Giulia Leoni, Il Messaggero 29/10/2012, 29 ottobre 2012
SI ALLARGANO LE CREPE DEL SISTEMA FONDAZIONI
Il caso più eclatante è quello della Fondazione Mps: nel 2010 l’ente registrava un patrimonio netto contabile di 5,4 miliardi (pari a 3,688 miliardi al netto di debiti e svalutazioni). Cifre prosciugatesi l’anno dopo. Quando la fondazione riportava un patrimonio netto di 1,283 miliardi: solo 312 milioni, dopo le rettifiche passive. Un tonfo del 75,6% da un anno all’ altro, che sale al 107,4% cumulando 2010 e 2011. Numeri impressionanti. Ma non isolati. Che certificano la difficoltà delle fondazioni bancarie – in Italia se ne contano ben 88 – a puntellare il proprio patrimonio che scricchiola, messo a dura prova dalla crisi e dall’andamento dei mercati finanziari negli ultimi anni.
L’elaborazione de Il Messaggero (vedasi tabella) su dati raccolti sul sito dell’Acri (l’associazione che raggruppa le fondazioni) dipinge un quadro inequivocabile. Le prime dieci fondazioni del nostro Paese – fatte le opportune differenze - pagano tutte a caro prezzo l’adeguamento dei valori delle proprie partecipazioni. Qualche esempio: nel 2011, rispetto al 2010, la Fondazione Cr Verona ha registrato un calo del 50,1% nel patrimonio netto aggiustato sul patrimonio netto di bilancio. Seguita a ruota dall’Ente Cr Firenze (-32,7%) e dalla Compagnia San Paolo (-31,4%).
Anche le fondazioni più piccole sono state travolte dalla picchiata delle quotazioni dei titoli bancari e dal digiuno da dividendi. Come la trevigiana Fondazione Cassamarca (azionista di Unicredit) che nel 2011, ha segnato un calo del 58,8% rispetto al 2010 nel patrimonio netto aggiustato sul patrimonio iscritto a bilancio. Non è andata molto meglio alla Fondazione Cr Udine e Pordenone (-54,1%) o alla Fondazione Cr Trieste (-36,5%). In totale le fondazioni bancarie, a causa di investimenti principalmente concentrati nelle banche, nel 2011 hanno perso 7 miliardi (il valore contabile del loro patrimonio ha registrato un calo del 14,2%).
Stando così le cose, se le banche di origine non torneranno presto a distribuire dividendi gli enti si troveranno con le mani legate. A dover scegliere se erogare meno ai propri territori di riferimento - come è successo nel 2011 quando le fondazioni hanno finanziato l’8% in meno di nuove iniziative rispetto al 2010 (con una flessione del 20% negli importi) – o continuare a portare avanti la propria missione (conseguire scopi ad utilità sociale), andando di fatto a dilapidare le proprie risorse. Ben 18 fondazioni hanno un patrimonio inferiore a 69 milioni e pesano poco più dell’1,5% sul patrimonio complessivo del sistema.
Proprio per le più piccole il rischio default è concreto a maggior ragione perché le fondazioni non possono ricostituire il capitale. L’allerta c’è. Tanto che negli ambienti della Vigilanza del Tesoro (cui spetta la supervisione della pubblicazione dei bilanci) si starebbe seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di caldeggiare eventuali aggregazioni tra fondazioni. Le fusioni avrebbero peraltro indirettamente anche un risvolto positivo sul sistema bancario, in termini di maggiore solidità.
Dopodomani, mercoledì 31 ottobre, si terrà l’ottantottesima giornata mondiale del risparmio, organizzata dall’Acri e sicuramente il ministro dell’Economia Vittorio Grilli e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ribadiranno concetti già espressi sul ruolo fondamentale, per la stabilità del nostro sistema bancario, delle fondazioni. Che a poco più di vent’anni dalla loro costituzione (nacquero nel 1990 ad opera di Giuliano Amato) potrebbero presto, gioco forza, trovarsi al centro di un processo di consolidamento. Difficile da attuare. Non fosse altro – taglio di poltrone a parte – che per il loro forte radicamento al territorio di riferimento: nel 2011 il 91% degli importi erogati è stato destinato alla regione di appartenenza.