Stefano Montefiori, Corriere della Sera 29/10/2012, 29 ottobre 2012
SARKO’ E IL CAVALIERE DALL’IDILLIO AL GELO. MALUMORI NEL SEGNO DI CARLA’ E ANGELA —
Silvio Berlusconi indica in Nicolas Sarkozy e Angela Merkel i suoi assassini politici e attacca il direttorio «Merkozy», eppure c’è stato un momento non troppo lontano in cui la scena europea era dominata da un’altra bizzarra chimera, quella che gli osservatori francesi (da Pierre Musso a Daniel Cohn-Bendit a Régis Debray) chiamavano Sarkoberlusconisme: miscela di ammirazione per il successo e il denaro, disprezzo per le élite, atlantismo, straordinaria capacità di comunicazione. E all’interno di quella coppia a lungo vincente ci sono stati un maestro — Silvio Berlusconi — e un allievo, Nicolas Sarkozy.
Villa Certosa, già teatro delle feste per le quali Berlusconi in Francia è stato infinitamente deriso, nel 2005 ebbe tra i suoi ospiti un Sarkozy non ancora presidente, venuto umilmente a imparare i segreti del carisma berlusconiano. Pochi giorni dopo l’elezione all’Eliseo, il 9 maggio 2007, Fedele Confalonieri confermò: «Due anni fa Sarkozy è venuto in Sardegna per chiedere dei consigli a Berlusconi. Non sul fondo delle questioni politiche, ma sulla maniera di comunicare». Silvio, allora, portava fortuna a Nicolas.
Il leader francese era pieno di stima per l’italiano. Lo vedeva come un decisionista in politica e, quanto al resto, una versione accattivante del tipo umano — il miliardario — che a Sarkozy è sempre piaciuto, da Vincent Bolloré a Bernard Arnault. Due giorni dopo la vittoria su Ségolène Royal Berlusconi poteva dichiarare — senza temere smentita — che «Sarkozy ha visto in me un modello. Le sue idee sono, guarda caso, le stesse che sottolineo nei miei discorsi».
In realtà, nei primi mesi della sua presidenza, Sarkozy si distacca da Berlusconi su non poche questioni importanti, come per esempio l’atteggiamento verso gli avversari di sinistra: se Berlusconi li chiama eternamente «comunisti», Sarkozy sceglie l’ouverture chiamando a collaborare con lui personalità della gauche, da Jacques Attali a Bernard Kouchner. Ma resta lo stupore di Sarkozy per la capacità di Berlusconi di ottenere il consenso.
Al vertice bilaterale del 2009, Berlusconi arriva con il 53% di popolarità, Sarkozy il 37. Silvio lo chiama «il mio amico Nicolas», Sarkozy gli dice ammirato «E meno male che non sei un professionista della politica. Pensa solo se lo fossi!».
Ma la simpatia reciproca, alimentata dal buon francese di Berlusconi, si scontra con il giudizio più severo di Carla Bruni. Quando Berlusconi fa la battuta su Obama abbronzato, la moglie ex italiana di Sarkozy commenta «certe volte sono contenta di essere diventata francese». Durante una conferenza stampa sulla cooperazione tra i due Paesi, mentre Sarkozy sta dicendo «Con Silvio Berlusconi abbiamo deciso...» lui lo interrompe con un inciso in francese: «Io ti ho dato la tua donna». Sarkozy, per la prima volta imbarazzato, scuotendo la testa: «Sì... Non sono sicuro che io debba ripetere questa battuta».
È l’inizio di una serie di gaffe e di malumori. Durante il G8 dell’Aquila, Bruni-Sarkozy diserta gli impegni ufficiali e la visita a Roma e il Giornale la accusa di «cafonaggine», costringendo Berlusconi a scusarsi. Nel maggio 2011, al vertice del G8 di Deauville, Sarkozy accoglie sulla porta dell’Hotel Normandy tutti i capi di Stato e di governo, e ce n’è solo uno che non ha diritto al bacio sulla guancia di Carla Bruni-Sarkozy: Silvio Berlusconi.
Nicolas e Silvio sono diventati sempre più distanti, anche nello stile: Sarkozy ha abbandonato i toni troppo pop e cerca di interpretare con maggiore solennità la funzione di presidente della Repubblica; prima diceva di amare il Grande Fratello in tv, poi su influsso di Carla comincia a citare il cinema danese di Carl Theodor Dreyer. Berlusconi, tra grane giudiziarie e bunga bunga, certamente non è più modello di comunicazione, e a dividerli ormai c’è anche la sostanza: l’affare Bini Smaghi (che tarda a lasciare il posto a un francese nel board della Bce) fa infuriare Sarkozy. «Più arrogante che intelligente», lo fulmina infine Silvio, nel settembre scorso. Quando ormai non sono più leader né, da tempo, amici.
Stefano Montefiori