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 2012  ottobre 29 Lunedì calendario

Ornaghi, il cattolico austero che ora passa per lottizzatore - Rimasto ostinatamente de­filato per undici mesi, il ministro dei Beni cultura­li, Lorenzo Ornaghi, è diventato famoso negli ultimi giorni grazie a Giovanna Melandri

Ornaghi, il cattolico austero che ora passa per lottizzatore - Rimasto ostinatamente de­filato per undici mesi, il ministro dei Beni cultura­li, Lorenzo Ornaghi, è diventato famoso negli ultimi giorni grazie a Giovanna Melandri. Di colpo, si è fatto la fama dell’uomo che usa i poteri a capriccio invece che per il bene della cosa pubblica. Il conferimento della guida del mu­seo Maxxi alla vezzosa deputata del Pd ha infatti suscitato l’indi­gnazione generale. Di Melandrina, a parte la gra­zia, null’altro è noto. Come mini­stro dei Beni culturali (1998-2001) si ha il solo ricordo della nursery che installò nello studio per le poppate del suo bebè. Da ministro dello Sport, tra il 2006 e 2008, quando apriva boc­ca i giornalisti la correggevano. Lei parlava dei «corridori della bi­cicletta» e loro rimbeccavano: «Si dice ciclisti». Diceva «pallaca­nestristi » e gli altri in coro: «Si chiamano cestisti». Una delizio­sa svampita. Dunque, appena si seppe del Maxxi, si disse subito che era un favoritismo e che Ornaghi era im­beccato dall’ex capogabinetto, Salvo Nastasi, un barbuto trenta­noven­ne che al ministero fa il bel­lo e il cattivo tempo. Costui avreb­be suggerito Melandri per ragio­ni parentali. Giovanna è infatti la cuginetta di Gianni Minoli, l’an­chorman tv, di cui Nastasi è il ge­nero avendone sposata la figlia Giulia. In questo viluppo senti­mentale sarebbe rimasto irretito l’esimio professor Ornaghi, già rettore dell’università Cattolica di Milano e fedelissimo del cardi­nale Camillo Ruini, incline per formazione a favorire i ricongiun­gimenti familiari. Infatti,con l’in­carico a Melandri, diventano tre i membri della famiglia nel borde­rò del ministero ornaghesco: la neoassunta, il citato Nastasi e lo stesso Minoli, da tempo presi­dente del Museo di Arte contem­poranea di Rivoli. Sul pio Orna­ghi può avere anche influito l’im­pulso evangelico di lenire con la poltrona museale il dolore che Giovanna avrebbe provato tra breve per la perdita dello scran­no di Montecitorio, non più rin­novabile dopo cinque legislatu­re. La conferenza stampa con cui il ministro ha giustificato la sua decisione ha offerto un interes­sante colpo d’occhio. Tra Melan­dri e Ornaghi si è intrecciato un minuetto. «Parli lei, ministro». «Per carità, dica lei onorevole». «Le cifre le faccio io o le fa lei?», chiedeva Giovanna che si arra­battava a spiegare perché al Ma­xxi avrebbe fatto meraviglie. «Faccia lei, faccia lei», faceva lui con la sua voce profonda alla Bru­no Pizzul (suo soprannome alla Cattolica, anche per la somiglian­za fisica, nel tondo ). A un certo punto, spiegando perché l’aveva scelta, Ornaghi ha detto: «È una persona di valore: ha la Legione d’onore e una laurea honoris cau­sa ». La spiegazione sembrò una tale cavolata che i giornalisti scoppiarono tutti a ridere. Poco dopo però il riso divenne rabbia. Quando infatti, finito il valzer tra i due, fu il loro turno di parlare, Gerardo Ferra­ri, portavoce del mini­stro, sibilò: «Non più di tre domande». «A testa?», urlò uno. «In tutto», replicò l’altro. Il brusìo di scon­certo divenne ira quando, fatta la prima domanda scomoda, Fer­rari la censurò sentenziando: «Questa non è una domanda», co­me fossimo a Cuba. L’incontro fi­nì nel gelo e confermò l’impres­sione che il ministro fosse sorve­gliato a vista, che se ne impipi del­la stampa e che, per dirla