Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Napolitano ha ricevuto Alfano, i presidenti di Camera e Senato, poi Bersani e Casini, insomma ha cominciato le consultazioni tipiche delle crisi di governo. E Alfano è andato alla Camera ad annunciare che il suo partito non intende più sostenere Mario Monti, il cui governo ha sbagliato tutto eccetera eccetera, sulla linea dei discorsi già pronunciati l’altro giorno da Berlusconi. Una situazione abbastanza eccezionale, perché mentre tutti si comportano come se il governo fosse già caduto, in realtà il governo non è caduto e anzi Monti sfida francamente il Cav a sfiduciarlo il Parlamento. Altra assurdità: tutto questo girotondo avviene con lo scopo di anticipare di un mese quello che sarebbe successo in ogni caso. Il capo dello Stato aveva intenzione di sciogliere comunque le Camere il 10 gennaio, a legge di Stabilità approvata, in modo da farci votare il 10 marzo. E a quanto si è appreso ieri non c’era una chiusura preconcetta al cosiddetto “election day” (votare politiche e amministrative insieme): il Quirinale sperava solo, con qualche settimana in più, di sciogliere il nodo della legge elettorale, lasciando che il parlamento modificasse il “Porcellum” nella direzione voluta dalla Corte costituzionale.
• Quindi che senso ha quello che sta succedendo?
Si elencano in genere quattro buone ragioni per cui il Cavaliere ha fatto quello che ha fatto. Prima ragione: alzando la voce adesso, il capo del Pdl qualifica sé stesso e il proprio partito come il principale avversario del governo Monti. Getta sull’attuale esecutivo la colpa della crisi, arrivando a suggerire che la crisi «prima non esisteva», prepara con la grancassa gli attacchi all’euro, alla Ue, alla Germania che vuole sottometterci, al rigore finanziario, all’Imu e alle tasse, tutti temi che elettoralmente possono rendere. Alfano ieri alla Camera ha detto: «Tredici mesi fa questo governo nacque perché le cose andassero meglio. Tredici mesi dopo le cose vanno peggio. Non abbiamo bisogno di molte discussioni. Oggi siamo qui a dire che consideriamo conclusa questa esperienza». La Lega, che ha tentato di accreditarsi ancora ieri come unica opposizione, è stata oscurata dal Pdl, e infatti nel Carroccio si intravede già una nuova linea di scontro tra chi dice che si deve andare alle elezioni nuovamente in asse con Berlusconi (Bossi) e chi dice di no (Maroni).
• E le altre tre ragioni?
Rendere impossibile il varo del decreto legislativo sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva ad almeno due anni di carcere. Affossare qualunque ipotesi di cambiare la legge elettorale. Procurarsi, grazie alla campagna elettorale cominciata n anticipo, delle ragioni forti per non partecipare alle sedute del processo Ruby, e rinviare quindi la sentenza di condanna (Berlusconi è sicuro che la magistratura politicizzata di Milano lo condannerà anche se le prove a carico non risultano così decisive sotto il profilo penale).
• Come sono andati questi colloqui di ieri?
Nessuno ha rilasciato comunicati o fatto commenti. Si dice che Alfano sia soprattutto andato a trattare la questione dell’election day. Qui c’è un ostacolo grosso: una sentenza del Tar impone al Lazio di votare il 3 febbraio e infatti il prefetto ha firmato il decreto che fissa il voto a quella data (Zingaretti, che corre per fare il governatore, s’è dimesso dalla presidenza della Provincia). Può il presidente della Repubblica contraddire la pronuncia del Tar e i susseguenti, relativi atti amministrativi? Oltre tutto il voto al 3 febbraio risulta molto costoso, come ha spiegato il ministro Cancellieri: «Per rispettare l’iter previsto per la votazione del 3 febbraio, l’ultima fase della raccolta di firme coinciderà con il periodo delle festività natalizie e del Capodanno. Questo vuol dire che il procedimento di esame e di ammissione delle liste si dovrà fare il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, quando gli uffici sono chiusi. Dovremo tenerli aperti e, tenendo conto degli straordinari che dovremo pagare a tutti i dipendenti presenti, si tratta di un aggravio di spesa esorbitante, anche perché non ci si riferisce soltanto ai dipendenti del Viminale e delle prefetture, ma pure a quelli della Corte d’appello dove ha sede la Commissione centrale elettorale».
• Che posizione tiene il Pd in questo frangente?
Le mosse di Berlusconi sono state definite da Bersani «irresponsabili». «Il Pdl sta trasferendo i suoi problemi sul sistema». Il segretario non vuole farsi carico per intero dell’impopolarità di tante leggi Monti. Se il Pdl si sfila ma senza decidersi all’ultima mossa, il Pd potrebbe essere quasi costretto a dar lui il colpo di grazia. Il partito comunque fa chiaramente squadra col presidente della Repubblica.
• Ma il Pdl può davvero recuperare consensi in questo modo e guadagnare addirittura il 27% dei voti?
Chi lo sa. Subito dopo l’annuncio del ritorno in campo di Berlusconi (sarà la sesta volta), il gruppo dei dissidenti s’è ridotto al lumicino, un numero di deputati e senatori che si contano sulle dita di due mani. È stato invece tutto un festival di esultanze, auguri, congratulazioni, peones che erano scomparsi dalla circolazione hanno ricominciato a far ressa al portone di Palazzo Grazioli. Un poco dipende da un diktat dello stesso Cavaliere che ha dato ordine di diradare la sensazione, universalmente diffusa, che il centro-destra sia destinato a sparire. Un po’ è piaggeria: restando in vigore il “Porcellum” le liste le farà il partito. Cioè Berlusconi. [Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport, 8 dicembre 2012
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