Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il trionfo di Sanremo
Come ogni anno, ci viene chiesto di ragionare su Sanremo, specie dopo il successo-monstre della prima serata.
• Non per giudicare le canzoni in gara.
Certo che no, ci intendiamo poco di canzoni. E poi è opinione comune che al Festival le canzoni siano sempre meno importanti, nonostante Baglioni vada ripetendo che ha riportato al centro della manifestazione la musica. Partiamo dai numeri, che sono una certezza. La prima puntata di martedì è stata un trionfo: ha registrato una media di 11 milioni 600 mila telespettatori con uno share medio del 52,1%, un risultato che migliora quello già ottimo dello scorso anno, quando Carlo Conti e Maria De Filippi ottennero il 50,4% di share. È il record degli ultimi tredici anni, dal 2005 non si registravano numeri così alti.
• Eh, ma c’era Fiorello…
Già, come ha scritto Aldo Grasso «a iniziare il Festival con lui sono capaci tutti. Basta la sua presenza perché ogni cosa sia illuminata, persino il vecchio teatro Ariston». Stamattina alle 10, quando usciranno i dati d’ascolto, capiremo se la seconda serata ha perso spettatori o meno. Un calo di ascolti sembra inevitabile. C’è anche la possibilità che Rosario torni per la serata finale di sabato, insieme a Laura Pausini. Martedì Fiorello sul palco dell’Ariston è stato una forza della natura, ha unito professionismo e improvvisazione, è stato intelligente e popolare come solo i grandi artisti sanno essere. E si è permesso di adoperare Baglioni come spalla comica. Da parte sua il direttore artistico (o il «dittatore artistico», come si autodefinisce scherzando) sembra meno rigido e impacciato di quanto si potesse pensare. Poi può contare su Michelle Hunziker, una garanzia alla conduzione, e su un sorprendente Favino, che sta mostrando doti canore nascoste. Ad animare la serata, infine, ci ha pensato il caso del brano di Fabrizio Moro ed Ermal Meta, Non mi avete fatto niente
, il cui ritornello è di fatto identico a una canzone presentata due anni fa nella sezione giovani. C’è da dire che uno degli autori delle due canzoni è lo stesso e che il regolamento dice che non è vietato usare stralci di altri brani fino a un massimo del 30% del testo totale. Comunque ieri sera Moro e Meta non hanno cantato e oggi sapremo se la sospensione si trasformerà in espulsione o no.
• A parte i dettagli di cronaca, questo Festival ci sta piacendo?
È il Festival perfetto per questa confusa fase pre-elettorale: moderato e garbato, alla Gentiloni. Tradizionalista come pretende il pubblico di Raiuno, ma con una quota di giovani sufficiente a catturare il popolo dei social. Con spirito direi democristiano, Baglioni ha messo insieme i Kolors e Ornella Vanoni, i Pooh (seppur divisi) che cantano il tempo che passa e lo Stato Sociale che, scherzando, denuncia la precarietà delle nuove generazioni. Uno spettacolo rassicurante, senza grandi contrasti, né troppo bello né troppo brutto. E poi, a fare sostanza, ci sono i grandi ospiti, da Sting ad Antonacci, e gli omaggi al passato, come quello che Il Volo ha fatto a Sergio Endrigo, vincitore dell’edizione di cinquant’anni fa.
• Se posso fare un appunto, non trova che lo show duri troppo?
Quattro ore e mezza a serata per l’esattezza, il che rende ancora più straordinario lo share così alto. Continuando con questa media il Sanremo di Baglioni supererà anche quello di Conti del 2017 che, secondo i calcoli di Alberto Mattioli, è stato il secondo show più lungo della storia dell’umanità, dopo il Ka MOUNTain and GUARDenia Terrace realizzato da Bob Wilson nel 1972 sui monti dell’Iran e che durava 168 ore spalmate su sette giorni. Partecipano a questo campionato anche il Faust di Goethe messo in scena da Peter Stein a Berlino nel 2000 (22 ore in due giorni) e il Padiglione delle Peonie riesumato da Chen Shi-zeng nel 1999, un classico del teatro cinese che dura venti ore.
• Mi chiedo perché Sanremo abbia ancora così tanto successo.
Non certo per le canzonette, che in televisione tirano molto poco. Sanremo ha successo perché ha alle spalle 68 anni di vita e appartiene alla tradizione italiana più profonda, quella del canto. Ha creato personaggi di caratura mondiale e lanciato motivi di successo apparentemente eterno, come Volare
, cioè Nel blu dipinto di blu
(1958). Modugno, Mina, Celentano, Milva, Morandi, Gino Paoli eccetera eccetera: vengono tutti da lì. La prima edizione è del 1951. Tutte le canzoni, il primo anno, erano interpretate da due soli cantanti, Nilla Pizzi e Achille Togliani, aiutati dal duo Fasano e diretti dal maestro Cinico Angelini. Presentava Nunzio Filogamo, trasmetteva la radio. La televisione non esisteva. Il pubblico di Sanremo, che adesso è anziano, a quell’epoca era bambino e il giorno dopo canticchiava facilmente Papaveri e papere
o Vecchio scarpone
. Nel ’53 i giornali avevano già 60 inviati sul posto. Nel ’60 uno degli inviati era Oriana Fallaci. La trasformazione di quel festival povero e romantico in quello di adesso che può anche parlare di violenza sulle donne, terrorismo e sesso è parallela al cambiamento del paese e alla trasformazione dei bambini di allora nei poveri vecchietti che oggi gonfiano lo share. Come vuole che una cosa che sta con questa forza nel ventre del paese abbia poco successo? Basta farla come va fatta e l’applauso è garantito.
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