Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri una manifestazione di (forse) 20-25 mila persone ha fatto ammattire il traffico di Roma, al punto che i tassisti, da un certo momento in poi, si sono rifiutati di accettare corse che attraversassero il centro storico. Oltre tutto pioveva. Questo caos ha provocato lo sdegno del sindaco Alemanno e ha fatto naturalmente la felicità dei manifestanti. Chi erano costoro? Si trattava, almeno ufficialmente, degli esodati aderenti a Cgil, Cisl e Uil e Ugl, impegnati in una manifestazione unitaria. Abbiamo scritto esodati senza le virgolette perché siamo certi che i lettori – visto che da giorni e giorni si parla di questa nuova categoria di lavoratori – sanno perfettamente di chi stiamo parlando.
• Io invece non ne ho la minima idea.
Come al solito. “Esodati”, “exodus”, capisce? Mettiamo che le l’anno scorso, diciamo verso giugno, si sia accorto che le mancava poco più di un anno alla pensione, che avrebbe maturato – supponiamo – il 1° gennaio 2013. È andato allora dal suo capo del personale e ha proposto: datemi qualcosa e io me ne vado in anticipo. Accordo fatto, lei si è licenziato e dopo un po’ è arrivata la Fornero, ha riformato il nostro sistema pensionistico e, mentre tutto il mondo occidentale applaudiva, lei ha scoperto che il suo diritto ad andare in pensione non scattava più il 1° gennaio 2013, ma il 1° gennaio 2019. Sette anni da licenziato e con zero euro di reddito. Ecco la condizione degli esodati. Capito di che si tratta?
• Beh, intanto si potrebbe andare dai capi azienda e dirgli: sono cambiati i parametri e adesso perciò mi riprendete.
Ci hanno provato alle Poste. Niente da fare.
• Allora gli esodatidevono andare in pensione con le regole di una volta. Con le regole precedenti alla riforma Fornero, voglio dire. Oppure, bisogna che lo Stato mi dia dei soldi per tutto il periodo in cui sono scoperto.
Appunto. E su questo sono tutti d’accordo. Il problema è: quanti sono gli esodati?
• Quanti sono?
Il ministro Fornero dice che sono 65 mila. E lo dice da quando è stata approvata la riforma delle pensioni, cioè dalla fine del 2011. Allora vennero anche stanziate le somme per permettere a queste persone di tirare avanti in qualche modo fino al ritiro: 240 milioni per il 2013, 630 milioni per il 2014, 1 miliardo e 40 milioni per il 2015, 1,2 miliardi per il 2016, un miliardo per il 2017, 610 milioni per il 2018 e 300 milioni per il 2019. Siamo certi però che il numero 65.000 sia giusto? Fornero ha disposto un nuovo calcolo e convocato intorno a un tavolo (battezzato subito “tavolo tecnico”) gli esperti del ministero, quelli della Ragioneria generale e quelli dell’Inps. Costoro hanno confermato: 65 mila. E i sindacati, a questo punto, non ci hanno visto più: non è vero – hanno gridato – sono più di 300 mila. Questo numero discendeva da altri calcoli, fatti con criteri diversi e che al momento non conosciamo (Bonanni nel comizio di ieri ha sostenuto – se abbiamo capito bene – che il ministero tiene conto degli accordi dell’ultimo biennio, mentre bisognerebbe computare almeno gli ultimi 48 mesi). È capitato poi che Mauro Nori, direttore generale dell’Inps, sia stato convocato in Parlamento e abbia pronunciato, mentre si parlava della vicenda, il numero 130 mila. Questo ha ridato fiato alle trombe dei sindacati e costretto l’Inps a precisare che non c’è contraddizione tra i 130 mila di Nori e i 65 mila del tavolo tecnico, dove oltre tutto l’Inps era rappresentata: anche qui s’è trattato di accorpamenti di categorie diverse, criteri diversi, eccetera. In conclusione: quanti sono gli esodati non lo sa nessuno e probabilmente, man mano che si andrà avanti, i governi (da qui al 2019), dovranno integrare le cifre stanziate nel 2012 per farle coincidere con quelle degli esodati effettivi. Sperando che non ci siano imbrogli. E che gli esodati, come i falsi invalidi, non diventino un’altra maschera della commedia italiana. Con sindacati, partiti, lobbies che gridano di rappresentarli e chiedono voti e tesseramenti.
• Le posso dire una cosa minima? Ho trovato strana la manifestazione fatta di venerdì. A Roma, per tradizione, non si sfila sempre di sabato?
È su questo che ha protestato il sindaco Alemanno, adoperando le parole (esagerate) «sfregio di Roma». Il sindaco dice che gli organizzatori avevano previsto la presenza di «cinquemila persone», invece, secondo lui, sarebbero state «venticinquemila». In questi due numeri, tuttavia, sta anche la risposta alla sua domanda. Una manifestazione unitaria di tutti quanti, Cgil-Cisl-Uil più il sindacato di destra Ugl che, mentre si discute la riforma del lavoro e si vuol fare la lotta alla riforma delle pensioni, sa portare in piazza appena 5-25 mila lavoratori? Ma con questi numeri, se l’avessero fatta di sabato, non se ne sarebbe accorto nessuno, come avviene ormai regolarmente ogni sabato. Facendola di venerdì, e mezzo paralizzando la città, ci hanno costretto a occuparcene. Nonostante che, numericamente parlando e ricordando cos’erano le sfilate di un tempo, il corteo debba essere considerato un mezzo fallimento.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 14 aprile 2012]