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 2018  febbraio 08 Giovedì calendario

Ecco perché il senatùr non risarcirà lo Stato

Si erano davvero accaniti, i giudici, sul povero Umberto Bossi. Dopo averlo condannato in primo grado a due anni e tre mesi con l’accusa di aver usato i soldi del partito «provenienti dalle casse dello stato» per esigenze familiari, volevano sequestrargli addirittura i conti correnti. Ma il tribunale al quale il senatùr ha fatto ricorso ha sentenziato che non si può: perché i suoi denari sono frutto del vitalizio, nessuno può dimostrare il contrario. E si dà il caso che il vitalizio non sia pignorabile. Lo stesso non si può dire, ha però precisato il medesimo tribunale, per la pensione da parlamentare europeo. Che si può sequestrare, anche se non tutta: al massimo un quinto.
Sequestro che puntualmente il magistrato del Riesame ieri ha autorizzato con generale sollievo delle coscienze. Poca roba, certo. Una vera miseria in confronto ai denari pubblici evaporati: l’anno scorso i giudici avevano disposto la confisca di 49 milioni. Ma piuttosto che niente, dice il proverbio, meglio piuttosto. Se non fosse per la beffa dietro l’angolo, con il risultato che alla fine l’erario non vedrà neppure un euro. E ora spieghiamo perché. Bossi senior è candidato al Senato in un collegio blindato, quello di Varese. «L’ho fatto per riconoscenza», ha spiegato Matteo Salvini. Senza però precisare che la sua riconoscente generosità sarà a carico nostro. Con la sicura elezione a palazzo Madama Bossi si vedrà sospendere, oltre al vitalizio da ex parlamentare, anche la pensione da parlamentare europeo. Così lo Stato perderà a sua volta il diritto a prelevarne un quinto: restando perciò con un palmo di naso. In compenso Bossi incasserà il ben più lauto stipendio da senatore – non pignorabile – con annessi e connessi. Condannato per aver impiegato a fini personali il denaro della collettività dopo aver raccolto consensi criticando «il malcostume del partiti tradizionali», stigmatizzano i giudici nelle motivazioni della sentenza di primo grado, avrà dalla stessa collettività perfino un aumento dell’appannaggio.
Tutto legale, ovvio. Ma questo paradosso, irritante per chiunque abbia a cuore una politica seria e moralmente decente, si sarebbe potuto evitare. Bastava non fare ciò che in nessun altro Paese civile avrebbero fatto: candidare alle elezioni per rappresentare il popolo chi aveva subito una condanna per un reato grave come aver sottratto denari allo Stato.
Che poi saremmo noi, cioè il popolo.