Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 08 Sabato calendario

Perché boccio questa Regia di PAOLO ISOTTA Ecco perché boccio la regia del Lohengrin che ha aperto la stagione della Scala e riproposto il dualismo Wagner-Verdi

Perché boccio questa Regia di PAOLO ISOTTA Ecco perché boccio la regia del Lohengrin che ha aperto la stagione della Scala e riproposto il dualismo Wagner-Verdi. L’ esito del Lohengrin inaugurale non ha fatto che riportare il tema del rapporto tra Verdi e Wagner. Va ribadita l’inopportunità d’inaugurare la stagione con un titolo wagneriano nell’anno centenario sì di Wagner ma soprattutto, per quanto afferisce alla Scala, di Verdi. La Scala dovrebb’essere il Teatro verdiano per eccellenza, e se inaugura con Wagner si deve a una probabile incapacità del maestro Barenboim, che della Scala è il direttore musicale, a dirigere Verdi. Il Lohengrin è, in ordine all’accoglienza del pubblico, la più facile delle Opere di Wagner. È una partitura automaticamente blindata dal suo sommo Autore, per lo che è difficile dirigerla male. Donde il fatto che Barenboim la dirige benino, però non certo all’altezza dei Maestri che in sede di presentazione ho citati. Ma in questo spettacolo c’è uno «scandalo», tale da pregiudicarne l’intero esito. Si tratta dell’allestimento scenico, dovuto a Claus Guth, fischiatissimo. Barenboim l’ha voluto, e con la sua chiamata in correità dimostra perfettamente di non amare la musica. Si tratta dello spostamento dell’azione dall’Alto Medioevo alla metà dell’Ottocento, con una sosia di Cosima Wagner a interpretare Ortruda e un pianoforte verticale in scena a simboleggiare chissà che cosa. Domani racconterò nei particolari l’allestimento. La compagnia è discreta. L’Imperatore, René Pape, è il migliore interprete di questo ruolo; seguono a pari merito l’Elsa di Annette Dasch, sostituta della infortunata Harteros e anche del suo «doppio» infortunata anche essa, l’ottima Ann Petersen, e l’Araldo, tenuto dal regista sempre indietro, Zelinko Lucic. A Federico, Tomas Tomasson, balla la voce. Ortruda, Evelyn Herlitzius, è molto brava e ha il timbro e le note gravi adatti per la parte. Lohengrin, Jonas Kaufmann, è di superlativa bravura. Il coro istruito dal maestro Casoni è un punto di forza.