Vincenzo Dragani, ItaliaOggi 29/10/2012, 29 ottobre 2012
BUROCRAZIA VERDE IN VERSIONE LIGHT
[Alleggerimenti per la gestione di rifiuti e procedure Via e Aia] –
Nuovi alleggerimenti per la gestione di materiali da scavo e rifiuti agricoli, rimodulazione del confine tra acque e rifiuti, autorizzazione alla bonifica dei siti inquinati in «silenzio-assenso», velocizzazione delle procedure «Via» e «Aia». Promette di intervenire su tutte le principali tematiche ambientali il disegno di legge in materia di semplificazione (meglio noto come «Semplificazioni-bis») licenziato lo scorso 16 ottobre 2012 dal governo e ora all’esame del parlamento.
«Materiali di riporto». La prima delle novità in materia di gestione di terre e rocce da scavo riguarda la riformulazione della nozione di «materiali di riporto» contenuta nel dl 2/2012, ossia dei materiali paragonati dallo stesso decreto legge al suolo dal punto di vista della gestione ambientale. Pur conservando la definizione base dell’articolo 3 del dl 2/2012 che li individua «quali materiali eterogenei (?) utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche (?) al terreno (?) all’interno dei quali possono trovarsi materiali estranei» il ddl in itinere interviene su diversi aspetti nodali della loro gestione modificando direttamente il citato dl 2/2012. In primo luogo il «Semplificazioni-bis» rende autonoma la definizione generale di «materiali di riporto» eliminando ogni rinvio al dm ambiente 161/2012 (il nuovo provvedimento sull’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti, che appare dunque entrare in gioco solo nel caso di gestione di detti materiali in deroga al regime ordinario sui rifiuti).
Ancora, il ddl in esame specifica a monte il novero dei materiali «estranei» che identificano i «materiali di riporto» come tali, individuandoli come residui di lavorazione industriale e residui generali, e indicandoli (a titolo esemplificativo) quali materiali di demolizione, litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti. Lo stesso ddl prevede l’obbligo, in caso di potenziale contaminazione del suolo contenente «materiali di riporto» di procedere alla sua caratterizzazione con le modalità previste dall’allegato V al dlgs 152/2006 e, in caso di superamento di determinate concentrazioni, di effettuare ulteriori approfondimento mediante test di cessione.
Le novità previste dal ddl governativo si innestano nel restyling normativo sulla gestione delle terre e rocce da scavo avviato dal citato dl 2/2012 (mediante la parificazione dei «materiali di riporto» al suolo) e portato avanti dal dm ambiente 161/2012 (che dallo scorso 6 ottobre costituisce la nuova disciplina di riferimento per la gestione delle stesse come sottoprodotti in sostituzione delle regole ex articolo 186 del «Codice ambientale»). In base all’attuale e vigente disciplina, è utile ricordarlo, il suolo «non scavato» (contaminato o meno, salvo gli obblighi di bonifica e anche se contenente i citati «materiali di riporto» ex dl 2/2012) non rientra nel campo di applicazione delle norme sui rifiuti, quello «scavato» è invece suscettibile di diversa valutazione.
In particolare, il suolo scavato contaminato deve essere gestito come rifiuto; quello scavato non contaminato può essere considerato non rifiuto, rifiuto o sottoprodotto. Precisamente, non è rifiuto se è riutilizzato in attività di costruzione nello stesso sito. È invece rifiuto (salvo riabilitazione all’esito del successivo recupero) se il detentore decide a monte di «disfarsene» o se, pur volendolo avviare a reimpiego in sito diverso da quello di origine, non rispetta i parametri per i sottoprodotti dettati dal dm 161/2012. È, infine, sottoprodotto se reimpiegabile (e poi realmente reimpiegato) in altro sito nell’osservanza delle condizioni dettate dal citato dm 161/2012.
