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 2012  ottobre 29 Lunedì calendario

CHI CI GUARDA E CHI CI TEME

Con l’adesione di Silvio Berlusconi al No Monti Day, il Pdl si è virtualmente dimesso dal Partito popolare europeo. Vi potrà un giorno rientrare; ma, ormai è chiaro, dovrà farlo senza e forse anche contro il suo fondatore, che indica nei leader di quella famiglia politica i carnefici dell’Italia. Subisce così un altro duro colpo la speranza, esplicitata a settembre da Giorgio Napolitano, che la nostra politica possa trovare nella sua «europeizzazione» la via per risorgere dalle ceneri e risollevarsi dal fango. Al contrario, l’anomalia italiana si sta radicalizzando. Dei protagonisti delle prossime elezioni ben cinque ormai, Berlusconi, Maroni, Grillo, Vendola e Di Pietro, si propongono di spezzare le reni alla Germania e di rottamare l’agenda Monti. Che ci faccia il Pdl in tale compagnia, dopo un anno di sostegno al governo, se lo chiede anche lo stato maggiore di quel partito, che per la prima volta sta apertamente resistendo al suo leader.
Non è un caso che la legge contro cui i falchi stanno tentando la spallata si chiami «di Stabilità». È bastato che i mercati mettessero giù per un attimo la frusta dello spread perché ricominciasse la danza degli irresponsabili. Accadde anche nell’autunno del 2011: appena la Bce spense l’incendio comprando i nostri titoli, Roma si rimangiò le promesse. Diventò tristemente noto in Europa come the Berlusconi trick, il trucco di Berlusconi. Fu questa la causa della umiliante sghignazzata con cui Merkel e Sarkozy buttarono giù il governo italiano. Non si trattò di un «tentativo di assassinio della mia credibilità internazionale», come protesta un anno dopo l’ex premier, per la semplice ragione che quella credibilità era già esaurita fino all’ultima goccia. Fu piuttosto un tentativo di evitare che la crisi di credibilità dell’Italia trascinasse con sé l’euro.
Ma il contagio italiano può tornare ora a spaventare l’Europa e i mercati. Non perché qualcuno pensi che Berlusconi riesca davvero a vincere le elezioni e, insieme con Maroni, a staccare l’Italia dalle Alpi. Ma perché la sua ri-ri-discesa in campo può contribuire a fare della nostra campagna elettorale una specie di Halloween di tutti gli spettri antieuropei e xenofobi che si aggirano nel continente: un esperimento in grande stile, in una grande nazione fondatrice, di ripudio dell’Unione.
Il significato delle prossime elezioni è dunque segnato: sarà una conta tra chi pensa che l’Europa sia la causa e chi pensa che l’Europa sia la soluzione dei nostri problemi. Da che parte starà il Pdl? Dove porterà i milioni di elettori moderati e conservatori che ancora rappresenta?
Dicono che intorno a Berlusconi agisca una specie di cordone sanitario composto da Letta, Confalonieri, Doris e Ferrara: il gruppo che l’aveva convinto al passo indietro riconoscendo al governo Monti, appena quattro giorni fa, «una direzione riformatrice e liberale». Sarebbero loro ad aver scongiurato in extremis l’apertura di una crisi per vendicarsi di una sentenza. Ma il partito? Alfano, chiuso in un silenzio che si spera siculo, e cioè in attesa del risultato del voto regionale, si lascerà rottamare a quarant’anni? O impugnerà le primarie già depotenziate per condurre un’aperta battaglia politica contro il partito di Villa Gernetto? Un deputato del Pdl ha detto ieri che «Berlusconi è in minoranza nel partito». Sarà il caso che si contino.
Antonio Polito