"Veleni di Stato" di Gianluca Di Feo, Rizzoli (Bur) 2009 10,50, 1 aprile 2010
Veleni di Stato di Gianluca Di Feo, Rizzoli (Bur) 2009 10,50 SADDAM Nel 2003 quando gli americani si misero a cercare tra i palazzi di Saddam Hussein documenti e prove che dimostrassero l’esistenza di armi di distruzione di massa, trovarono un dossier sui prototipi di nuovi proiettili, granate e razzi in grado di contenere gas tossici letali
Veleni di Stato di Gianluca Di Feo, Rizzoli (Bur) 2009 10,50 SADDAM Nel 2003 quando gli americani si misero a cercare tra i palazzi di Saddam Hussein documenti e prove che dimostrassero l’esistenza di armi di distruzione di massa, trovarono un dossier sui prototipi di nuovi proiettili, granate e razzi in grado di contenere gas tossici letali. Erano armi progettate e testate a Colleferro, a pochi chilometri a sud di Roma, all’inizio degli anni Ottanta. CHIMICA Secondo i servizi segreti britannici tra il 1935 e il 1945 sono state prodotte ogni anno in Italia tra le 12.500 e le 23.500 tonnellate di armi chimiche. Il piano lanciato da Mussolini all’inizio della Seconda guerra mondiale prevedeva la costruzione di 46 impianti per distillare 30 mila tonnellate di gas all’anno. GAS L’iprite che divora la pelle e uccide togliendo il respiro. Il fosgene che ammazza provocando emorragie nei polmoni. La cloropicina che acceca immediatamente e paralizza i polmoni. L’arsine che, attraverso il respiro, entra nel sangue e distrugge i globuli rossi ecc. NUBI Fino al 1997 tutti i governi italiani hanno negato la presenza di armi chimiche sul territorio nazionale. Nel 1985 Andreotti lo ha ribadito davanti alle Camere. Poi nel gennaio 1996 una nube di gas è fuoriuscita da un bunker sul Lago di Vico, vicino Viterbo, ha raggiunto la strada e ha ucciso un ciclista che stava passando di lì. Si è scoperto che in quel bunker l’esercito aveva messo da parte 150 tonnellate di iprite mescolata con arsenico, mille tonnellate di adamsite e oltre 40 mila proiettili di tutti i calibri. CARRO ARMATO Il carro armato sparagas utilizzato dagli italiani in Libia. Era un Fiat Ansaldo L-3/35, detto la «scatola di sardine». Al posto delle armi era stato installato un sistema per diffondere vapori soffocanti, con una riserva di sostanze agganciate in un traino. PIOGGIA «Era la mattina del 23 dicembre 1935 quando comparvero nel cielo alcuni aeroplani. Il fatto non ci allarmò troppo perché ormai ci eravamo abituati ai bombardamenti. Quel mattino però non lanciarono bombe ma strani fusti che si rompevano appena toccavano il suolo e proiettavano intorno un liquido incolore. Prima che mi rendessi conto di ciò che stava accadendo, centinaia di miei uomini urlavano per il dolore, mentre i loro piedi, le loro mani, i loro visi si coprivano di vesciche. Fra i colpiti c’erano anche dei contadini e gente dei villaggi vicini. Intanto i miei sottocapi mi avevano circondato e mi chiedevano consiglio. Io ero stordito, non sapevo come combattere questa pioggia che bruciava e uccideva» (il ras Immirù racconta a Angelo Del Boca l’attacco con armi chimiche da parte degli italiani in Etiopia). MALARIA Tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 un nucleo di scienziati al servizio di Heinrich Himmler ricostruì artificialmente il virus della malaria. Dopodiché lo scatenò nelle province di Latina e Caserta, dove le truppe americane cominciarono a ammalarsi e morire. stato l’unico episodio di guerra batteriologica mai attuata in Europa. AGLIO L’incidente al porto di Bari, il 2 dicembre 1943. Lo scalo era usato dagli Alleati per rifornire di armi e carburante le truppe e la flotta aerea, la 15ma Air Force. Quella notte i bombardieri tedeschi attaccarono e in meno di un’ora affondarono diciasette navi, ne danneggiarono gravemente altre otto. Morirono più di mille soldati. Centinaia di superstiti, tra militari e civili, subito dopo le esplosioni sentirono una forte puzza d’aglio, cominciarono a respirare con difficoltà e a perdere la vista. Si stava diffondendo l’iprite, presente in una delle navi distrutte, la John Harvey. Il disastro fu tenuto nascosto da tutti, Winston Churchill in persona ordinò di tacere, i corpi dei soldati intossicati per anni sono stati studiati negli Usa e in Gran Bretagna. 2015 Per eliminare tutte le armi chimiche italiane gli ingegneri militari hanno creato un impianto che frantuma le molecole e imprigiona le scorie velenose in cilindri di cemento. Al momento questi cilindri sono accatastati nella base militare di Civitavecchia. L’operazione di bonifica è iniziata nel 1993, dovrebbe finire nel 2015.