Giovanni Caprara, Corriere della Sera 14/04/2012, 14 aprile 2012
L’INSOLITO SISMA DI PALERMO: «NESSUNO SCONTRO TRA PLACCHE»
«Una sorpresa inaspettata». Con queste parole accompagnate da grande cautela Alessandro Amato dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) descrive il forte terremoto avvenuto ieri mattina alle 8.21 che ha scosso Palermo. La sua magnitudo per fortuna era contenuta (4.2 della scala Richter) ma abbastanza per spingere la gente impaurita in strada, creare una fessura lunga cento metri nel suolo antistante il tribunale, provocare la caduta di cornicioni e far correre i vigili del fuoco subissati dalle chiamate. Il palazzo della Regione veniva evacuato come altri edifici pubblici e altrettanto ordinava il sindaco di Monreale. Per fortuna il bilancio è stato di tanta paura e pochi danni.
Inquieti e preoccupati, invece, sono rimasti i geofisici che si trovano davanti a un evento di nuovo tipo che nemmeno la storia geologica della regione aiuta a decifrare. L’ipocentro del sisma, cioè il punto in profondità dove si è originato, è stato identificato con qualche difficoltà a poco più di dieci chilometri e distante dalla costa una trentina di chilometri, in direzione di Ustica. Gli effetti si sono avvertiti comunque a Trapani, a Mazara del Vallo e un brivido ha colpito anche lo «speleonauta» Igor D’India che da 19 giorni è chiuso in una grotta profonda 25 metri con l’intento di rimanerci un mese.
«La sorpresa — spiega Alessandro Amato — sta nel fatto che in quella zona ci si aspettano terremoti causati dallo scontro tra la placca africana alla quale appartiene la Sicilia e quella europea, la cui linea di separazione è una trentina di chilometri più a Nord dove numerosi sono i movimenti del suolo. Invece in questo caso siamo davanti a un fenomeno di distensione della crosta terrestre che si è mossa in direzione Nordest-Sudovest. È un tipo di fenomeno analogo nel carattere ai terremoti degli Appennini».
Ma imprevisto in questa zona, dove, in aggiunta, nelle tre ore e mezza successive al tremore di picco si sono registrate altri tre sussulti, però di minore intensità (la massima era di 3.1 scala Richter). Infatti anche l’ultimo terremoto che ha colpito Palermo nel 2002 (5.8 scala Richter) era conseguenza dello scontro tradizionale tra le placche e risalendo nel passato non emergono riferimenti utili. La città, tra l’altro, si trova in una zona classificata a pericolosità medio-bassa, pur essendo al confine con la fascia a pericolosità medio-alta della Sicilia settentrionale. Gli unici eventi che hanno colpito il capoluogo e la costa Nord in modo significativo risalgono al 1726 (ottavo/nono grado della scala Mercalli) e al 1823 a Naso, verso Messina, anch’esso dell’ottavo grado della scala Mercalli. Ma di questi non ci sono valutazioni sulle caratteristiche geofisiche perché le stime sono solo legate ai danni provocati.
«Ora il nostro compito sarà appunto quello di indagare per cogliere qualche eventuale traccia ma sarà sempre connessa all’oggi e non certo al passato remoto. Per questo, oltre a essere impossibile prevedere che cosa succede con i terremoti in futuro, nel caso specifico non possiamo nemmeno effettuare delle proiezioni basate sulle statistiche storiche». Un’altra sfida per la ricerca.
Giovanni Caprara