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 2018  febbraio 08 Giovedì calendario

Intervista a Fulvio Abbate. «Di destra o di sinistra, i politici non sono sexy. Io amo l’amore carnale»

Qualche idea sulle elezioni può venire anche da un’artista. Specie se ama l’arte della provocazione, ma più di tutto ama l’amore. Scrittore, fondatore su YouTube del canale monolocale Teledurruti, che compie nel 2018 vent’anni, creatore del movimento politico Situazionismo e Libertà, Fulvio Abbate, palermitano del 1956, porta oggi in libreria LOve. Discorso generale sull’amore (La nave di Teseo, pagg. 437, euro 19). Amore, sì, per dedicare attenzione all’unico teorema rimasto indimostrabile: «Non è davvero opportuno pretendere di definire cosa sia mai l’amore con esattezza da carta millimetrata, quali i suoi cardini, i prin¬cipi, il perimetro», dice lui stesso nel libro. E allora che c’è in queste pagine? Parole, che danno i titoli a capitoli tematici: «Crudeltà», «Madri», «Fascino», «Sade», «69», «Orale», «Sex simbol» e, naturalmente, «Molestie».
Di libri sull’amore ce ne sono a bizzeffe. Questo che ha di diverso?
«È una summa dei luoghi, precipizi e occorrenze dell’amore in cui tutto è autobiografico. Un giacimento di vissuto».
Un progetto ambizioso.
«Veramente all’inizio volevo scrivere un libro sulle donne. Intitolato Le zebre».
Perché?
«Diversamente dai cavalli, nessuno è mai riuscito a domarle. Irraggiungibili, galoppano al di là del fiume. Col tempo, mi sono reso conto che il libro non riguardava tipicamente le donne ma i momenti dell’amore: quando si rivela, quando non si rivela o ci si sente inadeguati, l’attesa, la gelosia, l’esilio e il regno. Persino l’amore declinato rispetto agli oggetti».
Cioè?
«Non mi sono mai perdonato l’aver regalato una copia del tascabile delle poesie di Rimbaud, edizione Feltrinelli, quella col profilo del poeta a china in copertina, a una certa Yvonne, nel 1975. Non se lo meritava. Da allora, ogniqualvolta trovo sulle bancarelle una copia di quelle poesie, la ricompro. Ne ho 17. Tutte uguali». 
C’è anche la voce «Pasolini».
«Per via dello struggimento sentimentale che ho provato rivedendo Pino Pelosi al Gemelli, prima che morisse: era un povero diavolo, angelico nella sua disperazione. Alla fine di tutta questa storia, l’assassino sembra assai più sincero e vero, nella sua drammaticità, di tante altre figure, che hanno usato la morte di Pasolini come un proprio fiore all’occhiello».
E la voce «Lando»?
«Così come avrei voluto scrivere un libro sulle donne, allo stesso modo avrei voluto scrivere un Don Giovanni. Il modello che avevamo noi ragazzi siciliani nati negli anni Cinquanta è stato Lando Buzzanca. Rappresentava, per citare Brancati, il senso di vedovanza che ogni siciliano a Roma prova quando una sconosciuta svolta l’angolo e se ne va».
Lei è stato di sinistra negli anni 70: che ne è stato dell’amore per l’impegno?
«Allora i gettoni del telefono servivano per chiamare la ragazza, ma anche gli operai del cantiere navale, che venissero a dar man forte quando i fascisti ci aggredivano. Quel mondo lì non esiste più, il disincanto è assoluto. Svanita l’idea vettoriale della storia, la sensazione che l’esistente possa essere mutato».
Come si rimedia?
«Con il piacere dell’eros. Il sesso è una forma di ansiolitico».
Ma lei non scriveva per L’Unità prima, e poi per Il Fatto?
«L’Unità ha cancellato per due volte, a distanza di dieci anni, la mia firma. Prima con Mino Fuccillo, poi con Concita De Gregorio, che adesso quando la incontro la bacio e l’abbraccio e spero anche un giorno di fare l’amore con lei, a coronamento del mio perdono. Anche Il Fatto mi ha cancellato. A parte che mi tenevano dentro uno sgabuzzino, avevano così fastidio della mia visibilità che non mi invitavano nemmeno alle loro feste».
Per questo scrive di amore e non di politica?
«Finiti i tempi dei pamphlet. Non è che Cofferati, che era indicato come Cristo redentore, fosse chissà quale Lancillotto. Però allora mi interessava ancora raccontare il conformismo di sinistra. Oggi il paesaggio è di macerie».
Pericoli in agguato?
«Sicuramente l’insorgenza neofascista. Ma allo stesso tempo mi interrogo seriamente su come mai Nanni Moretti non proferisca più parola sullo stato delle cose».
Finito l’amore per la politica, ci si potrebbe innamorare dei politici?
«Posso immaginare che certe signore della canasta siano innamorate di Berlusconi, perché lo vedono come il commendatore charmant. Ma non immagino nessuna signora di sinistra avere palpiti per nessuno degli attori in campo».
Neanche per D’Alema?
«Neanche. Tuttavia ci sono state signore di sinistra che sarebbero state felici di farsi violare carnalmente da D’Alema».
Neanche per la Boschi?
«L’unica connotazione che riesco a dare alla Boschi in effetti è extrapolitica: una festa in provincia con il deejay. I vari Ciaone che stanno lì si dicono: Ma quando arriva Maria Elena?. Poi lei arriva e va via con uno. E tutti: Beato lui!. La Boschi è la più bella della festa».
Renzi?
«È più desiderato come compagno di calcio balilla che come oggetto sessuale».
Insomma, a sinistra il deserto.
«Uno che piace a sinistra c’è, ma non è un politico: è quello psicanalista renziano che ha spodestato il povero Crepet, bello come un levriero afgano. Massimo Recalcati».
Di Maio?
«Il perfetto modello per provare l’abito della prima comunione. O al massimo della laurea».
E Di Battista?
«Un escursionista. Il giovane esploratore Tobia della canzone di De Gregori».