Gestione «semplificata» delle terre da piccoli cantieri. Nell’ambito del descritto quadro normativo si inserisce l’altra novità prevista dal ddl «Semplificazioni-bis», ossia l’insieme delle regole che permette di gestire sempre come sottoprodotti, ma con ulteriori semplificazioni, i materiali da scavo provenienti da cantieri la cui produzione non superi in totale i 6 mila metri cubi di materiale. Per gestire tali materiali come sottoprodotti in deroga al dm 161/2012 (ma salva l’osservanza delle regole generali dettate dall’articolo 184-bis del dlgs 152/2006) i relativi produttori dovranno dimostrare (anche mediante autodichiarazione alla provincia competente): che la destinazione all’utilizzo sia certa e diretta in un determinato sito o ciclo produttivo; che i materiali derivanti dallo scavo non superano le concentrazioni soglia di contaminazione (ex colonne «A» e «B», tabella 1, allegato 5 al Titolo V, Parte IV del Codice ambientale); che l’utilizzo non comporta rischi per la salute né variazioni di emissioni rispetto al normale utilizzo di materie prime.
Il deposito dei materiali destinati al riutilizzo non dovrà però superare un anno e l’avvenuta reimmissione nel ciclo produttivo dovrà esser comunicata alla provincia. Ancora, il trasporto dovrà esser accompagnato dal relativo documento, dalla copia del contratto di trasporto o dalla scheda prevista dal dlgs 286/2005 (autotrasporto per conto terzi). Nella logica del «Semplificazioni-bis» tali regole costituiscono attuazione dell’articolo 266, comma 7 del dlgs 152/2006 che prevede la facoltà per il legislatore (individuato dall’articolo in parola nel Minambiente, ma ora sostituito dal consiglio dei ministri) di stabilire deroghe al regime dei rifiuti per i materiali dai suddetti cantieri di piccole dimensioni. A tal proposito è altresì utile ricordare che il Minambiente aveva già dato attuazione al dettato del «Codice ambientale» mediante dm 2 maggio 2006, decreto poi dichiararlo in autotutela privo di ogni effetto per un difetto di registrazione presso la Corte dei conti.
Gestione acque. Il confine tra regime delle acque e quello dei rifiuti viene dal «Semplificazioni-bis» rivisitato mediante un intervento sulla gestione delle acque sotterranee emunte, ossia delle acque di falda estratte nell’ambito di interventi di bonifica. Il ddl chiarisce, attraverso la riformulazione del dlgs 152/2006, che sono assimilate alle acque reflue industriali (e dunque sottoposte al relativo regime delle «acque» previsto dalla parte III del dlgs 152/2006) le acque sotterranee emunte e convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo delle stesse con il punto di immissione (previa depurazione) nel corpo ricettore. Ragionando a contrario la disposizione appare dunque ricondurre al regime dei rifiuti (liquidi) le sole acque emunte non convogliate direttamente tramite tubatura dal prelievo al corpo ricettore.
Bonifica siti inquinati. In base al «Semplificazioni-bis» (che sul punto prevede la modifica diretta del dlgs 152/2006) l’operatore interessato all’intervento può iniziare la bonifica trascorsi 90 giorni dalla presentazione del progetto completo di «crono programma» all’Amministrazione competente ove nello stesso termine non sia intervenuto il rigetto dell’istanza. Ancora, ultimati gli interventi, effettuata la caratterizzazione e comunicata la stessa all’Agenzia ambientale regionale e all’Autorità competente di cui sopra, l’operatore potrà autocertificare l’avvenuta bonifica se entro 45 giorni da detta comunicazione non interviene atto amministrativo contrario. Dandone successiva comunicazione alla stessa Amministrazione competente l’operatore acquisirà altresì la disponibilità dell’area per gli usi legittimi. Altra novità è la limitazione ai soli siti industriali dello strumento di «messa in sicurezza operativa», riservando agli altri siti (come i residenziali, commerciali e verdi) le meno grevi procedure previste dal titolo V del dlgs 152/2006.