il Giornale, 8 febbraio 2018
Debutta il «senatore» Galliani. «I miei 39 anni con Silvio Berlusconi»
La telefonata arrivò a Lissone il 31 ottobre 1979. «Era un invito per l’indomani ad Arcore: Silvio Berlusconi voleva conoscermi. Io ero un suo fornitore, ma non l’avevo mai incontrato». E invece in quel meeting sbocciò un sodalizio straordinario che ha segnato la storia del Milan e dello sport italiano. Trentanove anni dopo quella cena galeotta, Adriano Galliani comincia una nuova avventura: si catapulta in politica e si candida al Senato nel collegio di Lecco, Como, Varese e Sondrio. È il momento di presentarsi agli elettori e svelare qualcosa di sé, oltre le infinite immagini, la mimica impagabile, i momenti di gloria e quelli di sconforto, le danze della vittoria e gli occhi al cielo blobbati per un trentennio.
Michela Vittoria Brambilla, oggi leader del Movimento animalista, lo stuzzica: «Sono giornalista anch’io, ti farò qualche domanda». Domande a cui il geometra di Monza risponde per la prima volta. E cosi si torna ad Arcore, a quel fatale 1 novembre 1979. «Trovai il Cavaliere con Fedele Confalonieri. Io con la mia società, la Elettronica industriale, vendevo ripetitori, trasmettitori, apparecchiature legate alle tv. Lui in quel mondo era entrato di rimbalzo: la prima tv, via cavo gli serviva per promuovere Milano 2. Poi era partito Tele Milano 58, ma certi problemi tecnici provocavano un terribile effetto tapparella». E invece lui parte in quinta: «Lei sarebbe in grado di mettermi su tre reti nazionali?. Non capivo. Scusi, ma se la legge consente una sola rete regionale, a lei cosa interessa?. La Rai, fu la sua replica, ha tre reti e io devo competere con loro. Poi non contento aggiunse: Sa perché la Fiat fa due milioni di auto? Per tenere il passo con la Volkswagen che produce due milioni di macchine». Galliani s’interrompe e guarda amaro la platea: «Il mondo è cambiato, non è più quello di allora». La casa tedesca oggi ha altri numeri. Ma nel 1979 i sogni potevano diventare realtà: «Spiegai a Berlusconi che io avevo il segnale della Svizzera, di Montecarlo, di Capodistria. Potevamo farcela».
Galliani ama però il calcio: è azionista e vicepresidente del Monza e non vuole perdere le partite della sua squadra. Combinazione, il Milan retrocede: Silvio, gran tifoso, e Adriano si ritrovano in tribuna per assistere ai duelli fra i due club. E Galliani pone le sue condizioni: «Io vengo a lavorare per lei, ma devo seguire il Monza in casa e in trasferta». Berlusconi non fa una piega: «Compro metà della sua azienda, il prezzo lo faccia lei».
Calcio & etere. Comincia la costruzione dell’impero mediatico: «Ho girato più di 5.000 comuni, ho firmato 2.200 rogiti. Acquistavo pezzetti di terra per impiantare i nostri strumenti».
Gli eventi si ricorrono. Nell’85 Berlusconi decide di prendere il Milan: «Ero considerato dentro il gruppo quello che capiva di calcio e cosi mi ha messo a fare l’amministratore delegato». Applausi. Qualche tifoso presente in sala si commuove, la Brambilla sorride. Galliani si fa serio: «Silvio è sempre stato un innovatore. A Milano 2 aveva inventato tre percorsi che non si incrociavano mai. Uno per le auto, uno per le bici, un terzo per i pedoni. Lui, quando costruiva le sue case, realizzava prima il giardino. Gli davano del pazzo: C’è la polvere, il cantiere, poi lo devi disfare. E lui rispondeva: Sì, ma la gente cosi è ben disposta e io posso alzare il prezzo. Successe lo stesso con il Milan: ruppe con la tradizione e assunse Arrigo Sacchi. Il suo Parma giocava un calcio meraviglioso e lui ebbe la folgorazione: Se fa girare cosi un club di B, figurati cosa farà al Milan».
Il 20 febbraio 1986 inizia la nuova era. «Berlusconi – riprende Galliani – convoca tutti, anche i magazzinieri, al castello di Pomerio e tiene un discorso apparentemente delirante. Dobbiamo diventare la squadra più forte del mondo: l’anno prossimo dobbiamo vincere il campionato, fra due anni la coppa dei Campioni, subito dopo quella Intercontinentale. Gli ridevano in faccia, invece ha seguito il programma alla lettera. E intanto ha realizzato mille altre cose: pensate che il 20 febbraio 1986 è anche il giorno in cui a Parigi nasce La Cinq. E pensate che quel giorno qualcuno molto potente blocca Silvio all’aeroporto di Parigi, con in tasca le cassette registrate del programma inaugurale, ma io che avevo mangiato la foglia ed ero già nella capitale francese, mi ero procurato le stesse cassette attraverso gli amici di Telemontecarlo». La tv può partire, anche se non avrà vita fortunata.
Certo, il racconto srotolato come un tappeto magico è irresistibile come quegli anni pionieristici. Oggi il passato rischia di battere il presente. Ma lui non si volta: «Meno tasse, meno tasse, questo è il mio obiettivo». Prima di rivivere l’estate dell’89 e la prima finale di Champions. Milan-Steaua Bucarest 4 a 0. «Noi avevamo a disposizione circa 40mila biglietti, loro altrettanti. C’era ancora il comunismo e c’era Ceausescu. Io pensavo: ma questi mandano 40mila tifosi a Barcellona? Andai a Bucarest a trattare. Alla fine comprai il pacchetto completo, caricai tutto sull’aereo di Silvio e tornai a casa. È stata la più grande emozione della mia vita. Lo stadio tutto rossonero e la prima coppa in bacheca».