Avvenire, 8 febbraio 2018
I migranti ritornano in patria o partono di nuovo. Le espulsioni? Poche
Vanno e vengono. Se c’è lavoro si fermano. Se invece il rischio è quello di finire in mezzo alla strada, allora preferiscono andare in un altro Paese o addirittura ritornare a casa propria. I flussi migratori sono anche questi. Perché è il benessere, non solo fisico ma anche quello e soprattutto economico, è il vero push factor, il fattore di spinta delle migrazioni. Uomini soli, ragazzi giovani e non accompagnati e intere famiglie che si allontanano dal proprio paese in cerca di condizioni migliori di vita. E questo vale anche per chi è ancora in viaggio. Come avviene per molti migranti che salgono sui barconi, a loro volta emigrati in Libia (come è il caso di molti bengalesi e pakistani) che ora abbandonano il Paese nordafricano a causa dell’instabilità ma anche della profonda crisi economica.
Anche in Italia, quindi, oltre ai numeri di chi entra, è importante sottolineare che c’è anche chi, del tutto in sordina, se ne va. Sono i migranti ’invisibili’ che sono fuoriusciti cioè dai centri di prima accoglienza. Molti minori soli e non accompagnati, che tentano di passare i confini settentrionali ma vengono respinti. Un popolo invisibile di circa 12mila migranti stimati negli ultimi due anni. Dopo essere respinti alle frontiere, alcuni ritornano e si ripresentano alle mense Caritas a Ventimiglia, Como o a Bolzano. Di altri non c’è più traccia. Forse sono riusciti ad oltrepassare il confine.
Ma la modalità più diffusa per tutti i migranti e rifugiati in Italia è la eventuale re-migrazione autonoma e spontanea. Secondo l’ultimo rapporto della Fondazione Ismu, durante il 2016, infatti 42.553 migranti hanno cancellato la propria residenza anagrafica dall’Italia (-4,8% rispetto al 2015). L’anno prima l’hanno fatto in 44mila. Nello stesso anno, 1 straniero ogni 100 presente sul territorio italiano ha lasciato il Belpaese per ritornare in patria o spostarsi in un altro Paese. Molti altri hanno lasciato liberamente il territorio nazionale senza dare comunicazione agli uffici anagrafici. E molti altri ancora sono re-emigrati verso altri Paesi e o in patria senza neppure essere neanche iscritti alla nostra anagrafe. «Quello del rientro spontaneo è un processo abbastanza diffuso nel periodo della crisi economica – spiega Gian Carlo Blangiardo, demografo Università di Milano Bicocca e collaboratore della Fondazione Ismu – si tratta cioè di un processo che non è poi così strano». Dalla tanto temuta invasione e dai numeri snocciolati da una certa politica vanno così cancellate migliaia di migranti che in sordina se ne sono andati.
Poi ci sono anche i rimpatri, i rientri volontari assistiti (pochi numeri, nel 2017 1.639, 1.015 nel 2016) e quelli che vengono respinti. Secondo i dati Eurostat nel 2017 sono state rimpatriate 6.514 persone su oltre 32mila provvedimenti di allontanamento emessi. Uno su cinque. La scarsa attuazione è principalmente dovuta al suo elevato costo. Sono in parte i rimpatri ’forzati’ rilanciati in questa campagna elettorale, dopo i recenti e gravi fatti di Macerata. Modalità difficile da attuare, non solo per una questione di costi ma anche perché per poter rimpatriare i cittadini stranieri è necessario aver attivato accordi con i Paesi d’origine. «Basta propaganda elettorale e fake news sui migranti, a partire dai ’rimpatri forzati’, una categoria che non esiste» sostiene il viceministro degli Esteri Mario Giro, che chiede di porre invece al centro dell’agenda politico lo sviluppo in Africa e nei Paesi d’origine dei flussi.
Altro capitolo a sè riguarda invece le espulsioni. Fino ad oggi, l’espulsione di uno straniero irregolare è avvenuto, per decreto del ministro dell’Interno, solo per carattere urgente e per motivi di sicurezza. Nel 2017 sono in tutto 105 gli stranieri espulsi dal nostro Paese, 247 dal 1° gennaio 2015 C’è infine anche il popolo dei cosiddetti ’diniegati’ (che si sono visti rifiutare la domanda d’asilo e a cui non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione) che si perde nei meandri della Ue. Nel 2017 in Italia sono state esaminate oltre 80mila domande, i diniegati poco più della metà: 47.839 casi che rappresentano altrettante persone che si tramutano in ’irreperibili’. Per quanto riguarda il programma di ricollocamento voluto dall’Ue, al 31 dicembre 2017 sono stati trasferiti dall’Italia a un altro Paese membro 11.464 richiedenti protezione internazionale. Tra i trasferiti ’solo’ 99 sono stranieri minori soli. Ma quanti sono veramente gli ’irregolari in Italia’? Il rapporto della Fondazione Ismu parla di 490mila persone presenti al 31 dicembre 2017. Ma i numeri non sempre sono fedeli alla realtà. Molti arrivano ma altrettanti risultano irreperibili o se ne sono andati. Perché l’Italia rimane sempre, per chi fugge dalla guerra e dalla fame, un Paese di transito.