Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 01 Giovedì calendario

Umarov Doku

• (Dokka) Kharsenoi (Russia) 13 aprile 1964. Comandante dei ribelli ceceni, leader autoproclamato dell’Emirato del Caucaso del Nord • «Lo hanno dato per morto tante di quelle volte che nessuno è più capace di tenere il conto. Ucciso in battaglia al confine con la Georgia, saltato su una mina mentre cercava di attraversare un fiume nel Daghestan, finito a colpi di pistola dopo un’operazione dell’antiterrorismo [...] anni fa circolava persino la voce che le squadre speciali avessero trovato la sua tomba. Ma [...] ha sempre trovato la strada per tornare dall’inferno. E lo ha fatto come gli hanno insegnato i vecchi compagni di lotta, Shamil Basayev e Ruslan Gelaev, i vecchi leader della milizia islamica già finiti al paradiso dei mujaheddin. [...] Si trova alla testa dei ribelli dal 2005. uno dei pochi comandanti sopravvissuti alle due guerre contro Mosca, quella che Boris Yeltsin ha perso alla fine degli anni Novanta e quella che Putin pensava di avere vinto una volta per tutte quando è salito al Cremlino. Per mettergli fretta, per convincerlo alla resa, il presidente ceceno, Ramzan Kadyrov, ha fatto arrestare a turno tutti i suoi parenti. Si è parlato anche di un video che mostra la moglie, il padre, i figli e i fratelli violentati da alcuni uomini con il passamontagna. Umarov è considerato l’emiro del Caucaso, ma la sua formazione non è religiosa. ”Prima di diventare un ribelle non sapevo neanche pregare”, ha spiegato in un’intervista a Radio Free Europe. Umarov dice di essere un patriota che ha preso il fucile quando lo scontro è divenuto inevitabile. Appartiene alla dottrina sufi, augura ai ceceni che non hanno combattuto degnamente di ”bruciare all’inferno”, ma ritiene che le tecniche usate dai wahabiti siano troppo violente e non portino alcun vantaggio alla causa del suo popolo. Per questo, anni fa, ha criticato l’attacco alla scuola di Beslan e quello al teatro di Mosca. Questo non fa di lui un nobile della guerra. Secondo i Servizi russi, Umarov è fuggito dalla Cecenia nel 2003, quando la stretta del Cremlino su questa regione è diventata più consistente, ed è fuggito in Georgia. Ha preparato il ritorno per due anni, addestrando trecento uomini nelle gole di Pankisi. All’inizio del 2009, il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha annunciato la fine delle operazioni militari in Cecenia. Da allora gli attacchi nella regione si sono moltiplicati. Il comandante ha ricostruito un battaglione di aspiranti suicidi, il Riyadus Salikhiyn (Giardino dei martiri), che [...] decine di uomini, giovani di vent’anni addestrati per diventare martiri nelle strade della Cecenia e del Daghestan [...]» (’Il Foglio” 18 agosto 2009).