Varie, 29 ottobre 2012
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 29 OTTOBRE 2012
«Per amore dell’Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d’amore che mi spinsero a muovermi allora» (Silvio Berlusconi mercoledì annunciando con una lettera l’intenzione di non candidarsi più a premier). [1] «Mi sento obbligato a restare in campo per riformare il pianeta giustizia perché ad altri cittadini non capiti ciò che è capitato a me» (Silvio Berlusconi sabato commentando col Tg5 la condanna a 4 anni nel processo sui fondi neri di Mediaset). [2]
La decisione berlusconiana di mercoledì è maturata in un clima di insopportabile tensione interna, con il partito a rischio di collasso e i sondaggi in caduta libera. [3] Pierluigi Battista: «I sondaggi sono crudeli. Tutto ciò che aveva fatto in un ventennio politico la forza di Berlusconi è diventato motivo di debolezza. Eppure se le primarie del centrodestra coinvolgessero davvero (non la solita visita guidata ai gazebo) una base larga, non solo di militanti, ma di gente comune che si mette in fila per scegliere un leader in competizione libera e leale tra candidati, forse si imboccherebbe non la strada per la vittoria elettorale, ipotesi molto remota, ma quella per la rigenerazione di una parte dell’Italia politica, molto consistente, che ancora non vuole essere condannata al destino dell’irrilevanza». [4]
Subito è partita la corsa affannosa per organizzare le primarie del 16 dicembre. [1] Battista: «Dovranno essere primarie autentiche: il contrario della cooptazione oligarchica con cui un leader magnanimo indica un suo successore. Primarie con divisioni nette, linee politiche differenti, aspiranti leader con profili personali caratterizzati». [4] Francesco Bei: «Tanto attese rischiano di trasformarsi in un tana libera tutti. Un forzista della prima ora come Roberto Tortoli mercoledì gelava così i pidiellini in festa: “Siete contenti perché se ne va? Non capite che adesso sarà una guerra di tutti contro tutti?”». [5]
Roberto Formigoni, bruciato in Lombardia, medita il gran passo. Bei: «Giancarlo Galan lo ha già annunciato, Alessandro Cattaneo dei “formattatori” si prepara. E così Gianni Alemanno, il sindaco di Roma in fuga dallo squagliamento del Pdl nel Lazio e ormai proiettato verso una lista civica. Anche Daniela Santanchè ci sarà, in una posizione di attacco frontale ad Alfano e a tutta la vecchia guardia, “che deve essere rottamata dal primo all’ultimo”. Guido Crosetto e Giorgia Meloni non hanno ancora deciso. Sono tentati dal correre ma potrebbero anche accordarsi con il segretario». [5]
Alfano, il grande favorito, vive un paradosso. Ugo Magri: «Da una parte è costretto ad alzare il profilo personale e ad annunciare l’alba di un mondo nuovo (“La decisione di Berlusconi cambia il domani”, è stato il suo primo commento al passo indietro). Dall’altra, per liberarsi davvero del Cavaliere, Alfano non può che confidare nel suo aiuto. Perché se quello davvero si estraniasse dalla lotta barricandosi ad Arcore, oppure addirittura gli remasse contro, allora l’arcangelo ribelle finirebbe dritto all’inferno. Qualcuno, tra i tanti dietrologi del Pdl, già scommette che finirà così». [6]
Il centrodestra, si diceva, avrà bisogno di tempo per trovare un nuovo equilibrio. Marcello Sorgi: «L’ipotesi che, uscito il Cavaliere, tutti i pezzi sparsi si ricompongano miracolosamente, varrà - se varrà - per il Pdl, che con le primarie potrà designare, finalmente in modo democratico, il successore del Cavaliere (Alfano è il candidato che parte più forte). Se invece, come sembra, e come ha riproposto di recente il presidente del Senato Schifani, l’obiettivo è di ricomporre la coalizione, da Casini a Storace, che ha sempre vinto le elezioni quando s’è presentata unita, il cammino sicuramente sarà più lungo. I centristi infatti non hanno molta intenzione di farsi riattirare nel meccanismo dei due schieramenti alternativi». [7]
