Laura Traldi, D - la Repubblica 8/12/2012, 8 dicembre 2012
SLOW LOVE
[Contro il capitalismo della seduzione (più sei bello e ricco, più piaci), un filosofo francese si batte per la tenerezza “lenta”] –
Capelli ricci e arruffati, occhiali da nerd, cicciottello, Yann Dall’Aglio non ha il physique del seduttore. Eppure, questo professore di filosofia in un liceo alla periferia di Parigi è considerato un esperto d’amore. Sua la teoria sulla fine del «capitalismo della seduzione», che suona come una promessa di felicità accessibile a prescindere dal look e dal denaro. L’ha raccontata in un libro, Jt’m: l’amour est-it has been? (Flammarion). E l’ha ribadita qualche settimana fa durante la prestigiosa conferenza TEDxParis.
Che cos’è il capitale di seduzione?
«È come una raccolta punti del supermercato: più si spende, più bollini si raccolgono e più importante sarà il premio. Il capitale di seduzione viene accumulato come prova del valore dell’offerta: per vendere il bene, cioè noi stessi, al miglior acquirente possibile. Ne fanno parte beni di lusso e stili di vita glamour, ma anche la bellezza, la prestanza sessuale vera o presunta, la reputazione in una comunità reale o virtuale, la vivacità intellettuale, la cultura. Ognuno di noi è attratto da un determinato tipo di capitale di seduzione, e valuta il partner in base a quanto ne possiede. È il principio economico su cui si basa il mondo. Ma quando si è “quotati in borsa”, i valori (nostri e del partner) salgono e scendono. Al primo fallimento, saremo tentati di abbandonare tutto e rimetterci alla ricerca dell’anima gemella. E avanti così, in una gara che non ha fine e porta alla frustrazione. Intanto, il vero amore si allontana».
Dunque, non ha senso cercare l’anima gemella...
«Nessuno è così speciale da non poter trovare qualcuno di adeguato. Se non accade, è perché siamo accecati dal capitalismo della seduzione, ossessionati dall’idea che tutto sia possibile e che la perfezione sia a portata di mano. E quindi incapaci di amare».
Ma allora che cos’è l’amore?
«È il desiderio di essere desiderati. Quindi, pone due problemi: come essere desiderabili e come rimanerlo. In passato era più facile. La struttura sociale e la religione imponevano comportamenti rigidi, regole ferree. Bastava adeguarsi per essere buoni partner. I problemi sono iniziati con la modernità, l’individualismo e il libero scambio commerciale. Privati dei punti fermi (famiglia, chiesa, ideali politici), cerchiamo nell’altro quello che prima ci veniva dall’appartenenza a una comunità».
Che cosa lo rende diverso oggi?
«L’amore è l’ancora di salvezza da una solitudine sempre più diffusa. Tutti parlano dell’amore, tutti lo desiderano. Siamo molto più liberi dei nostri genitori: ma prigionieri del fatto che, essendo l’amore un libero mercato, quando il capitale di seduzione dell’altro aumenta rischiamo di perderlo. È che siamo bombardati dai sogni: la passione che non si consuma mai, la bellezza che il tempo non scalfisce. Questi sogni uccidono il vero amore, lo trasformano in un problema. La metà della gente che va dallo psicanalista lo fa per mancanza di intimità o ansia da prestazione. Eppure l’amore può condurci a una felicità che dura per sempre».
Cosa fare per trovare un partner?
«Rinunciare al capitale di seduzione, alla “raccolta punti”, e prendere coscienza della propria inadeguatezza. Se il nostro valore ci vene attribuito dagli altri, valiamo davvero poco. Anzi, senza un rapporto con gli altri siamo nullità. Non si può combattere contro questo assunto. Possiamo affrontarlo in modo capitalistico: valere sempre di più per piacere a sempre più gente. È il narcisismo. Oppure accettare che niente e nessuno basterà mai a darci la completezza, e dedicarci alla scoperta del vero amore. Trasformando il desiderio in tenerezza».
Suona un po’ come una disfatta...
«Perché tutto congiura a farci credere che il meglio sia altrove. Quando una coppia si rivolge a un terapeuta, ottiene ricette prefabbricate su come risvegliare la passione sopita, ri-innamorarsi l’uno dell’altra, vedersi ogni giorno con occhi nuovi. Vengono fornite norme perché la coppia sia all’altezza delle aspettative del capitalismo della seduzione. La strada per far durare l’amore, invece, sgonfia le aspettative, le fa a pezzi. Mostrando che il desiderio non è eterno, che non siamo super-eroi, che stupire sempre il partner è sfiancante. Non è una disfatta, ma l’unica via per restare insieme, felici. La vera disfatta è passare la vita sentendosi inadeguati».
La tenerezza è così importante?
«L’altro non basterà mai a colmare il mio desiderio di essere amato, né viceversa. Esserne coscienti dà alla coppia una lucidità e una complicità che la rafforzano. Entrambi, però, devono mettersi in gioco alla pari. Scriveva Cesare Pavese: “Sarai amato quando ammetterai la tua debolezza senza che l’altro ne approfitti”».
Che spazio ha l’eros?
