Aldo Grasso, Corriere della Sera 29/10/2012, 29 ottobre 2012
«X FACTOR» FUNZIONA PERCHE’ SA COINVOLGERE
Come si giudica un successo televisivo ai tempi della frammentazione degli ascolti, dell’abbondanza dei canali e della «convergenza dei media»? Certo, gli ascolti restano la principale metrica, ma altri parametri entrano in gioco. Perché un conto è un programma seguito da un pubblico che sonnecchia sul divano o svolge altre attività; e un altro conto è un programma che catalizza un pubblico che comunque «partecipa» a quanto va in onda.
Prendiamo il caso di «X Factor», il talent show approdato nel bouquet a pagamento di Sky (e, solo in seconda battuta, su Cielo, ovvero su una rete nativa digitale visibile a tutti). La partenza del programma è stata scoppiettante, due settimane fa: il barometro dell’Auditel ha rilevato 815mila spettatori che hanno seguito il programma in diretta, cui bisogna aggiungerne altrettanti fra Cielo (660mila) e «ascolto differito». La puntata poteva godere dei vantaggi della partenza, di un ospite internazionale di grande richiamo (Robbie Williams), e di una contro-programmazione importante ma non troppo aggressiva. La seconda puntata, in onda giovedì scorso, si è riassestata sui livelli delle selezioni e del «boot-camp», anche a causa della partenza del programma di Santoro: 538mila spettatori live.
Ma questi numeri non dicono ancora tutto. Oltre alla valutazione della composizione del pubblico, è ormai prassi rilevare quanto l’audience sia attiva, partecipe, «sociale». Qui le cose si capovolgono, perché la seconda puntata ha fatto registrare quasi il doppio di televoti (766mila), nonché un numero altissimo di tweet (20 mila, con #XF6 fra i trending topic). Se Sky vive di sottoscrizioni prima che di pubblicità, il grado di «engagement», di coinvolgimento, del pubblico è una metrica rilevante quanto l’Auditel.
Aldo Grasso
In collaborazione con Massimo Scaglioni,
elaborazione Geca Italia su dati Auditel