Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 14 Sabato calendario

Obama, solo 800 mila dollari di reddito ma fa il record di fondi elettorali – NEW YORK - Nella ricchezza personale non c’è gara

Obama, solo 800 mila dollari di reddito ma fa il record di fondi elettorali – NEW YORK - Nella ricchezza personale non c’è gara. Barack Obama insieme a Michelle ha guadagnato "solo" 789.674 dollari, una gran bella cifra per l’americano medio ma un’inezia rispetto ai 21 milioni di reddito del suo rivale repubblicano Mitt Romney. Il presidente si riscatta quando la sfida è sui soldi altrui, da raccogliere per l’arsenale della campagna elettorale. Qui il distacco è a suo favore, finora. Nella campagna presidenziale più costosa della storia, Obama si avvia a superare il suo record personale del 2008, quando incassò dai suoi sostenitori 750 milioni. Romney arranca dietro, per adesso il suo obiettivo realistico è arrivare a quota 600 milioni. Ieri la "dimensione economica" della politica americana ha dominato l’attenzione. Non a caso: siamo proprio nel penultimo giorno utile per la presentazione al fisco della dichiarazione annua dei redditi. Su questo fronte, Obama può sfruttare a proprio favore un vantaggio d’immagine: è moderatamente ricco, ma sta dalla parte di chi guadagna molto meno di lui. Il suo reddito è calato parecchio, rispetto agli anni d’oro in cui lui incassava diritti d’autore sui suoi best-seller ("I sogni di mio padre" e "L’audacia della speranza") e Michelle era ancora un’affermata professionista in campo legale. Ancora nel 2010 i coniugi dalla Casa Bianca avevano dichiarato 1,7 milioni, di cui meno di un quarto dallo stipendio presidenziale a carico del contribuente. Ma è proprio come contribuente che Obama fa una figura migliore del suo avversario: lui paga un’aliquota media federale (al netto dell’imposta locale) pari al 20,5%. Romney invece se la cava con il 15%, come tutti i finanzieri che hanno il privilegio di trasformare legalmente un reddito in una plusvalenza sui capitali investiti (che ha un prelievo secco agevolato). È questa stortura del sistema fiscale, una delle principali linee di attacco di Obama: in questi giorni il presidente è di nuovo all’offensiva per promuovere la Buffett Tax, così chiamata dal nome del miliardario più ricco e progressista d’America, quel Warren Buffett che protestò pubblicamente di pagare un’aliquota inferiore alla sua segretaria. Obama vuole che il Congresso approvi un’imposta minima del 30% su chiunque superi il milione di reddito annuo. Ha gioco facile a descrivere la resistenza di Romney come la prova che il repubblicano è un esponente tipico dell’"un per cento", un’oligarchia privilegiata ed egoista. Ma sul fronte delle spese elettorali Obama non è certo un angioletto. Bob Edgar, democratico come lui, lo accusa di avere dimenticato le promesse del 2008 sulla moralizzazione delle campagne. Edgar dirige Common Cause, un’associazione che si batte per limitare le spese elettoralie tornare al finanziamento pubblico. Obama tradì quel sogno: nel 2008 rinunciò al finanziamento pubblico per poter raccogliere senza limiti le donazioni dei suoi sostenitori. Fu un trionfo, sull’onda dell’entusiasmo che circondava la sua candidatura Obama umiliò con un "quattro a uno" il suo rivale di allora, John McCain: questa fu la sproporzione nei fondi elettorali trai due. Anche se l’idealismo del 2008 è un ricordo, tuttora Obama resta un temibile combattente nella raccolta di fondi. Dall’inizio di quest’anno ha già partecipato a un centinaio di eventi pubblici appositamente organizzati per i donatori. Romney è in ritardo su di lui, però può contare su un "movimento parallelo": i famigerati Super-Pac (Political Action Committee), strumenti che consentono legalmente alle grandi imprese e alle lobby di fare campagna in proprio, spendendo senza limiti in pubblicità televisiva per sostenerei loro interessi e quindi il programma della destra. «E’ questa la ragione per cui dobbiamo tornare al finanziamento pubblico - sostiene Edgar - altrimenti è il denaro del capitalismo a decidere le elezioni».