Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 17/8/2010, pagina 72, 17 agosto 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
9 giugno 1937
Compagni d’Italia
Nel giro di quindici giorni scompaiono Gramsci e Rosselli, le coscienze dell’antifascismo, gli eredi ideali di Gobetti e Amendola morti in Francia negli Anni Venti per le conseguenze dei pestaggi squadristi. Il 27 aprile Antonio Gramsci si spegne alla clinica Quisisana di Roma, stremato da dieci anni di prigionia. Il 9 giugno Carlo Rosselli viene ucciso in Bassa Normandia da una banda di fascisti francesi, i Cagoulardes (gli incappucciati), su commissione del governo italiano. Entrambi sono isolati: invisi al regime, ma anche a molti compagni di lotta che mal ne sopportano la libertà di pensiero e la diffidenza nei confronti dello stalinismo. Gramsci muore in solitudine, dopo aver perso ogni contatto con la moglie e coi figli emigrati in Urss, emarginato dallo stesso partito comunista che ha contribuito a fondare e che solo dopo la morte si approprierà del suo mito e delle sue idee. Una su tutte, l’egemonia culturale come premessa di quella politica. Chi riesce a plasmare la testa degli elettori finirà per averne il consenso, perciò diventa basilare il controllo dei mezzi di comunicazione. Una ricetta che prima il Pci e poi Berlusconi cucineranno con successo. A Gramsci nulla viene risparmiato. In carcere l’ostracismo degli stalinisti (una volta, durante l’ora d’aria, gli tirano addosso una palla di neve con una pietra dentro) e, a cadavere ancora caldo, il necrologio sprezzante di Mussolini: «Era un avido taccagno che si nutriva di pasticcini mentre gli altri crepavano».
Negli stessi giorni i servizi segreti del Duce, quasi sicuramente su ordine di Galeazzo Ciano, organizzano l’assassinio di Rosselli, uomo da tavolino cui è toccata in sorte una vita avventurosa. Arrestato per aver fatto scappare all’estero il socialista Turati, evade dal confino di Lipari e ripara in Francia. Lì fonda il movimento «Giustizia e Libertà» e pubblica «Socialismo liberale», bibbia della sinistra anticomunista che gli procura la scomunica di Togliatti. Rosselli è il primo a dire che il nazifascismo va combattuto con le armi e allo scoppio della guerra civile spagnola mobilita gli antifascisti italiani dai microfoni di Radio Barcellona. Egli stesso organizza una brigata socialista e liberale, forse anche troppo: «Ho visto Rosselli fare la fila per il rancio in mezzo ai suoi soldati», annota il capo-partigiano Pacciardi, convinto che in battaglia serva un po’ di gerarchia. Ferito a una gamba, Rosselli va a curarsi alle terme di Bagnoles de l’Orne, dove lo raggiunge il fratello Nello. Un’auto inchioda davanti alla loro, Nello scende per vedere di cosa si tratta e una sventagliata di mitra abbatte prima lui e poi Carlo, seduto al volante. I giornali italiani accusano del delitto massoneria e comunisti, ma la verità viene presto a galla e penetra anche da noi: la fronda al regime da parte dei giovani fascisti delusi come Montanelli comincia allora.