«Non è forse più seducente chi accetta la propria imperfezione rispetto a chi vive in preda all’ansia da prestazione? La seduzione nell’amore tenero si alimenta anche con l’auto-ironia. Di cui non c’è traccia nei romanzi erotico- rosa di successo. Ci troviamo solo donne bellissime, che pensano al sesso molto di più che al lavoro o ai figli. E uomini ricchi e potenti, capaci di offrire l’assurdo estremo: la sicurezza nell’avventura. C’è chi li prende sul serio, con conseguenze devastanti. Ecco, io troverei più seducente un romanzo in cui l’erotismo nascesse dalle debolezze, dalle imperfezioni, dall’ironia. Amarsi teneramente non vuol dire non fare più sesso, ma non misurare il valore della relazione o di sé a partire dalla performance a letto».
L’amore, lei dice, comincia dopo tre anni. Niente colpi di fulmine?
«L’ho detto come risposta a una massima di un romanziere, Frédéric Beigbeder: “L’amore dura tre anni”. Da un punto di vista sociologico ha ragione: la maggior parte dei divorzi avviene dopo tre anni, quando la passione finisce. Ma è allora che inizia l’avventura: l’amore tenero nasce dalla de-costruzione dell’immagine dell’altro. Infatti, ci innamoriamo dell’idea dell’amore, e la proiettiamo su un individuo che assomiglia a quell’ideale ma che non lo è. Quando ce ne accorgiamo, dobbiamo scegliere: tenere l’immagine e gettare il reale o viceversa. Nell’amore-passione l’altro è uno specchio del nostro desiderio di essere amati. Rompere lo specchio è come aprire una porta ed entrare nella complessità di un altro essere, che accettiamo per ciò che è».
Si può imparare ad amare chiunque?
«Ci sono due risposte. Da un lato potrei dire no, non si può imparare ad amare chi non sa entrare in questo gioco di lucidità reciproca, chi non rinuncia al capitalismo della seduzione. Potrei anche, però, dire di sì. La maggior parte degli indiani che hanno contratto matrimoni combinati, dopo qualche tempo scopre di amare il partner. Ovviamente non sto difendendo questo costume, ma l’amore ha bisogno di tempi più lunghi di quelli che spesso gli concediamo. Non serve allungare i tempi dei divorzi, ma guardare all’amore in modo diverso».
Che ruolo gioca l’infedeltà?
«È tra i difetti possibili e quindi va accettata. È una tragedia per chi non ha raggiunto la lucidità dell’amore tenero, per chi crede alla fiaba della perfezione. Penso però che, a tradire sessualmente il partner senza averlo mai trascurato, si sia meno traditori rispetto a chi lavora troppo, evita il dialogo, ignora la famiglia. Proust ha scritto decine di pagine sulla sofferenza di chi scopre che l’amato può desiderare altri. La realtà, però, è questa. Quando si ha coscienza della propria imperfezione si capisce che a tutti può accadere di tradire. L’infedeltà ripetuta, invece, è preoccupante: perché spesso porta a trascurare il partner».
E il romanticismo, che fine ha fatto?
«La sola parola mi fa pensare a un tour operator. A una pubblicità planetaria, un desiderio irraggiungibile che ci spinge alla performance (psicologica, professionale, sessuale). Manca ogni riferimento al sapore romantico che anche la povertà, la malattia e il sostegno reciproco possono avere».
Se il vero amore richiede tempo, come si recupera la lentezza?
«Non ci verrà certo da un mondo che ha tutto da guadagnare dalla velocità con cui consumiamo beni e amori. Per ritrovarla dobbiamo impegnarci, in due. Cercando talvolta la distanza: la connessione continua sa di controllo reciproco di due persone che sono ancora “quotate in borsa”. C’è lentezza nei silenzi, nell’ozio, nell’evitare sms e skype durante un viaggio per gustare poi la gioia di ritrovarsi. La lentezza serve anche ad accettare la distanza con l’altro, e il fatto che non ci sarà mai una fusione completa».
Le relazioni vanno sempre salvate?
«La filosofia non risponde. Non ci sono leggi razionali per dirlo, ognuno deve giudicarsi. Sono certo, però, che davanti alla propria coscienza molti si scoprirebbero colpevoli».
Come sarà l’amore nel futuro?
«Se rimaniamo in un sistema economico come quello attuale, la capitalizzazione narcisistica si rafforzerà. Vedremo un’estremizzazione dei siti di incontri, in cui si accumulano punti-seduzione a partire non solo da età, aspetto fisico e interessi, ma anche dal salario o dai fan presenti sul profilo. Le pene d’amore verranno vissute come una malattia, un difetto chimico, da annullare con le medicine. Non è fantascienza. Esistono già i Pick Up Artists su MTV: seduttori professionisti che insegnano agli AFC (Average Frustrated Chumps, imbranati in amore) come liberarsi dell’One Itis, cioè l’ossessione per una ragazza. Non mi stupirei se arrivassimo a un passaporto genetico che assicurasse sul nostro potenziale riproduttivo. Il tutto produrrà frustrazioni e infelicità. Per cambiare, bisognerà rimettere in discussione la modernità. Lo si può fare in modi beceri, con derive di tipo fascista, che limitino la libertà, o con estremismi religiosi. Io spero che un ripensamento collettivo sia sufficiente».