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 2012  aprile 14 Sabato calendario

QUESTI PARTITI NON SI RIFORMANO - I

partiti non sono l’essenza della liberaldemocrazia, come sempre si dice, sono il cancro nascosto di questo sistema che oggi esplode in tutte le sue devastanti metastasi. Il pensiero liberale voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità del singolo individuo e per questo gli è antitetica qualsiasi forma di lobby perché come scrive Gaetano Mosca ne “La classe politica”: “Cento che agiscono sempre di concerto e di intesa gli uni con gli altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno”. E infatti nei testi dei padri fondatori della liberaldemocrazia, da Mill a Locke, non si fa alcun accenno ai partiti che fino al 1920 non erano nemmeno nominati in nessuna Costituzione democratica. E la nostra Costituzione, pur nata dalla coalizione dei partiti del Cln che, assieme alla mafia, si spartirono le spoglie del fascismo, menziona i partiti in un solo articolo, il 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Dal che si evince che l’associarsi in un partito è una possibilità del cittadino, non un obbligo e che i partiti sono delle associazioni private il cui sostentamento dovrebbe venire dagli iscritti non diversamente da quanto avviene per una bocciofila o un circolo del bridge. Invece i partiti partendo da quell’unico articolo hanno finito per occupare gli altri 138. Già nel 1960, in un famoso discorso in Parlamento, il presidente del Senato Cesare Merzagora avvertiva dei pericoli di una democrazia che si trasforma in partitocrazia. Ma era ormai troppo tardi, i partiti avevano già occupato la Repubblica e non gli diedero ascolto. A metà degli anni 70, di fronte ai ripetuti scandali politici, i partiti proposero, con un referendum, di essere finanziati legalmente con denaro pubblico così, dissero, “non ruberemo più”. Nonostante fosse una forzatura, data la natura privatistica di queste organizzazioni, noi cittadini, diligenti e creduloni, votammo sì. Ma nei primi anni Novanta, con Mani Pulite, scoprimmo di essere stati buggerati: i partiti rubavano cento volte più di prima. Allora, attraverso un altro referendum, votammo no al loro finanziamento pubblico. Ma i partiti lo aggirarono con l’escamotage del rimborso spese elettorali. E oggi scopriamo che, senza che siano diminuite le loro grassazioni e i loro taglieggiamenti, li foraggiamo, con i nostri soldi, in una misura ancora maggiore. Adesso i partiti, terrorizzati dal crollo della loro credibilità (scesa al 4%), dovuto non solo alle loro sistematiche ruberie e al mafioso sistema clientelare che hanno imposto al Paese, ma anche al fatto che sono questi partiti e i loro esponenti ad averci portato, in un percorso durato trent’anni, sull’orlo di un abisso economico che sta intaccando i nostri stipendi, le nostre pensioni, le nostre case, i nostri risparmi, la nostra vita, giurano di volersi riformare e parlano di “trasparenza” dei loro bilanci. Non ce ne frega niente della “trasparenza”. A costoro non vogliamo dare più un soldo, né legale né illegale. Qui non è in discussione la “trasparenza”, ma la forma-partito e la stessa essenza della democrazia rappresentativa che ha fatto un clamoroso fallimento. I partiti, da sé soli, non si riformeranno mai. Sarebbe come chiedere a un vampiro di rinunciare al sangue che lo tiene in vita. Ma d’altro canto non è accettabile che tutti coloro che negli ultimi 30 anni hanno avuto un ruolo nella politica nazionale e che sono responsabili, pro quota, di questo fallimento, continuino a comandarci e a presentare ogni giorno le loro facce da culo in Tv. Questa gente deve essere spazzata via. Tutta. Senza eccezioni. Poi ricominceremo da capo.