Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Quinto giorno consecutivo di cronache berlusconiane, che la vincono sulle elezioni siciliane, sugli ultimi sondaggi per il nuovo inquilino della Casa Bianca, sul prossimo cambio di vertice in Cina e sull’universo mondo in genere, mondo che in realtà sta sospeso in questo momento tra il nuovo uragano americano e la crisi finanziaria mondiale da cui non si esce. Il bravo cronista politico del “Giornale”, Adalberto Signore, scrive che il Cav, spenti i riflettori della conferenza stampa televisiva, avrebbe fatto a lui e a pochi altri la seguente confidenza: tra due settimane arriva il disegno di legge sulla stabilità e Berlusconi lo butta giù col governo. Si vota quindi a gennaio, evidentemente con l’attuale porcellum, forse appena ritoccato da un decreto che accolga certe osservazioni della Corte costituzionale (per godere del premio di maggioranza bisogna prendere un minimo di voti). Naturalmente, nello scenario implicito di Villa Gernetto, Berlusconi sbaraglia tutti e rientrato a Palazzo Chigi muove in armi contro la Merkel e contro i magistrati.
• In che modo, fuor di metafora, si può fare la guerra alla Merkel? E che cosa può significare andare contro i magistrati?
La guerra alla Merkel è un mistero. E quella alle toghe dovrebbe consistere nel varo della famosa riforma in cui sono vietate le intercettazioni e il pm, trasformato in avvocato dell’accusa, vive in un palazzo diverso dai magistrati giudicanti a cui deve presentarsi con il cappello in mano come si esige dall’avvocato della difesa. Come mai, potrebbe chiedermi lei, se non è riuscito a riformare la magistratura nella decina d’anni in cui ha governato, e in certi momenti con maggioranze mai viste, dovrebbe riuscirci adesso? Domanda a cui non saprei rispondere.
• Ma poi vince?
Si direbbe di no. Il Popolo della Libertà, così com’è adesso, sta intorno al 14% con tendenza al ribasso. Questa brutta percentuale, che rappresenta un consenso dimezzato rispetto al 2008, dipende dal fatto che Berlusconi sta zitto da un anno? È provocata dal fatto che il Pdl finora ha appoggiato Monti? È vero che l’80 per cento dell’elettorato del Pdl ce l’ha con Monti, ma i sondaggisti hanno visto – attraverso parecchie simulazioni - che la presenza o meno di Berlusconi non sposta di fatto le percentuali dei loro elettori. Questo dato potrebbe cambiare nel corso di una campagna elettorale furibonda, condotta lancia in resta? Chi se ne intende dice di no. I berlusconiani pensano di sì.
• Io dico che su questa linea il Pdl non arriverebbe intero al voto.
Intanto c’è il conflitto evidente con Alfano, segretario del partito e mai nominato nell’intemerata dell’altroieri. Alfano finora non ha detto una parola, crediamo perché vuole vedere come va a finire in Sicilia. Potrebbe dimettersi già martedì, dando soddisfazione all’amazzone Santanché. Oppure aspettare il confronto finale, quello in cui, «tra qualche giorno», si dovrà decidere se continuare o no a sostenere Monti. È certo che i montiani del Pdl (mezzo partito) sono pronti a uscire, nel caso, e a continuare nel sostegno al governo. Nomi grossi: Alfano, Gelmini, Frattini, Pisanu, lo stesso Cicchitto che ieri ha reso nota la sua preoccupazione per un innalzarsi dello spread provocato dalle parole del Cavaliere. È un altro elemento che verificheremo stamattina. Quindi, sì, sono d’accordo con la sua domanda: la spaccatura del Pdl è assai probabile. Già per le elezioni lombarde potremmo vedere le cosiddette colombe del centro-destra fare quadrato, con Formigoni, intorno al nome di Albertini e i berlusconiani, nuovamente alleati con la Lega, puntare su Maroni. Uno scenario che ha parecchie probabilità di spianare la strada al candidato di sinistra.
• È vero che il furore di Berlusconi ha a che vedere con il «tradimento del patto»?
Lo dicono in parecchi. Un anno fa, al momento di fare il passo indietro e lasciare via libera al governo dei tecnici, Berlusconi si sarebbe fatto garantire da Napolitano una pace giudiziaria. I magistrati sarebbero stati persuasi, o convinti, a smetterla con le persecuzioni e a chiudere i processi con sentenze pacificatrici. La condanna a quattro anni, e le parole pesantissime della motivazione della sentenza, in cui il Cavaliere è descritto come un delinquente irriducibile, sarebbero state la rottura unilaterale di un contratto. Le numerose, crude allusioni a Napolitano, contenute nella conferenza di sabato, sarebbero dovute a questo.
• Se il Pdl si spacca, diventa più probabile la formazione di un soggetto di centro, composto principalmente dall’Udc e da questi transfughi del Pdl?
Sì, ma tutti gli scenari sono sottoposti a due incognite e dunque risultano al momento parecchio dubbi. Quanto è davvero forte, al momento, Grillo? Cominceremo ad avere una risposta oggi con il voto in Sicilia. E, seconda incognita: il Pd arriverà unito al voto o patirà anche lui un trauma dovuto all’effetto Renzi?
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 29 ottobre 2012]
(leggi)