il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2018
Ferrara logora chi ce l’ha
Io non so come dirlo, perché mi sa che Renzi il Fatto lo legge ancora. Però dài, pazienza. Matteo, se stai leggendo, tieniti forte, fatti coraggio e tròvati una sedia comoda, meglio una poltrona, ché certe notizie è meglio ascoltarle da seduti. Te la metto giù così nuda e cruda, senza inutili preamboli o ridicoli eufemismi per indorare la pillola, tipo quando uno muore sul colpo e ai parenti dicono che è grave in ospedale: Giuliano Ferrara vota Pd. L’ha annunciato lui stesso ieri, sul Foglio, forse per mettere sull’avviso gli sventurati destinatari del suo voto, affinché – se ci riescono – adottino le dovute precauzioni contro il suo endorsement mortale: “Non avrei mai pensato che avrei dovuto votare nel mio collegio romano, in quanto sostenitore dell’unico partito costituzionale residuo, per un Pd che mi porterà la mano a metter la croce su Paolo Gentiloni alla Camera, e vabbè, e Emma Bonino al Senato” (ma sì, pure l’abortista Bonino, che per chi 10 anni fa fondò la lista “Aborto? No, grazie” non è niente male).
Lo so, è una minaccia atroce, e durissima da accettare per chi sperava nella remuntada renziana. Ferrara, basta la parola: col suo bacio della morte, ne ha fatti secchi più lui che il colera. Ora al Nazareno diranno: ma come, già abbiamo la Picierno, la Rotta, la Morani, la Madia, la Fedeli, la Boschi-Wälder, la Lorenzin, e poi Lotti, Faraone, Carbone, Anzaldi, Andrea Romano, Mario Lavia, Rosato, persino Casini, tutte sfighe che al confronto le dieci piaghe d’Egitto erano Disneyland, e ora ci tocca pure Ferrara? Ma perché proprio a noi, ma che abbiamo fatto di male, ma quali peccati originali dobbiamo espiare, ma che colpa abbiamo noi, ma allora Dio non esiste o forse c’è ma ci sottopone a prove disumane che non siamo in grado di superare. Ma allora finiteci con un colpo secco alla nuca e facciamo prima. Però è così, non c’è niente da fare, tanto vale farsene una ragione, stringere i denti, pregare molto, rassegnarsi, aspettare che il tempo rimargini la ferita, essere forti.
Noi, per quel che vale, siamo solidali col Pd nell’ora forse più grave della sua storia. L’abbiamo criticato, sì, anche duramente, per le boiate che ha combinato nei primi dieci anni di vita, soprattutto negli ultimi cinque. Però una punizione così terribile, direi veterotestamentaria, non la meritava neppure Renzi. L’appoggio di Ferrara, come se non bastasse il bacio della morte di Eugenio Scalfari, è uno di quei colpi da cui nessuno s’è mai rialzato. Eccetto i fortunati che, dopo averlo avuto sul groppone, sono riusciti a liberarsene. Infatti Berlusconi, appena appresa la notizia, ha quasi ripreso i colori.
Ieri l’abbiamo visto in gran forma a Sky, con i capelli gommati di Ken in un’inedita nuance fra il mogano e il tramonto sul Bosforo, o forse era solo Nutella spalmata. E ora può confidare, come il M5S, in un grande exploit elettorale. Salvo che, si capisce, Ferrara cambi idea e si butti a tradimento su qualche altro malcapitato. La regola è fissa da decenni: Ferrara logora chi ce l’ha. Per capire chi vince o chi perde le elezioni, basta vedere con chi non sta Ferrara.
Ricordate il Pci? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricordate Craxi? Ferrara c’era, sappiamo com’è finito. Ricordate il primo governo B.? Lui c’era, ministro e portavoce: sappiamo com’è finito (sette mesi e tum: morto). Ricordate le elezioni al Mugello? Lui c’era, candidato di FI contro l’orrido Di Pietro: sappiamo com’è finita (centrodestra al 16% e l’ex pm al 68). Ricordate la guerra in Iraq? Lui c’era, anzi era più busciano di Bush, tant’è che le truppe angloamericane entrarono in Baghdad a bordo di Ferrara: sappiamo com’è finita (una ritirata che Caporetto al confronto fu una marcia trionfale). Ricordate la lista “Aborto? No, grazie” alle elezioni del 2008? Ferrara c’era, l’aveva proprio fondata lui e minacciava di prendere almeno il 5%: sappiamo com’è finita (più uova in faccia che voti). Quella fu l’unica volta in vita sua che portò sfiga a se stesso, sostenendosi da solo. Poi riprese a menar gramo agli altri, l’attività che gli riesce meglio.
I cimiteri della politica sono lastricati di lapidi con le foto delle sue vittime illustri: D’Alema, da lui sostenuto per il Quirinale nel 2006 (infatti fu eletto Napolitano); Rutelli, da lui appoggiato per il ritorno in Campidoglio (infatti vinse Alemanno); Veltroni, da lui molto elogiato agli albori del Pd per il tenero dialogo col “CaW” (infatti un anno dopo dovette dimettersi da segretario); Fini, da lui supportato dopo il distacco da B. (bye bye); Enrico Letta, sponsorizzato per il governo di larghe intese del 2013 (deceduto in nove mesi); Renzi, che aveva il vento in poppa finché Ferrara gli dedicò il libro & soffietto The Royal Baby (zac: stecchito). Una strage. Senza contare il suo frenetico attivismo in politica internazionale, col sostegno ai Neocon americani (una prece), a Sarah Palin contro Obama (le sia lieve la terra), a Hillary Clinton contro Trump (ciao core). E le avventure editoriali? Una collezione di fiaschi da far impallidire una cantina sociale: dalle vendite clandestine del suo samiszdat Il Foglio (che ha più redattori che lettori) alle percentuali di share da albumina dei suoi programmi tv su Mediaset, La7 e Rai, che impiegarono anni per riaversi delle perdite, anche perché lui, per ogni flop, si fa pagare bene. Fra le grandi catastrofi del 900, Ferrara ha mancato solo il terremoto di Messina e l’ultimo viaggio del Titanic, ma non per cattiveria: per esclusivi motivi anagrafici. Ora l’arma letale del giornalismo italiano si accanisce sul corpo già martoriato del Pd, con particolare ferocia contro Gentiloni e Bonino. Infatti non si contenta di annunciare che li vota. No: scrive proprio, con linguaggio sepolcrale, di volerci “metter la croce”. Praticamente, l’estrema unzione.