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 2012  aprile 14 Sabato calendario

Nord Corea, dopo il flop fa più paura al mondo - Il test missilistico che la Corea del Nord ha tentato ieri è fallito, ma ora la comunità internazionale teme un’escalation di provocazioni per riscattare l’umiliazione subita dal nuovo leader Kim Jong Un

Nord Corea, dopo il flop fa più paura al mondo - Il test missilistico che la Corea del Nord ha tentato ieri è fallito, ma ora la comunità internazionale teme un’escalation di provocazioni per riscattare l’umiliazione subita dal nuovo leader Kim Jong Un. Perciò il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato l’azione di Pyongyang con una semplice comunicazione alla stampa, ma non ha ancora deciso altre misure, frenato dalle resistenze della Cina e dal timore che un risposta troppo dura spinga il regime verso scelte ancora più estreme. Il lancio è avvenuto alle 7,39 di ieri mattina, ora locale, dalla nuova base Sohae costruita nella zona di Tongchang-ri. In teoria il razzo Unha-3 doveva mandare in orbita il satellite Kwangmyongsong-3 in due fasi: la prima aveva l’obiettivo di portarlo sul mare che separa la penisola dalla Cina, e la seconda davanti alle Filippine. Lo scopo era dimostrare la capacità di costruire missili a lunga gittata, teoricamente in grado di sganciare una testata nucleare anche sugli Stati Uniti, e celebrare nello stesso tempo il centesimo anniversario della nascita del vecchio leader Kim Il Sung, e l’ascesa al potere del nipote Kim Jong Un. Il razzo però è caduto in mare dopo aver percorso poco più di cento chilometri, e questo ha costretto la stessa televisione nazionale ad ammettere il fallimento. Una figuraccia per il nuovo e giovane capo, che proprio ieri ha consolidato la successione al padre Kim Jong Il, ricevendo la carica di presidente della Commissione Nazionale di Difesa. Gli analisti internazionali ora temono che Kim Jong Un reagisca ordinando il terzo test nucleare del paese, o qualche provocazione militare verso Seul capace di innescare uno scontro. La Casa Bianca ha reagito bloccando subito l’accordo che aveva raggiunto il 29 febbraio scorso, in base al quale avrebbe fornito 240.000 tonnellate di prodotti alimentari a Pyongyang, in cambio della sospensione delle attività atomiche. I negoziatori di Washington sostengono di aver chiarito che il test missilistico condotto ieri avrebbe fatto saltare tutto, ma non avevano ottenuto una garanzia scritta da parte dei colleghi nordcoreani per fermarlo. Ora il problema è come rispondere. Gli americani volevano che il Consiglio di Sicurezza pubblicasse già ieri una dichiarazione presidenziale di condanna, ma sono stati fermati dall’opposizione della Cina, e della Russia in seconda battuta. L’ambasciatrice Rice si è dovuta limitare a leggere questo comunicato, basato su elementi concordati con i colleghi: «I membri del Consiglio deplorano questo lancio, che viola le risoluzioni 1718 e 1874. I membri si sono accordati per continuare le consultazioni riguardo una risposta appropriata». Dunque il dibattito prosegue, ma l’ipotesi di una risoluzione o di nuove sanzioni pare già esclusa, perché Pechino la bloccherebbe col veto. Nella migliore delle ipotesi, quindi, le parole lette dalla Rice dovrebbero trasformarsi in una dichiarazione presidenziale, cioé lo strumento più debole a disposizione del Consiglio. La verità è che anche gli Stati Uniti non hanno molte opzioni a disposizione. La strategia del dialogo è saltata, almeno per ora, a causa del test. Se Obama minimizza o torna al tavolo del negoziato, viene accusato di debolezza dai rivali repubblicani, che non aspettano altro in vista delle elezioni di novembre. Se chiede sanzioni dimostra la sua inefficacia, perché la Cina lo blocca, e sperpera un capitale politico che invece gli servirebbe per risolvere la crisi siriana. Punire duramente Kim Jong Un, poi, potrebbe spingerlo verso nuove sfide più gravi, come il terzo test nucleare. Un rompicapo, da cui forse si uscirà con una blanda condanna pubblica dell’Onu, e un rilancio delle pressioni private cinesi su Pyongyang affinché abbandoni le provocazioni.