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 2010  aprile 01 Giovedì calendario

AL PD NON PIACE LA GNOCCA

I primi a lamentarsene sono stati i diretti interessati. Figurarsi se i leader del Pd laziale, dopo avere archiviato il dramma Piero Marrazzo, si sarebbero augurati di avere nel nuovo consiglio regionale un gruppo come quello benedetto dalle urne.
Tredici eletti, meno delle attese. Ma soprattutto tutti uomini.
Alle riunioni di gruppo nei prossimi cinque anni non apparirà nemmeno una signora, e sai le malelingue...
Non che il Pd si fosse scordato le quote rosa: in lista di donne ce n’erano a iosa, anche con un blasonato cursus honorum. Impallinate tutte però dall’elettorato di sinistra. Che nel Lazio deve avere pensato che già una Emma Bonino alla guida fosse difficile da digerire (e infatti l’ha bocciata), così ha scelto di impallinare tutte le altre candidate.
Tutti maschi gli eletti del Pd nel Lazio e si pensi che la destra estrema, quella di Roberto Fiore, mai balzata alle cronache per la sua indole femminista, è stata bloccata dalla Corte di appello in questa corsa elettorale perché aveva messo in lista più donne che uomini, discriminando il genere maschile. Un mondo capovolto.
E non è caso isolato: è andata così anche nelle altre regioni. Con il ritorno delle preferenze gli elettori di sinistra in tutta Italia hanno infilato per la prima volta nell’urna una vera scelta da ”macho”. Roba da elettorato leghista (che invece ha mostrato di gradire le signore), è invece è un marchio da sinistra sessista che nessuno avrebbe mai immaginato.
ROBA DA WWF
Sono 163 gli uomini mandati dai tifosi del Pd nei vari consigli regionali, e sull’altro piatto della bilancia ci sono solo 23 donne elette. Il 14,11% dei maschietti, una percentuale da Wwf. Basta confrontarla con la scelta dell’elettorato PdL, che non ha mai fatto della parità sessista degli eletti una bandiera: 190 uomini portati in consiglio, insieme a 39 donne. La percentuale è quasi doppia rispetto alle scelte dell’elettorato Pd: le signore sono il 20,5% dei maschietti eletti. Per capire la differenza di umori fra i due copri elettorali basta guardare il caso Campania. In quella Regione si è fatta una legge particolarmente attenta alle quote rosa. Una norma stabiliva che in lista nessuno potesse riservare posti per più di due terzi a un solo genere. Agli elettori era consentito invece
di esprimere nell’urna due preferenze invece che una (come nelle altre regioni), con il solo vincolo di scegliere un uomo e una donna. Tutto per allargare le quota rosa in Consiglio. Operazione che ha toccato il cuore degli elettori Pdl: Mara Carfagna la più votata in Italia, e in consiglio 13 uomini e 8 donne (il 61,5% dei maschi).
IL CASO BASILICATA
Operazione naufragata invece presso l’elettorato del Pd: eletti 11 uomini e solo 3 donne (il 27,3% dei maschietti).
Altrove i due elettorati sono andati a braccetto escludendo il genere femminile dal panorama politico di un’intera Regione. accaduto in Calabria, il cui consiglio sarà un collegio per soli uomini. Caso non dissimile in Basilicata: gli elettori non hanno scelto nemmeno una donna.
L’unica formalmente presente é Maria Antezza, nominata senza essere votata nel listino del presidente vincente Vito De Filippo. Ma fin dall’inizio della campagna elettorale lei aveva annunciato le sue dimissioni, che insieme a quelle di Felice Belisario (anche lui listino) avverranno fra qualche giorno consentendo il subentro di due primi esclusi nelle liste Pd e Idv: sono entrambi uomini. Anche quel consiglio regionale si trasformerà in una classe da scuola dell’obbligo anni Sessanta.
In altre tre Regioni (Veneto, Liguria e Umbria) nelle fila del Pd è stata eletta solo una donna, che rischia di fare la fine del Panda: lì a ricordare come l’estinzione sia stata evitata solo per una manciata di voti.
Ma anche dove ha vinto qualcuna in più non c’è da rallegrarsi: in Lombardia 19 uomini e 2 donne, in Puglia 20 uomini e 3 donne. Solo in Piemonte si arriva al 30% di elette, in tutte le altre regioni il Pd è ampiamente sotto quella percentuale.
Gli elettori di sinistra hanno mostrato un antifemminismo viscerale, poi qualche pezza l’hanno messa i candidati governatori con i loro listini. Non tutti, ma qualcuno ha portato con sè una squadra divisa in parti uguali fra i generi. Quella non era sottoposta al gradimento degli elettori e così qualche donna in più riuscirà grazie alla nomina ottenuta dal proprio leader ad approdare in consiglio. Ci sono donne che sono state candidate a guidare una regione.
UMBRIA DI UOMINI
L’unica nel Pd ad avercela fatta è la nuova presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini: ma nel listino con sé aveva solo uomini, i sei che sono stati nominati grazie alla sua vittoria. Bocciate presidenti e listini annessi invece in Piemonte e in Lazio dove Mercedes Bresso ed Emma Bonino sono riuscite a portare solo se stesse.
Nella misogninia generale del suo elettorato, il Pd almeno una indicazione può trovare: fra le pochissime elette, più di una brilla per un aspetto fisico piacevole, che sembra l’unica esimente nelle preferenze degli elettori di sinistra. Non sembrano proprio veline, ma il salto dalla tradizione è evidente: se proprio dobbiamo essere governati da una signora, almeno sia gnocca.
Fosca Binker, Libero 1/4/2010