tutta, non è chiaro cosa combini tutto il giorno. Non solo i giornalisti non riescono a incontrarlo perché Ferrari, dopo averli tenuti setti­mane sulla corda, rifiuta l’intervi­sta, ma è lo stesso Ornaghi che è uccel di bosco al ministero. Non lo si vede quasi mai e, in circa un anno, si sarebbe af­facciato sì e no dieci di volte. Ornaghi è rimasto con la testa a Milano in Largo Gemel­li, sede dell’università Cattolica. Ogni inizio settimana, cascasse il mondo, è nel suo ufficio al primo chiostro come fa dal 2002, l’anno in cui fu nominato Rettore, ricon­fermato poi altre due volte. Con­duce la vita che faceva prima di es­sere ministro e ha le mani in pa­sta allo stesso modo. Si è dimesso da Rettore dieci mesi dopo l’en­trata nel governo, solo quando è stato certo che il successore sarà Franco Anelli, suo alter ego. Lorenzo è uno scapolo dalla vi­ta discreta. Non ha auto propria perché oggi ha quella blu del ministero e a Milano veniva a prenderlo l’autista della Cattolica per depositarlo in Rettorato do­ve si asserra­gliava con i suoi uomini. In primis, il quarantasettenne Ferrari, che già conosciamo co­me cerbero antigiornalisti al mi­nistero, e che prima era portavo­ce dell’Università. Poi il fedele se­gretario, Alessandro Tuzzi, un trentacinquen­ne che Orna­ghi, una volta ministro, ha prima promos­so vicediretto­re amministra­tivo dell’Ate­neo e in segui­to piazzato, co­me Caligola fe­ce col cavallo, nel cda della Scala. Nomina che, come quella di Melandri, fece scalpore. Truzzi, infatti, ha zero competenze musicali come Gio­vanna non capisce un acca di ar­te. Due scelte che stridono clamo­rosamente con gli insegnamenti dell’Ateneo che Ornaghi diresse per lustri. Infatti, per ironia, la Cattolica ha un corso di laurea proprio per manager culturali (musei, teatri, ecc) in cui allo stu­dio dell’economia si unisce quel­lo di lettere e arti, nella convinzio­ne che solo dal connubio nasca il dirigente ideale di un’istituzione artistica. Ornaghi, invece, proprio quan­do, da ministro, ha l’occasione di fare scelte coerenti casca nel vi­zio nazionale di intrufolare un suo favorito e la raccomandata di turno. Le nomine sono la sua uni­ca­attività e se continua così la so­la impronta che lascerà al mini­stero è di averle sbagliate tutte. Ne sta facendo una grossa pure al Museo Egizio di Torino dove, sempre su input del prezzemole­sco Nastasi, ha proposto la segre­taria del medesimo, Carla Gobet­ti, a presidente del Collegio dei re­visori. Pare però che la signora manchi di qualsiasi titolo d’ido­neità e che sotto la Mole schiumi­no di rabbia. Lorenzo è un imponente sin­gle di 64 anni nato nel borgo mon­zese di Villasanta. Fu pupillo di Gianfranco Miglio di cui ha poi ereditato la cattedra di Dottrine politiche alla Cattolica. Prima, però, si fece le ossa nell’Ateneo di Teramo, chiamato da Rocco But­tiglione, attuale presidente del­l’Udc. Di qui, la voce che Lorenzo voglia nel 2013 farsi incoronare deputato con il partito di Casini. Suo Lord Protettore è il cardinale Ruini che lo impose come retto­re. Fa inoltre coppia fissa con Di­no Boffo - anche lui nelle grazie di Ruini e protégé del cardinale Bagnasco - che, come membro del cda,è la sua pedina nell’Istitu­to Toniolo, cassaforte della Catto­lica. Insomma, è molto addentro nelle cose dei preti tanto che prende parte alle loro liti. Quan­do il cardinale, Tarcisio Bertone, tentò di fare le scarpe al cardina­le Dionigi Tettamanzi (era in pa­lio la guida del Toniolo), Ornaghi si mise con Dionigi e gli ispirò una letteraccia al Papa contro Tarcisio. Per la cronaca, vinse Lo­renzo. Ma resta il quesito: che ci fa un chierico nel governo della Repubblica italiana?