Libero, 8 febbraio 2018
È incivile anche tenere in cella il nigeriano se non ha ucciso
Le notizie che stiamo per darvi potrebbero rivelarsi dirompenti, anche perché ci sono molti giornali in particolare nel centrodestra che hanno mostrato di non conoscerle affatto.
La prima notizia è che in questo Paese, per accertare responsabilità penali che comportino anni di galera, esiste un istituto che si chiama processo: è fatto apposta, spesso dura troppo (da noi) ma prima della sua conclusione non c’è niente di definitivo, anzi di «giudicato». In caso di evidenti prove di un delitto, però, e della possibilità che il sospettato possa compierne un altro o scappare via, esistono altre misure tipo il carcere preventivo (vecchio nome) che ora si chiama custodia cautelare: se hai seri motivi di credere, per esempio, che uno spacciatore nigeriano immigrato (senza permesso di soggiorno, peraltro) abbia ucciso e fatto a pezzi una ragazza, è meglio tenerlo in gattabuia sinché sarà possibile, in attesa che il processo cominci. La galera che si farà nel frattempo, tanto, gli sarà scontata dalla probabile condanna finale.
Un’altra notizia dirompente proseguendo è che l’opzione del carcere, preventivo o definitivo che sia, dipende dal reato: in uno scenario che è comunque di orrore, per esempio, un conto è se uno spacciatore nigeriano ammazza una ragazza e poi la fa in piccoli pezzi che rinchiude in due valigie, un altro conto è se invece non la uccide e si limita a fare il resto. Essere un assassino oppure non esserlo questo il succo della notizia non è la stessa cosa, e induce a comportamenti pre-processuali differenti persino in un periodo elettorale come questo.
Insomma, se la 18enne di Macerata l’ha ammazzata un’overdose di eroina o un essere umano, beh, non è la stessa cosa, e lo stato dell’arte pare proprio questo: che questo non si sa ancora, cosicché sappiamo che il nigeriano è in stato di fermo per l’accusa di vilipendio e occultamento di cadavere, ma non sappiamo se sia anche un assassino e perciò, in attesa del processo, dalla galera preventiva potrebbe anche uscire, prima o poi.
Per ora è dentro, perché c’è molto da capire: infatti il sezionamento della povera ragazza, Pamela, sembra un lavoro da professionisti (peraltro mancano delle parti organiche) e c’è da comprendere l’eventuale ruolo di altre persone, tipo un altro spacciatore nigeriano. Poi ci sarà il difficile lavoro di ricognizione scientifica sul cadavere, o meglio sui pezzi disponibili.
Insomma, è complicato: ma se andate di fretta, e volete liquidare la questione, non c’è problema. Basta leggere qualche giornale molto vicino al centrodestra o ascoltare direttamente qualche politico della stessa area, gente che sembra possedere elementi di certezza che noi e gli inquirenti non abbiamo, gente che in questo periodo si occupa più che altro della vostra «percezione».
Oppure opzione che sconsigliamo caldamente potete fare come Luca Traini e decidere d’impulso secondo una tavolozza dei colori.
Da parte nostra, forti delle notizie che vi abbiamo fornito, ci resta una modesta certezza. Spaccio di droga con precedenti, immigrazione irregolare, vilipendio e occultamento di cadavere, assassinio: il nigeriano Innocent Oseghale è sicuramente responsabile di uno o alcuni di questi reati, non sappiamo quanto incrociati tra loro, e la morale di questa favola dell’orrore ovunque egli si trovi è che i carabinieri dovranno andare a prenderlo. Non sappiamo dove il nigeriano sarà tra qualche tempo: ma sappiamo sicuramente, la scorsa settimana, dove non doveva essere.