Per Casini la rinuncia di Berlusconi a fare il premier non cambia nulla: «Noi faremo una Lista per l’Italia, alle elezioni ci saranno Pd, Pdl, noi e poi Grillo». Roberto Maroni, segretario della Lega, ha invece lasciato intravedere un ritorno di fiamma con il Pdl definendo il passo indietro di Berlusconi «un atto di generosità che apre nuove prospettive per il futuro». I finiani si son subito mostrati scettici: secondo Italo Bocchino (numero due di Fli), l’addio dell’ex premier è «solo uno dei tanti annunci a cui ha abituato gli italiani, vedremo se è qualcosa di concreto o una semplice trovata propagandistica in vista delle elezioni siciliane (oggi lo spoglio, ndr)». [8]
C’era chi credeva che quello di mercoledì fosse l’addio definitivo del Cavaliere alla vita politica e chi, conoscendolo da anni, non ne era così sicuro. Francesco Grignetti: «A partire dal suo storico avversario Romano Prodi. “Aspettate a fare i titoli perché non si sa mai” ha detto il professore ai giornalisti. Anche il presidente della Lega Nord Umberto Bossi è cauto: “Berlusconi che lascia la politica? Non penso – ha risposto il leader leghista – Comunque se lo dice se la vedrà lui, ha un sacco di processi”». [9]
Venerdì Berlusconi è stato condannato a quattro anni di carcere (cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e tre dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese) nel cosiddetto “processo Mediaset” (frode fiscale sui diritti tv). Davide Carlucci: «Non accadeva da quattordici anni - dalla sentenza del 1998 per All Iberian, prescritta due anni dopo - che un tribunale si pronunciasse con una condanna nei confronti di Silvio Berlusconi. E mai la pena è stata così alta, con una sentenza pesante anche nelle motivazioni, lette in aula dal presidente del collegio». Il Cavaliere non rischia comunque la detenzione: la pena, per tre anni, è condonata dall’indulto. [10]
«Tutti i candidati alle primarie del Pdl si ritirino. Occupare quel posto sarebbe usurparlo: è di Berlusconi, deve riprenderselo Berlusconi»: così Daniela Santanchè ha commentato la notizia della condanna del Cavaliere. Poi ha spiegato: «Ritirandosi Berlusconi si indebolisce molto. È meglio che stia in politica, a capo di un partito. Può combattere meglio. Ci sono milioni di italiani che vogliono combattere per il garantismo». [11] Alle porte c’è il più temuto dei giudizi, quello per concussione e prostituzione minorile del processo Ruby, atteso da qui a poche settimane. [12]
Berlusconi non poteva cancellare il documento dell’addio. Lopapa: «Ma “così non possiamo andare avanti”, così senza una forza politica che lo supporti e lo difenda, spiegano i fedelissimi». [12] Sabato pomeriggio a Lesmo (Monza) Berlusconi ha confermato che non si candiderà più alla carica di premier («per facilitare l’unione di tutti i moderati»), ma ha rilanciato il suo impegno in politica («da presidente del mio movimento»): per cambiare la Costituzione (più poteri al presidente del Consiglio), per far ripartire l’economia (ha criticato il governo tecnico, esperienza che non intende ripetere) e, soprattutto, per porre fine a quella che ha definito «magistratocrazia». [13]
Note: [1] Carmelo Lopapa, la Repubblica 25/10; [2] corriere.it 27/10; [3] Ugo Magri, La Stampa 25/10; [4] Pierluigi Battista, Corriere della Sera 25/10; [5] Francesco Bei, la Repubblica 25/10; [6] Ugo Magri, La Stampa 26/10; [7] Marcello Sorgi, La Stampa 25/10; [8] Alberto D’Argenio, la Repubblica 25/10; [9] Francesco Grignetti, La Stampa 26/10; [10] Davide Carlucci, la Repubblica 27/10; [11] Annalisa Cuzzocrea, la Repubblica 27/10; [12] Carmelo Lopapa, la Repubblica 27/10; [13] corriere.it 27/10, lastampa.it 27/10.