Giorgio Meda, Il Riformista 1/4/2010, 1 aprile 2010
IL PALLONE A MILANO SENZA I MILIONI DI SILVIO E MORATTI NON C’ FUTURO
Milan e Inter si avviano alla prossima campagna acquisti con presupposti patrimoniali, in termini di incassi delle rispettive holding, radicalmente differenti. Fininvest, cui fa capo la società rossonera, si appresta a incassare le (laute) cedole che saranno messe in pagamento da Mediaset (0,22 euro per azione) e Mediolanum. Mentre Mondadori, che al pari di Fininvest è guidata da Marina Berlusconi, pur avendo chiuso l’anno con un piccolo utile ha deciso di non distribuire la cedola. Nel dettaglio Fininvest incasserà dalle due società dividendi per circa 266 milioni di euro complessivi. Nel dettaglio 166 milioni arriveranno da Mediolanum, di cui Fininvest controlla il 35 per cento, mentre altri 100 scarsi gungeranno via Mediaset, controllata al 38 per cento da Fininvest.
Situazione antitetica per la Saras di Massimo Moratti che ha chiuso il 2009 con una perdita di 54,5 milioni di euro e che, conseguentemente, ha deciso di non distribuire cedole a valere sul bilancio dell’anno scorso. Il presidente dell’Inter Massimo Moratti dovrà quindi affrontare la prossima campagna acquisti senza il supporto della cedola della compagnia petrolifera di famiglia, che in passato è si è potuta permettere gli eccessi nel calciomercato per cui l’Inter è ormai nota anche al di fuori dei confini nazionali.
Prospetticamente nessuna delle due società sembra essersi attrezzata per affrancarsi definitivamente dal mecenatismo della proprietà. Il Milan con la cessione di Kakà, e forse con il sacrificio di Pato alla fine della stagione, ha invertito le tendenza in termini di spese, ma non ha contribuito a incrementare i ricavi. La sensazione è che il club rossonero, prima di altri, abbia voluto mettersi in scia al programma di etica finanziaria per il calcio che Michel Platini, numero uno dell’Uefa, predica da anni. Un piano che potrebbe vedere la luce proprio ora che i maggiori club inglesi stanno conoscendo i morsi della crisi e quelli spagnoli, da sempre fra i più ricchi d’Europa, dall’anno prossimo dovranno fare a meno della fiscalità di vantaggio che li ha favoriti fino ad oggi.
Lo sviluppo di Milan e Inter è penalizzato dalla mancanza di uno stadio di proprietà. Paradossalmente è San Siro, vissuto come un feticcio cui nessuno vuol rinunciare, a impedire la svolta dei due club. Né Moratti né l’amministratore delegato rossonero Galliani vogliono abbandonare il Meazza. Nonostante si tratti di uno stadio storico, un palcoscenico simile al Bernabeu, è indiscutibilmente vecchio, scomodo e mal servito dai mezzi pubblici. Inoltre ha una manutenzione molto costosa, anche a causa dell’età della struttura.
La demolizione di uno stadio storico è un tabù solo per gli italiani. Wembley è stato demolito e ricostruito senza che nessuno battesse ciglio. Tra l’altro Milano è piena di aree industriali dismesse in cerca di una destinazione, mentre San Siro si erge in una zona residenziale di gran pregio sulla quale più volte i costruttori hanno messo gli occhi. Da tempo sono in atto manovre per la demolizione del vicino galoppatoio, finite nel nulla per l’opposizione della tutela urbanistica. L’area occupata dallo stadio potrebbe essere riconvertita in un progetto immobiliare di lusso.
Tra l’altro in ambienti milanesi si nota come entrambe le società siano in una condizione unica sia dal punto di vista sportivo che politico. L’Inter di Moratti in questo momento è la squadra più forte d’Italia, dove ha uno score di vittorie consecutive che non si vedeva da decenni, e d’Europa. La moglie di Massimo Moratti, Milly, siede in consiglio comunale, sul banco dell’oppozione, mentre la cognata Letizia è il sindaco della città. Ancora più rosea la situazione per il Milan, visto che sia il Comune sia la Provincia sia la Regione sono governate dal centrodestra che fa capo a Silvio Berlusconi. Se Inter e Milan non hanno ancora messo in cantiere il progetto stadio, i due club non possono certo appellarsi a problemi ambientali.