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 2012  aprile 14 Sabato calendario

POVERA CLASSE MEDIA SENZA PIÙ MODELLI

Il declino dell’uomo americano

L’ultimo libro di Charles Murray spiega come è finito il mito della tradizionale "way of life" Le sue tesi hanno provocato reazioni polemiche di intellettuali "liberal" come Krugman.

Vi ricordate l’America? L’America dei film di Frank Capra, ma anche di John Wayne e di decine di serie televisive: quell’insieme di ambizione, lavoro duro, certezze religiose, solidità familiare, scrupolo morale, spirito di solidarietà, attivismo comunitario che rendevano l’American way of life un impasto unico al mondo, condiviso in ogni angolo e in ogni strato sociale del paese.
Quell’America non c’è più. Si sta erodendo e disgregando, scrive Charles Murray nel suo ultimo libro, Coming apart, anche dove è nata, nel suo cuore storico: l’America bianca.
Murray è un uomo di destra. Il suo libro più famoso, The Bell Curve, è stato al centro di aspre polemiche, perché sembrava implicare una inferiorità genetica dell’intelligenza dei neri. Anche per questo, forse, nel nuovo libro, Murray si concentra sull’America bianca. Ma pure questa finisce per essere una scelta di destra, che individua nei soli bianchi i depositari di quegli ideali e di quei valori, in contrapposizione all’America multicolore di Obama. Come è di destra l’idea che l’erosione dell’American way of life non sia generalizzata, ma contrapponga una parte del paese, che le rimane fedele, ad una parte che se ne allontana e che questa spaccatura si sia aperta con la "rivoluzione culturale" degli anni ’60: rock, marijuana, diritti civili e liberazione della donna. Sembra di sentire la retorica di Rick Santorum e di Newt Gingrich contro le élites liberal delle due coste, lontane dall’America profonda. Murray le distingue anche geograficamente, isolando le élites in una serie di enclaves, i superZip, cioè distretti postali (superCap, li chiameremmo noi), sparsi fra New York, San Francisco, Chicago e Philadelphia, rispetto all’America delle città ex operaie della Pennsylvania o del Michigan. A distinguerle sono le differenze di reddito, ma Murray, come tutta la destra americana, insiste che la divaricazione principale non è economica o politica. È culturale. La contrapposizione tra un’America delle classi alte, convertita al camembert e al Borgogna, allo yogurt e al muesli, e un’America delle classi inferiori, rimasta a birra e salsicce è, da molti anni, merce corrente su qualsiasi quotidiano. Murray ne riassume le caratteristiche, costruendo un virtuale superZip, Belmont, abitata da medici, avvocati, ingegneri e guru della finanza e una altrettanto virtuale città ex operaia, Fishtown, dove vive gente senza laurea, colletti blu, impiegati, commessi e misurandone aspirazioni e comportamenti. Ed è qui che Murray compie un’inattesae vistosa inversionea U, rispetto alla tradizionale propaganda della destra repubblicana. Perchéèa Belmont, fra le élites dei laureati e post-doc (il 20 per cento della popolazione bianca americana fra i 30 e i 50 anni), dicono i suoi dati, che l’American way of life continua a vivere e prosperare. Ed è nella Fishtown di una classe media che sprofonda verso il basso (30 per cento dei bianchi della stessa età) che quegli ideali e quei valori stanno svanendo.
L’immagine di due traiettorie divergenti è netta. Negli anni ’60, a Belmont il 94 per cento dei bianchi era sposato. A Fishtown, l’84 per cento. Nel 2010, era l’83 per cento a Belmont, il 48 per cento a Fishtown. Le ragazze madri bianche, nel 1970, erano l’1 per cento a Belmont, il 6 per cento a Fishtown. Nel 2008, a Belmont siamo ancora all’1 per cento, a Fishtown al 44 per cento. Anche il rapporto con il lavoro è diverso, per un bianco di 30-40 anni, a seconda che viva a Belmont o a Fishtown. Nel primo caso, ad aver rinunciato a qualsiasi tipo di lavoro era il 3 per cento, sia nel 1968 che quarant’anni dopo. A Fishtown la percentuale di uomini giovani che si dichiarano fuori dalla forza lavoro è aumentata dal 3 al 12 per cento. Il tasso di criminalità è rimasto, più o meno lo stesso, durante mezzo secolo, a Belmont, ma è aumentato di cinque volte a Fishtown. Anche la religione, così importante nell’immaginario morale americano, mostra la stessa divaricazione. A Belmont, gli agnostici o indifferenti sono saliti in quarant’anni dal 29 al 40 per cento.A Fishtown dal 38 quasi al 60 per cento.
Il libro di Murray ha suscitato, anche questa volta, polemiche vivaci. Gli intellettuali liberal non ne contestano i numeri, ma la loro spiegazione. Ciò che caratterizza, in questi decenni, Fishtown, dicono, è la costante erosione dei redditi, la discesa dei salari, la chiusura delle fabbriche e la perdita delle occasioni di lavoro, mentre Belmont diventava sempre più ricca. Paul Krugman, ad esempio, si chiede se sia il caso di sorprendersi se i giovani, rendendosi conto che non guadagneranno mai come i loro padri, smettono di sposarsi e condurre le loro famiglie come i loro padri: «Abbiamo creato una società, in cui molti giovani non vedono alcuna possibilità di raggiungere uno status da classe media. A questo punto, guardiamo alla loro incapacità di aderire ai valori della classe media e dichiariamo che ci deve essere qualche forza misteriosa che corrode la nostra moralità». L’accumularsi delle polemiche non stupisce: impostare la campagna elettorale su uno scontro intorno ai valori morali, piuttosto che sulle diseguaglianze sociali e le misure per il rilancio dell’economia è l’asse intorno a cui ruota l’imminente battaglia delle presidenziali. L’analisi di Murray, però, illustra il singolare rovesciamento della politica americana di questi anni. Perché il messaggio di sviluppo di Obama dovrebbe trovare l’eco migliore fra gli impoveriti di Fishtown e quello moralista dei repubblicani fra i pii abitanti di Belmont. Invece, avviene il contrario. Proprio fra i colletti blu dei bianchi trovano più facile eco i proclami contro l’aborto, la contraccezione, gli aiuti di Stato, che Santorum, Gingrich, Romney ripetono ogni giorno e Obama, dicono le elezioni precedenti e tutti i sondaggi, parte con il maggiore svantaggio.
Mentre i laureati post-doc di Belmont sembrano i più infastiditi dall’estremismo dei candidati repubblicani e i più pronti a riportare l’attuale presidente alla Casa Bianca.
Fra le possibili spiegazioni, una ne fornisce l’inchiesta condotta, nelle scorse settimane, dal New York Times. Anche se, apparentemente, sembra complicare ulteriormente il quadro. Dall’inchiesta risulta che le aree del paese che ricevono la quota maggiore di aiuti e sussidi pubblici, in termini economici o di assistenza diretta (Fishtown, sostanzialmente), sono anche quelli dove più forte è la presa elettorale della destra estrema del Tea Party, che si batte all’insegna del meno Stato, meno aiuti, meno debito, meno tasse (sui ricchi). L’elemento cruciale che esce dalle interviste fra gli aderenti del Tea Party è l’aspro, lancinante senso di colpa di chi si rimprovera di non essere in grado di sopravvivere senza aiuti e sussidi. Non è vero che, a Fishtown, l’American way of life è morta. Anche dove non si vede, scava nel profondo della psiche americana. Purtroppo, dice Krugman.