![Giorgio Napolitano](/images/padroni/GiorgioNapolitano_int.jpg)
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, ha detto ieri all’Ansa che nell’area archeologica di Tivoli (Villa Adriana) sono presenti strutture con “elevati pericoli” e che pertanto sarebbe fondamentale operare un “monitoraggio continuo”. Questa notizia difficilmente sarebbe stata messa in rete se, l’altro giorno, non fosse venuto giù un pezzo della galleria numero 15, costruita da Traiano sopra la Domus Aurea, nel Colle Oppio a Roma, cioè nell’area archeologica più importante del mondo (dirimpetto c’è il Colosseo). Ieri il vicepresidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, partendo da questo incidente, se l’è presa con il sistema di nominare, al posto dei Soprintendenti, dei commissari che fanno capo alla Protezione civile. Zanda fa l’elenco: tra il 2008 e il 2009 sono stati nominati un commissario straordinario per il rilancio degli scavi di Pompei, un secondo per Ostia antica, un terzo per gli Uffizi a Firenze e un quarto a Milano per la Grande Brera. E «il budget delle Soprintendenze è stato tagliato di oltre il 50%». Stesso discorso da parte della Confederazione italiana degli archeologi, che non sono d’accordo con il sistema dei commissari e chiedono più soldi (Bondi gli ha telefonato rendendoli felici).
• C’entrano i commissari nel crollo di Roma?
No, non c’entrano. Gregorio XVI, nel 1836, visitò gli scavi del Foro Romano, e Belli scrisse: «“Bene!,” diceva er Papa in quer macello/de li du’ scavi de Campo-vaccino: ”Ber bucio! bella fossa! ber grottino! belli sti serci! tutto quanto bello!”». Cioè i buchi, o buci, specie a Roma, ci sono stati prima che arrivassero i commissari. Poi mi sono ricordato di Federico Zeri, un articolo che scrisse per la Stampa nel 1996: «Mentre a Roma si celebra, con una mostra provvista di massiccio catalogo, l’arte del Domenichino, non ci si preoccupa dell’acqua piovana e delle erbe selvatiche che crescono sul tetto delle sale che ospitano un bellissimo ciclo di affreschi di Francesco Albani e, in una volta, affreschi del Domenichino che sono tra i suoi capolavori assoluti”». Cioè, scempiaggine. Scempiaggine quindici anni fa e scempiaggine adesso.
• In che senso?
Il crollo del Colle Oppio è stato provocato da infiltrazioni d’acqua. Come ha spiegato ai giornalisti il direttore tecnico della Domus Aurea, Antonello Vodret, «bisognava impermeabilizzare l’area». E come mai non è stata impermeabilizzata? Perché lo stanziamento non è mai stato fatto. Buttiglione, quando era ministro per i Beni culturali, disse che ci volevano 40 milioni per mettere in sicurezza tutta l’area. Bondi ha confermato quella cifra e ammesso che per ora è stato appaltato solo un primo lotto da due milioni e mezzo, che non riguarda però la struttura disastrata lunedì mattina.
• Quanto ci vorrà per mettere a posto la galleria crollata?
Carandini parla di 350 mila euro. Da altre parti ho letto 800 mila euro. Però, stando a un rapporto dell’Istituto per il Restauro, i beni a rischio in Italia per ragioni naturali (tipo l’infiltrazione di acqua piovana) sono 57 mila. Di questi, a Roma ce ne sono duemila, a Milano e Firenze quasi mille.
• E come si fa?
Sgarbi ieri ha scritto un bell’articolo sul Giornale ricordando che noi, avendo il patrimonio più importante del mondo, stanziamo per i nostri beni culturali lo 0,20 per cento del bilancio pubblico. La Francia, con una quantità di monumenti infinitamente minore, mette sul tavolo il 3%. Le risparmio l’elenco completo, ma insomma tutti i Paesi investono di più. C’è un altro punto: noi siamo specialisti nell’intervento, magari consistente, ma episodico e soprattutto provocato da qualche guaio improvviso. La richiesta di tutti coloro che si occupano di queste cose è invece di garantire un flusso regolare di denari. Roberto Cecchi, commissario per l’area archeologica di Roma e Ostia antica: «Non si tratta di spendere grandi cifre una volta ogni tanto, ma di creare un sistema di manutenzione ordinaria e costante di tutti i monumenti. Senza fretta ma anche senza sosta».
• E i commissari?
Come lei sa, io non sono contrario ai commissari e al cosiddetto “sistema Bertolaso”. I commissari potrebbero essere un modo per tagliare gli infiniti passaggi burocratici e le resistenze di tutti quelli che, da qualunque movimento o cambiamento, hanno paura di rimetterci. la ragione per cui anche Zeri temeva come la peste l’ingresso delle Regioni nella gestione dei Beni culturali: «Sarebbe un disastro totale, lasciare i nostri tesori alle Regioni, alle Province o ai Comuni darebbe il via a nuovi carrozzoni, a nuovi sprechi di denaro, all’affossamento di quella che è la nostra, vera Cultura». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/4/2010]
(leggi)