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 2018  febbraio 08 Giovedì calendario

Il verdetto su Sabaudia

C’è la storia d’Italia a Sabaudia, tra le dune, eriche, lentischi, ginepri, il profilo misterioso e severo del Circeo e un mare di carte bollate. Ora la Cassazione sembra aver scritto l’ultima parola nello scontro decennale tra il Comune di Sabaudia, quello di Terracina e una piccola folla di proprietari di ville – tutti noti quasi quanto la spiaggia come Francesco Totti e Giovanni Malagò, la famiglia Fendi e i Volpi di Misurata – costruite sui terreni che si supponevano demaniali, e che invece negli anni 50 erano stati ceduti ai privati. Come sia stato possibile e come sia andata questa «guerra» è ormai un tema letterario che si sposa con la storia stessa di Sabaudia.
Mussolini ne annunciò la costruzione il 5 agosto 1933, senza sapere con precisione dove sarebbe nata. Una pattuglia a cavallo dell’Opera nazionale combattenti risolse l’imbarazzo trovando adatto il luogo alle spalle del Lago di Paola e in appena 265 giorni Sabaudia venne costruita. Per la verità le maestranze sotto l’inflessibile comando del presidente dell’Opera, Valentino Orsolino Cerulli, avrebbero anche finito prima se un gerarca geloso non avesse protestato perché la torre del palazzo comunale di Sabaudia era più alta di quella di Littoria, oggi Latina. Mussolini acconsentì al rinvio, ma al di là della dedica ai Savoia, continuò sempre a preferirla a Littoria, la visitava spesso e promuoveva qui le sue adunate durante le quali celebrava «la battaglia del grano».
In realtà non c’è mai stata gara: Sabaudia e il suo avveniristico progetto firmato da Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli tutti aderenti al Movimento per l’Architettura Razionale guadagnò subito ammirazione, ispirando De Chirico. Nel dopoguerra questi ambienti incontaminati attirarono l’attenzione di chi poteva: la contessa Nathalie Volpi di Misurata, moglie di Giuseppe, fondatore del festival di Venezia nel ‘32, (la coppa Volpi è dedicata a lui) volle qui la «sua» villa. Uno storico palazzo neoclassico con colonnato palladiano, 1.400 metri quadri e un parco di molti ettari, fu ultimata dall’architetto milanese Tommaso Buzzi nel 1960. Nel 2013 fece notizia la sua messa in vendita per 20 milioni di euro. Ma è ancora invenduta. Si trova anche su immobiliare.it «trattativa riservata». In compenso è uno dei set pubblicitari più usati.
La fortuna di Sabaudia non ha mai vissuto flessioni. Moravia e Pasolini la elessero come «luogo ideale». Il cinema l’ha sempre scelta da Totò sceicco di Mario Mattioli, a La voglia matta di Luciano Salce, Amore mio aiutami di Alberto Sordi, a La villa del venerdì di Mauro Bolognini tratto da un racconto del 1990 di Alberto Moravia, fino a Il mio miglior nemico di Carlo Verdone del 2006 e Viva l’Italia diretto da Massimiliano Bruno del 2012.
È diventata il simbolo del turismo d’élite con Michelangelo Antonioni, Monica Vitti e Alberto Arbasino. Secondo la leggenda la villa di Moravia fu tirata su in una sola notte all’alba degli anni 70. Accanto alle altre. Sull’onda del successo le ville si sono moltiplicate e con gli artisti (Pino Daniele) sono arrivati i calciatori guidati da Totti, e un’infinita lamentazione sugli sbocchi a mare impediti dalle proprietà private affacciate su una spiaggia ritenuta pubblica.
Il resto, fino a oggi, sono i dolori di una modernità che non sopporta il turismo riservato ai pochi ma lo pretende di massa: traffico, abusivismo e speculazioni commerciali. I condoni dell’85, ‘94 e 2003 hanno prodotto circa 12 mila pratiche. Dieci anni fa il presidente della Riserva del Circeo parlò di oltre 3.500 abusi edilizi tra San Felice Circeo e Sabaudia, 1 milione e 200 mila metri cubi fuorilegge, violazioni residenziali e commerciali anche in spiaggia, con chioschi trasformati in ristoranti. Inviò un dossier al prefetto di Latina. Altri tempi.