Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 8/12/2012, 8 dicembre 2012
LA VERITÀ SUI TASSI BASSI DI STATI UNITI E INGHILTERRA - C’è
un interessante miscuglio di somiglianze e differenze fra il dibattito sulla politica economica in corso in Gran Bretagna e quello in corso negli Stati Uniti. In entrambi i Paesi - come in qualsiasi Paese che abbia mantenuto una valuta propria e un debito pubblico denominato in tale valuta - i tassi di interesse non sono mai stati così bassi.
Ma questo però non scoraggia le "Persone Tanto Coscienziose", che vi racconteranno una storia ben diversa. Gli Stati Uniti possono prendere soldi in prestito a basso costo nonostante il deficit, ma è un caso, e se non ci sbrighiamo a mettere in atto il piano Bowles-Simpson per il risanamento dei conti pubblici, i mercati colpiranno senza pietà. Davvero, eh! Questa volta lo faranno sul serio!
In Gran Bretagna invece la linea ufficiale è che i tassi di interesse bassi sono la ricompensa per tutto quel rigore messo in campo dal Governo Cameron: e le Persone Tanto Coscienziose perdono le staffe se qualcuno ben informato gli fa notare che è molto più verosimile che la ragione di questi tassi bassi sia il fatto che gli investitori prevedono che l’economia rimarrà debole, e quindi che i tassi a breve resteranno su livelli molto bassi ancora a lungo. Cerchiamo di sintetizzare il concetto.
È molto difficile trovare una ragione qualsiasi per cui gli Stati Uniti o la Gran Bretagna dovrebbero andare in default, dato che, se servono loro contanti, possono sempre stampare moneta. E vista l’assenza di un rischio reale di default, i tassi di interesse a lungo termine dovrebbero più o meno coincidere con una media dei tassi a breve termine futuri previsti (coincidere più o meno - non del tutto - per via del "rischio della scadenza", ma questo è un dettaglio abbastanza trascurabile). Perciò, se la gente prevede che l’economia americana e quella britannica resteranno in depressione a lungo, con le Banche centrali che tengono i tassi bassi, resteranno bassi anche i tassi a lungo termine: fine della storia.
Ma tutto questo stampar moneta non provocherà inflazione?
No, fintanto che l’economia rimarrà in depressione. Il disavanzo di bilancio può indurre la gente a preventivare un incremento dell’inflazione più avanti, quando finalmente la recessione terminerà; ma questo sarebbe un bene per l’economia nel breve periodo, perché scoraggerebbe le persone dal tenersi i soldi nel materasso e indebolirebbe il tasso di cambio, rendendo le esportazioni più competitive. Il punto fondamentale, insomma, è che la tesi della "credibilità" è completamente incoerente.
Storie dagli anni Venti.
Gli anni 20, quando molti dei Paesi usciti vincitori dalla Grande Guerra dovettero fare i conti con un grosso debito pubblico denominato nelle rispettive valute, rappresentano per certi versi il parallelo più prossimo ai timori sul debito pubblico che predominano nel dibattito economico di questi tempi. Mi sembra utile mettere a confronto quello che successe in Gran Bretagna e quello che successe in Francia.
I due Paesi affrontarono il problema del debito pubblico in modo molto diverso. La Gran Bretagna fu un modello di ortodossia: ripristinò il sistema aureo e fece in modo di avere un enorme avanzo primario per ripagare il debito; la Francia, che aveva un sistema politico meno stabile, finì per estinguere gran parte del suo debito attraverso l’inflazione e accettando una massiccia svalutazione del franco.
Che risultati ottennero le due economie? È evidente che la virtù non è stata ricompensata e che l’instabilità politica francese di fatto ha prodotto una performance economica più brillante.
(Traduzione di Fabio Galimberti)