La Gazzetta dello Sport, 8 febbraio 2018
Ronaldo (il Fenomeno) parla di Icardi, Juventus e scudetto in una bella intervista
Un flash di vent’anni fa più o meno: alla Pinetina era appena finito un allenamento, e a quell’epoca si potevano ancora vedere, e con i giocatori si poteva ancora chiacchierare anche sul posto di lavoro. L’abbiamo ricordato ieri a Ronaldo, riguardando scorrere certe immagini di allora che sono sempre un tuffo al cuore. Anche per lui. Il Fenomeno aveva rimosso cosa ci disse quel giorno, perché troppa strada e troppi tacchetti sono passati sotto i suoi piedi, da quei tempi in cui aveva ancora i pensieri semplici di un ragazzo poco più che ventenne: «Io voglio bene a tutte le scarpe che uso, ma a queste di più: sono così leggere che mi sembra di giocare a piedi nudi sulla sabbia, come faccio in Brasile». Ci disse più o meno così e «queste» erano le scarpe che aveva inaugurato al Mondiale ‘98 segnando un gol al Marocco, e stava indossando a Milano: per scrivere con l’Inter altri capitoli di una storia fatta di gioie ma anche illusioni, decolli e atterraggi turbolenti, moltiplicando nei tifosi orgoglio e peso di essere interisti. Ad altri (giocatori e tifosi) succede ancora esattamente lo stesso, vent’anni dopo.
Perche l’Inter fa ancora così fatica, Ronaldo?
«Perché è “pazza”, no? Scherzi a parte: bisogna essere dentro le cose per valutare, ma a vedere il campionato da fuori sembrava davvero l’anno giusto. I tifosi per un po’ si sono divertiti – anche se loro vogliono anzitutto i risultati – e io ero supercontento di come andavano le cose».
L’anno giusto per cosa?
«Non per vincere lo scudetto, ma per tornare almeno in Champions, questo sì».
Sembrava l’anno giusto vuol dire che non lo è già più?
«Non scherziamo: rispetto agli anni passati l’Inter è migliorata e migliorerà ancora, dunque deve, dico deve, fare di tutto per tornare in Champions. Manca da troppo tempo ed è un passo necessario per rilanciarsi. In Italia e soprattutto in Europa. Necessario quest’anno, se possibile: rinviare ancora sarebbe una brutta frenata. Ma la classifica e la logica dicono che c’è tempo: la stagione è ancora lunga».
Chi meglio di lei può parlare di un centravanti dell’Inter, Icardi, che piace al Real Madrid?
«Io sono convinto che Icardi stia bene all’Inter, come sono stato bene io anche se ho sofferto tanto per gli infortuni e l’addio non fu quello che desideravo. Però, nonostante non sappia molto di mercato, credo che Icardi lo vogliano in tanti: andare al Real è un sogno per qualsiasi giocatore, non so per lui».
Si aspettava di più da Spalletti?
«Non si può ogni volta, ogni anno, mettere in discussione tutto: i giocatori, l’allenatore. Ad un progetto bisogna credere, bisogna dargli il tempo di funzionare. Quello che l’Inter ha fatto nei primi due mesi non poteva essere casuale: dicevano tutti che il miglior acquisto dell’Inter era stato Spalletti, no? Piuttosto, sono d’accordo con quello che ha detto il “mio” presidente Moratti: se è bravo come sicuramente è, adesso sta anzitutto a lui trovare la chiave per riportare certi giocatori – senza far nomi – a certi rendimenti, che di sicuro non sono più gli stessi. Anche cambiando qualcosa, se necessario».
A proposito di acquisti, e di Moratti: deluso dalla gestione Suning?
«Il discorso fair play finanziario è molto delicato e il calcio senza regole morirebbe. Però, se il progetto di ripartenza dell’Inter doveva passare da un risanamento con limiti molto rigidi, forse era necessario spiegarlo con più chiarezza. Senza illudere i tifosi».
Anche il Milan sta vivendo un momento difficile.
«Ancora più difficile, direi. Ma del club dei miei tempi praticamente non è rimasto nessuno, sbaglierei a giudicare senza sapere».
Però è rimasto, anzi è tornato, uno che conosce bene: Gattuso.
«E lui conosce bene il Milan perché ci è cresciuto, conosce la storia del club. Un uomo come lui, il suo modo di motivare, può essere l’ideale per un ambiente in difficoltà: perché lo scuote, lo ribalta, gli fa vivere il calcio come lo vive lui. Allenarsi con lui era impressionante. E mi pare che qualche risultato si stia già vedendo».
A proposito di allenatori con i quali si è allenato, e che dunque conosce bene: come vede Di Biagio «traghettatore» della Nazionale?
«Vedo che non si sentirà solo un traghettatore: poi magari lo sarà, ma vivrà il tempo che avrà a disposizione come se dovesse preparare le partite più importanti della sua carriera. Che poi in un certo senso è così. Lo so che è una frase che si usa per un sacco di calciatori che diventano allenatori, ma Gigi lo era già quando giocava, e non lo dico perché è un amico. Capisce tanto di calcio, ha giocato in Nazionale per tanti anni: buona scommessa, gli auguro tutta la fortuna del mondo».
Però quando Di Biagio giocava, l’Italia andava al Mondiale...
«Quella sera non ero a casa, quando ho letto della mancata qualificazione mi è venuto un colpo. In Brasile ancora non ci credono, l’Italia è come una di quelle amiche che ad una festa ti aspetti sempre di incontrare. Ci si abitua a tutto, ma questa è grossa».
E infatti Buffon ha pianto come un bambino: ci si abituerà facilmente a non vederlo più in campo, quando succederà?
«Sa quanti attaccanti ha fatto piangere lui? Nessuno ha il diritto di dire “Deve continuare”, “No, meglio che smetta” e allora copio le parole che ha detto Totti quando Gigi ha compiuto quarant’anni: gli auguro di lasciare il calcio quando vorrà lui, perché lo deciderà lui».
Sa che Totti, qualche tempo fa, ha detto che uno dei rimpianti della sua carriera è non aver giocato con lei?
«Ho giocato con Baggio, Zidane, Beckham, Ronaldinho... Eh sì, mi sarebbe piaciuto poter mettere in questo elenco anche Totti: contraccambio il rimpianto, ci saremmo divertiti tutti e due, di sicuro».
Finiamo con il campionato: si diverte ancora a vedere il calcio italiano?
«Napoli-Juve di oggi è un po’ come Real-Barcellona dei miei ultimi anni nella Liga: un duello qualche gradino sopra le altre. Al Napoli ho visto giocare un calcio molto affascinante, la Juve ti schiaccia con la forza mentale, con la varietà di soluzioni. Non so come finirà, so come spero che finisca».
Lo diciamo?
«Ma sì, dai: dopo tutto questo dominio della Juve mi piacerebbe che toccasse al Napoli, anche se da tifoso dell’Inter preferirei poter dire Inter. Massimo rispetto per la Juve e per i suoi tifosi, ma se per una volta, e magari per un po’, lo scudetto andasse ad una squadra che non sia la Juve credo sarebbe una bella cosa, per il campionato italiano. Se ogni tanto non si cambia chi vince, poi ci si annoia. No?».