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 2012  aprile 14 Sabato calendario

LA SPAGNA SI AGGRAPPA ALLA BCE

La dipendenza della Spagna dall’Europa cresce di giorno in giorno. Il debito netto delle banche iberiche verso la Banca centrale europea ha fatto segnare un nuovo record a marzo raggiungendo un totale di 227,6 miliardi di euro, in aumento di quasi il 50% rispetto ai 152,4 miliardi di febbraio. Con un esposizione pari al 63% di quella accumulata nei confronti della Bce da tutto il sistema bancario continentale.
In grave difficoltà nel trovare risorse sul mercato e ancora indeboliti dalla crisi del settore immobiliare che ha lasciato pesanti buchi negli attivi di bilancio, gli istituti di credito spagnoli hanno fatto massiccio ricorso alle operazioni di finanziamento a tre anni effettuate dall’Eurotower a dicembre e a fine febbraio. Nelle operazioni barra libre - così le chiamano a Madrid avvicinando la liquidità offerta dalla Bce alle bevute gratuite al bancone dei locali della movida - si sono accaparrate 316 miliardi sui 1.100 miliardi lordi complessivi messi in circolo dalla Bce.
«Non ci sarà un salvataggio. Non è possibile un salvataggio della Spagna. Non c’è l’intenzione di farlo, non è necessario e non ci sarà», ribadisce il premier spagnolo, il conservatore Mariano Rajoy. Ma è ormai evidente che solo il sostegno della Banca centrale - prima con l’acquisto di titoli del debito, poi con i prestiti a tre anni - ha consentito a Madrid di non fare la fine di Grecia, Irlanda e del vicino Portogallo. La Spagna non ha dovuto chiedere il salvataggio dell’Unione e del Fondo monetario, ma in molti sostengono che sia stata già salvata, seppure con gli strumenti di Mario Draghi e non attraverso le risorse del fondo salva-Stati di Bruxelles. «I numeri dimostrano che la situazione è ben più grave di quanto molti pensano. La Spagna avrebbe dovuto arrendersi al salvataggio delle istituzioni internazionali se la Bce non si fosse mossa in aiuto delle banche», dice Angel Laborda della Fondazione delle casse di risparmio.
La Spagna dipende dall’Europa anche per ricominciare a crescere: il Pil che quest’anno dovrebbe contrarsi dell’1,7% non può contare sui consumi interni e deve quindi affidarsi alla ripresa continentale e alla domanda in arrivo dai suoi tradizionali partner commerciali. È tutta l’economia spagnola ad avere bisogno di supporto: secondo la Banca centrale di Madrid, il debito estero complessivo - pubblico e privato - accumulato dalla Spagna in questi anni di crisi ha raggiunto a fine 2011 il massimo storico di 1.775 miliardi di euro. Un record di certo superato con l’operazione a breve della Bce di febbraio. Il Paese da solo non ce la fa, il debito pubblico è aumentato anche se resta ancora intorno al 70% del Pil, sotto la media comunitaria. Ma le imprese, le famiglie e le banche sono esposte verso l’estero come mai in passato: è questa una delle grandi differenze con l’Italia che invece può contare su maggiori volumi di risparmio nazionale.
I tagli, le tasse e anche le riforme che pure Rajoy ha fatto, seguendo le indicazioni di Bruxelles per ora non hanno dato risultati. «I mercati rimangono molto scettici. Annunciare piani di risanamento pesanti (per quanto siano realistici) non è sufficiente. Pensiamo - spiega Antonio Garcia Pascual di Barclays - che la Spagna per riconquistare credibilità sui mercati dovrà dimostrare la capacità di rispettare gli obiettivi sul deficit e di crescita. Saranno decisivi i dati sul primo trimestre».
La debolezza delle banche si unisce a quella delle imprese e finisce per colpire le famiglie. Ora che gli investitori stranieri voltano le spalle alla Spagna - come dimostra la nuova crescita dei rendimenti dei bonos e il costante calo degli indici di Borsa - solo il soccorso della Bce sembra poter evitare il default.
Per l’Europa la crisi spagnola diventa un esame senza precedenti e senza appelli. Con il board della Banca centrale europea diviso, e non è la prima volta, su come agire. «Vediamo segni di stabilizzazione sul debito sovrano, ma la Bce è pronta ad agire se necessario», ha assicurato anche ieri, Jörg Asmussen, membro tedesco dell’Esecutivo dell’Eurotower, facendo riferimento all’acquisto di titoli spagnoli sul mercato secondario. Mentre Klaas Knot, olandese del board della Bce, ha affermato ieri che «non ci sono buone ragioni per riprendere il programma di acquisto» e ha detto di sperare che gli acquisti di titoli di Stato di Paesi dell’Eurozona «non saranno più usati in futuro».