fine settimana in campagna. Sagbo dice che il tentativo di porre fine alla corruzione cittadina potrebbe rivelarsi per lui molto più pericoloso della minaccia neonazista. Si sente sicuro nella sua piccola città, ma quando va a Mosca evita di usare i treni dei pendolari e la metropolitana per paura di attacchi razzisti. Dice che è sempre preoccupato per suo figlio Maxim che vive nella capitale russa. «So che non è particolarmente sicuro lasciare la mia città», dice: Mi rendo conto che potrei essere aggredito e persino ucciso, così prendo sempre l’auto ed evito i trasporti pubblici. Ma qui mi sento al sicuro. Questa città è la mia casa e tutto quello che voglio è migliorare la vita dei suoi cittadini. Se ci riesco, spero che sempre più russi impareranno a giudicare le persone dalle loro azioni, piuttosto che il colore della loro pelle». *Corrispondente a Mosca per il «Sunday Times»