NICOLA LOMBARDOZZI, la Repubblica 1/4/2010, 1 aprile 2010
IL BIN LADEN DEL CAUCASO MINACCIA MOSCA - MOSCA
L´uomo del terrore ha un viso tondo, cappellino di lana e una barbetta ispida. Siede per terra sotto a un albero, indossa una giacca mimetica e scandisce con lentezza: «Sono stato io a ordinare le stragi di Mosca. E non è finita, ne faremo ancora». Il volto di Doku Umarov, leader autoproclamato dell´Emirato del Caucaso del Nord, rimbalza sui siti e sulle tv e diventa il nuovo incubo dei cittadini di Mosca, la conferma di quello che tutti avevano già capito lunedì mattina nel sangue e nelle urla della metropolitana colpita dalle due kamikaze. Il video del terrorista ceceno, tra i più ricercati nella schiera dei ribelli al governo russo, è stato diffuso da un sito web molto vicino agli integralisti caucasici. un monologo di quasi cinque minuti, registrato lunedì pomeriggio, nel quale il sedicente emiro usa un linguaggio militaresco: «I nostri commando hanno agito in un´operazione simultanea che aveva due scopi precisi: eliminare il numero più alto possibile di infedeli e mandare i nostro saluti all´Fsb». E poi aggiunge: «Altre operazioni sono programmate per la capitale e per molte città russe».
Messaggio da brividi per chi da lunedì rivive i giorni cupi di cinque anni fa, quando la minaccia del terrorismo era diventata routine quotidiana. Già ieri mattina una delle tante notizie che arrivano da guerre lontane aveva fatto scattare allarmi, misure di sicurezza straordinarie e dichiarazioni bellicose del premier Putin e del presidente Medvedev. L´attacco è avvenuto nella città di Kizliar, famosa per le fabbriche di brandy e per i pescatori abusivi di storione, sulle rive del mar Caspio, nella repubblica ad altissimo tasso di integralismo islamico del Daghestan. Dodici morti in una doppia esplosione, prima una bomba contro una pattuglia della polizia e poi un kamikaze, travestito da agente, che si è fatto esplodere tra la folla di curiosi e soccorritori.
la conferma di una strategia che mira soprattutto alle forze dell´ordine, con il solo obiettivo di cacciare la presenza russa e realizzare il sogno di un emirato islamico nei territori di Daghestan, Cecenia, Kabardino-Balkaria, Circassia. Un mosaico incredibile di etnie, lingue e tradizioni unificate negli ultimi tempi da una forte propaganda islamica, sostenuta anche da organizzazioni terroristiche internazionali e perfino da Al Qaeda. Putin, che da lunedì lascia capire che presto arriverà una reazione forte del governo, ha subito collegato i fatti del Daghestan alle stragi di Mosca: «Non escludo che sia opera degli stessi banditi». Medvedev ha cercato di rincuorare la gente promettendo che «non lasceremo che una banda di criminali semini il panico nel nostro popolo».
Ma sono parole che non bastano da sole a risollevare il morale dei moscoviti. Si vede nelle facce tese nei corridoi della metropolitana, perfino nelle strade del centro dove le folle che avevano salutato la fine del gelo e l´arrivo della primavera sono gradualmente diminuite dopo le bombe di lunedì. E le tensioni si trasformano in gesti inconsulti. Ieri la veterana dei dissidenti Ljudmila Alekseeva, 83 anni, che aveva rinunciato alla mensile manifestazione di protesta contro il governo è stata aggredita e malmenata da un energumeno sulla piazza della Lubjanka dove voleva portare fiori in memoria delle vittime. La signora, come tutti gli oppositori al governo è stata accusata di non volere il bene della Russia e di aiutare di fatto il nemico.
E il ritorno agli anni più bui sembra annunciato da un´altra misura che il governo starebbe per prendere. Da una rimessa di Stavropol starebbero per tornare in scena i quattro treni blindati che furono uno dei simboli fotografici della luttuosa guerra di Cecenia. Treni corazzati, dotati di batterie di artiglieria e dispositivi antibomba, ricostruiti sullo schema di altri treni utilizzati nella guerra civile e poi nelle seconda guerra mondiale dopo l´invasione nazista. Insomma un simbolo anche visivo che la guerra è ricominciata. E non sarà breve.