ALBERTO STATERA, la Repubblica 1/4/2010, 1 aprile 2010
IL FEDERALISMO AUTOSTRADALE DEI LUMBARD I RAGAZZI DI BOSSI FANNO CASSA CON I CASELLI
Cosa c´è di meglio di una banca per fare cassa e quindi potere? Un´autostrada. Non era un mistero glorioso per la Democrazia Cristiana l´aureo fluire cash quotidiano dei pedaggi autostradali. E da oggi non lo è per la Lega Nord, che a 355 sindaci e 14 presidenti di provincia aggiunge due presidenti di regioni pesanti come il Veneto e il Piemonte, percorse da un cuore che pompa in un sistema sanguigno fatto, per l´appunto, di banche e di autostrade. Così con il «federalismo bancario» incede il «federalismo autostradale», che naturalmente ha un´autostrada davanti.
Luca Zaia e Roberto Cota, i due bravi ragazzi quarantenni che hanno espugnato lunedì il cuore economico d´Italia annunciano che su tasse, sanità e scuola con loro si cambia tutto. Non c´è da dubitarne. Ma, allevati bene in un partito che tra l´altro ha messo su una scuola di formazione politica in un ex convento benedettino di Padova sul modello delle Frattocchie di comunista memoria, sanno che per tenerlo, il potere va accudito come un neonato che deve crescere in fretta, nutrito di cure e di attenzioni costose.
Già la settimana scorsa, prima della celebrazione dei fasti elettorali di lunedì avevamo qui dato conto dell´Opa di fatto della Lega, assistita da Giulio Tremonti che lavora sulla sua futura premiership, sul sistema bancario pubblico-privato che ruota intorno alle Fondazioni, quei Frankenstein (copyright Giuliano Amato, che pure si fregia giustamente del titolo di disboscatore della «foresta pietrificata del credito») i cui amministratori vengono nominati in gran parte dai politici che controllano il territorio.
Umberto Bossi, come sempre, aveva reso plasticamente la questione proclamando: «Devono cacciare i soldi!» Ma la partita che si è subito aperta tra Zaia, Unicredit e Intesa San Paolo, che ha costretto martedì Alessandro Profumo e Giovanni Bazoli a piantare i loro paletti rispetto alla conclamata invadenza della nuova politica vincente, ha subito fatto un salto di qualità allargando l´editto imperiale leghista dalle banche alle società di gestione autostradale che, come le fondazioni bancarie, allineano in alcuni casi tra i loro azionisti di peso gli enti locali controllati dalla Lega: comuni, province e adesso anche regioni. «Vogliamo governare queste realtà in prima persona», ha detto papale papale Dario Fruscio, ex senatore, consigliere dell´Eni, commercialista e economista di fiducia di Bossi, che governa l´economia leghista al fianco di Giancarlo Giorgetti.
Nella partita autostradale e non solo, l´interlocutore principale della campagna economica leghista è Fabrizio Palenzona, grande ircocervo (mitico animale di dubbia specie), al di là dell´1,90 di altezza e dei 150 chili di peso corporeo. Un po´ politico, un po´ commerciante, un po´ industriale e un po´ banchiere, nato a Novi Ligure, ma soprattutto nella diccì di Carlo Donat Cattin, ex fedele dell´ex governatore della Banca d´Italia Antonio Fazio, titolare di undici conti correnti esteri in alcuni dei quali sarebbero transitati, secondo le inchieste, fondi dell´ex furbettone del quartierino Gianpiero Fiorani, Palenzona ricopre un numero di cariche incredibile, che ci è persino difficile censire: vicepresidente di Unicredit, consigliere di Mediobanca, dove si dice che al prossimo giro voglia fare il Geronzi del secondo decennio del secolo, presidente della Fai, che raggruppa i padroni dei Tir e chissà di che altro. Ma soprattutto Palenzona è presidente dell´Aiscat, la società dei concessionari di autostrade, dove lo volle il suo predecessore Giancarlo Elia Valori, altro antico democristiano sopravvissuto ai tempi dell´Italstat e di Ettore Bernabei. Palenzona è uomo di mondo, dialoga con Tremonti e con i ragazzoni economici leghisti che il ministro alleva con cura. E calca quotidianamente le scene dell´alta finanza in piazzetta Cuccia e nelle sedi torinesi degli ex poteri forti locali.
Ma il federalismo autostradale che è nel carnet della Lega nuova padrona del nord d´Italia deve produrgli qualche mal di testa. Inventato da Giancarlo Galan con la realizzazione del passante di Mestre, assegnato a una società mista Regione-Anas, il federalismo autostradale rischia di svilupparsi sull´asse autostradale Est - Ovest, assai ricca di pedaggi, con utili ripartiti tra Stato e Regioni, invece che con i soci privati. La Regione Veneto ha anche la Venezia Padova, ricca di pedaggi, poi c´è la Sias di Gavio, le autostrade Benetton, la Brescia-Padova, le Autovie Venete fino a Trieste, che convogliano il traffico di mezza Europa e stanno realizzando la terza corsia con investimenti per centinaia di milioni di euro. Gli amministratori leghisti già dicono la loro, a cominciare dal sindaco di Verona Flavio Tosi. Ma se dovesse passare veramente il federalismo autostradale su altre concessionarie Est-Ovest con società miste a partecipazione regionale, sarebbe un disastro per gli azionisti privati e significherebbe consegnare alla Lega una delle cassaforti principali del Nord.
Basta, se vogliamo, prendere il caso Renzo Gambari, un signore che è azionista al 24 per cento dell´autostrada Serenissima, produttrice di "bei schei", come dicono qui. Quel 24 per cento è depositato nelle mani di Mediobanca, perché l´azionista è indebitato. Chi prenderà il suo posto? I ragazzoni quarantenni della Lega assurti a ruoli istituzionali regionali sono smaliziati, hanno scoperto che per mettere in mora i salotti buoni milanesi e romani non serve poi una laurea alla Bocconi. Anzi. Basta porsi da pari a pari con un vecchio potere autoreferenziale, sia che si tratti di banche, sia di autostrade. Poi, statene certi, verranno gli aeroporti, le centrali, i circoli degli scacchi, visto che al nord non ci sono i circoli sul Tevere.
Resta il tragico tema italico delle correnti, che non risparmiano neanche i leghisti. Soltanto per stare alle autostrade registreremo, da bravi cronisti, una certa tensione tra Attilio Shneck, presidente della provincia di Vicenza, e Manuela Dal Lago, pasionaria leghista. Tutti e due vogliono la presidenza dell´autostrada Brescia-Padova. Vinca il migliore.
Capite adesso perché Ilvo Diamanti dice che Zaia, Cota e tutti i leghisti che hanno vinto le elezioni di domenica non faranno mai la secessione? E che il partito leghista di governo prevale ormai sul partito di lotta? Si sono accorti che funziona meglio il modello diccì. E, se volete, piccì.