Marco Belpoliti, La Stampa 29/10/2012, 29 ottobre 2012
DIRSI CIAO AL CELLULARE
Anche il «Ciao» non è più quello di una volta. Se al telefono - cellulare, s’intende -, o via email, termini la conversazione con: «Ciao», l’interlocutore conclude: È arrabbiato con me. Anche se non è vero. Perciò sempre più spesso si dice: «Ciao, ciao, ciao»; accelerando progressivamente la sequenza così: «Ciaociaociaociao» (le ultime vocali sono sfumate).
Perché? La prima ragione riguarda il gesto del telefonare. Poiché non c’è più una cornetta da appoggiare, chiudere la telefonata al cellulare comporta un vocalizzo e non più un movimento; il «Ciaociaociao» è l’equivalente del gesto. O ancora: l’aspetto paralinguistico della telefonata - quello che riguarda le sfumature del parlato, il tono di voce, ecc. - è diventato molto più importante a causa della «incorporazione» del telefono stesso; la dimensione - il cellulare si mette in tasca -, ma anche la forma del telefonino - una sottile lamina -, spingono l’utente a considerarlo parte integrante del proprio corpo, quasi un’estensione; di conseguenza si accentua l’aspetto fonico del parlato. Il «Ciaociaociao» diventa il congedo più adatto, e viene smorzato il tutto con quel tono soffiato.
Il saluto ora vale come un allontanamento senza fratture. Sarebbe a dire che l’uso del cellulare ha accresciuto l’intimità tra le persone e ora entra nella sfera privata dei singoli, che non è più lo spazio privato, la casa o la stanza, ma il corpo stesso di chi risponde o chiama. È l’estrema personalizzazione del telefono. Come ha spiegato, quasi un secolo fa, George Simmel, l’intimità si riferisce etimologicamente a ciò che è «situato all’interno dell’animo»; quindi il termine è passato a indicare la natura del rapporto tra le persone: una strettissima amicizia; in ogni caso, sempre con un chiaro significato spaziale. Il senso chiamato a definire, per addizione o per sottrazione, l’intimità è stato sin qui la vista. La sfera dell’intimità è quella che non è sottoposta all’ispezione visiva, allo sguardo, inaccessibile agli altri in generale. Ma quando l’orecchio diventa il senso prevalente nella comunicazione ravvicinata, cosa succede? Ecco allora che quel «Ciao» a fine conversazione assume un altro ruolo, e viene sostituito dal «Ciaciaociao». In origine la parola «Ciao», viene dal veneto schiao, forma sincopata di schiavo. Voleva dire: «Servo suo», come saluto. Oggi con il cellulare c’è da sospettare che siamo diventati servi tre volte.